Definire questa puntata un “back to the start” potrebbe sembrare un po’ sfacciato e paradossale ma se ci pensiamo bene non completamente sbagliato. Dal punto di vista psicologico, più che dell’azione, l’episodio 12 della quinta stagione di The Walking Dead ha rappresentato un ottimo spunto di ragionamento.
I protagonisti arrivano in questa nuova città, Alexandria, dove tutto sembra funzionare come se fuori alla recinzione non ci fosse un mondo apocalittico ma come se tutto fosse normale: c’è addirittura l’elettricità.
Sottoposti ciascuno ad un breve colloquio di presentazione con Deanna Monroe, ex membro del Congresso dell’Ohio, ora a capo della comunità, affiderà a loro lavori diversi affinché si integrino al 100% con gli altri abitanti della piccola cittadina. Ma il mondo è finito, non esistono più leggi, non esiste più la politica e non esiste più niente di fondamentalmente razionale: allora perché costruire una nuova società partendo ed emulando quella ormai estinta? Voglio dire, se si è estinta c’è un motivo. E no, non parliamo degli zombie: ci siamo resi conto che gli uomini sono di gran lunga peggio dei morti camminanti. Ci siamo resi conto che invece di aiutarsi a vicenda, a cercare di sopravvivere uniti, di costituire una società compatta, si sono ammazzati tra di loro per smanie di potere – esatto, sto parlando proprio del Governatore, ma anche i pazzi di Terminus non scherzano! -. E tutti questi umani provengono dalla stessa società. Affidare a Rick il ruolo di poliziotto, ma perché? A quali crimini si può andar incontro in una comunità di gente raffinatamente scelta? Siamo tutti d’accordo sul fatto che comunque serva una figura di “regolatore”, ma è chiaro anche che in quel mondo apocalittico, se si è stati tanto fortunati da trovarsi, bisogna anche essere abbastanza intelligenti da proteggersi l’un l’altro autogestendosi: semplice conservazione della specie.
Un altro punto che mi ha fatto pensare al “back to the start” di cui parlavo all’inizio è il vero e proprio ritorno alle origini del personaggio stesso. Rick che appunto torna poliziotto, si rade la barba e taglia i capelli: abbandona dietro di se l’aspetto da uomo-da-fine-del-mondo e appare normale. Carol, anche se evidentemente fatto apposta, indossa nuovamente le vesti della donna innocua, docile e ingenua che abbiamo conosciuto nella prima stagione: oltre che nell’abbigliamento, parla di suo marito come un uomo meraviglioso, spiega che vorrebbe lavorare nel sociale (ma dov’è il sociale se non c’è una reale società?) e che le piacerebbe avere a che fare con la beneficenza (si, ma quale beneficenza?). E poi c’è Daryl. Ed è proprio lui che ci porta i maggiori spunti di riflessione. Sin da subito abbiamo conosciuto i fratelli Dixon come gli outcast per eccellenza, quelli al margine della società, quelli che la gente evita, i non integrati. Daryl sbarca ad Alexandria come tutti gli altri e come loro ha la possibilità di diventare parte della comunità: una casa, un lavoro. Eppure ancora a fine puntata non si era nemmeno fatto la doccia. Eppure, nonostante il cibo facilmente reperibile, preferisce squartare un opossum con le sue mani sulle scale della nuova casa di Rick. Eppure, rimane comunque in disparte: non ci prova nemmeno a dare una possibilità a questo nuovo “universo” a cui gli altri tentano di appartenere. Non è il solo ad essere restio nei confronti di Alexandria, indubbiamente lo sono tutti, ma lui è un estremista. Ho ragionato un po’ sul personaggio di Daryl in questo episodio e sono arrivata alla conclusione che rappresenti un po’ la metafora del cambiamento che il mondo che li circonda ha avuto sul singolo. Già nato emarginato, la situazione che da sopravvissuto è costretto a vivere, lo ha reso irrimediabilmente “anti-società”. Credo che Daryl sia l’espressione più visibile del disagio che i protagonisti sono costretti a vivere, tornati allo stato di natura e completamente incivilizzati.
A dar più senso ai miei pensieri circa l’idea di impossibilità di co-creare una società c’è la frase di Rick di fine puntata in cui rivela le sue intenzioni: farà di tutto purché la comunità di Alexandria funzioni, ma se Deanna non dovesse riuscire a gestire la situazione, sarà il nuovo gruppo a prendersi la città.
Un finale mozzafiato che senza ombra di dubbio ci fa amare sempre di più il nostro leader, che pur di proteggere la sua famiglia farebbe di tutto. E intanto, però, rimane il dubbio: ci si può fidare di Alexandria?