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Dobbiamo a Rosita più di quanto pensiamo

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Quando una serie tv va avanti per parecchi anni, il rapporto degli spettatori con alcuni dei personaggi si evolve in modo particolare. Parlo di serie come Grey’s Anatomy, arrivata a quota 20 stagioni e ancora in divenire, o The Walking Dead, fermata alla veneranda stagione 11. Insomma, di serie che durano parecchio e prendono gli spettatori con le storie di personaggi complessi e ben strutturati. Quando parlo di questa particolare evoluzione faccio riferimento però a una specifica categoria di personaggi: quelli che non sono parte del cast originale ma fanno il loro esordio in una delle prime stagioni. Insomma, quando siamo ancora dentro la serie con tutti i panni.

Quello che succede è in parole povere questo: spuntano personaggi nuovi – diciamo mediamente tra la seconda e la sesta stagione – e noi li guardiamo un po’ male. Pensiamo che non saranno all’altezza dei personaggi che conosciamo già, che non riusciremo mai ad amarli davvero. Ma più passa il tempo, più cominciamo a sentirli familiari. Più passa il tempo, più cominciano per noi a far parte della serie “quella vera”, come se fossero sempre stati lì. Pensiamo un po’ a Callie e Arizona, arrivate al Seattle Grace di Grey’s Anatomy rispettivamente nella seconda e nella quinta stagione. Oppure pensiamo a Maggie e Rosita, entrate nell’universo di The Walking Dead nella seconda e nella quarta.

Ecco, oggi è proprio di Rosita Espinosa che parliamo. Un personaggio dallo sviluppo non sempre lineare, uno di quelli che fanno una prima impressione molto diversa da quella che si rivela poi essere la loro essenza più profonda. Un personaggio in alcuni casi considerato marginale, ma che oggi è parte di quella crew che ci ricorda la serie degli inizi, quella che amavamo visceralmente. E anche un personaggio al quale dobbiamo tanto, tantissimo. Molto più di quanto pensiamo.

Rosita Espinosa: storia di una donna combattente

Rosita Espinosa in una scena di The Walking Dead
immagine di AMC

Quando incontriamo Rosita per la prima volta siamo nel bel mezzo della quarta stagione. Due personaggi – Glenn e Tara – se la sono appena vista brutta. Rosita spunta da un camion militare insieme ad Abraham, con il quale ha una relazione dalle tinte un po’ sfumate, e a Eugene, che teoricamente è un geniale scienziato con in mano la soluzione all’apocalisse zombie. Spoiler: non è mai vero, ma questo ancora non lo sappiamo. Per adesso l’unico obiettivo di Rosita e Abraham è portare Eugene a Washington per provare a mettere fine al disastro che stanno vivendo. Un obiettivo per il quale sono disposti a fare qualunque cosa.

La prima faccia che conosciamo di Rosita è dunque quella militare, dura, che si pone uno scopo e non esita a raggiungerlo. E quando lo scopo in questione è salvare il mondo, essere decisa come lei non può che essere un pregio. Rosita sa combattere, sembra priva di scrupoli e non esita a uccidere, anche se in un mondo post-apocalittico quest’ultima è una prerogativa che se non hai, ti tocca sviluppare. Per il resto di lei a lungo sappiamo molto poco, oltre al fatto che è una persona abituata a cavarsela in ogni situazione. E se è vero che anche questo in un mondo come quello di The Walking Dead è condizione necessaria alla sopravvivenza, è anche palese che il suo percorso da questo punto di vista è cominciato ben prima. Rosita non ha fatto di necessità virtù: Rosita così ci è cresciuta.

Ma stagione dopo stagione di The Walking Dead, di Rosita scopriamo lati sempre nuovi

In un primo momento la vediamo agire prevalentemente guidata dalla tenacia e dalla rabbia. Ma quando scopre che Eugene non ha detto la verità, e soprattutto quando Abraham mette fine alla loro relazione, ecco che comincia a spuntare anche altro. Spunta la delusione, la sensazione di essere stata tradita, la solitudine che prova a colmare con la persona sbagliata. Spuntano per la prima volta sentimenti che la umanizzano, spostando la visione di lei da macchina da guerra a donna in carne e ossa. Rosita è decisa ma anche spaventata, è forte ma contemporaneamente non immune al dolore. È umana, e questa umanità è ciò che la rende vera e la avvicina a noi, che cominciamo a percepirla come parte integrante della storia.

Da questo momento in poi è tutto in divenire, e i diversi lati di lei cominciano a fondersi in modo nuovo. Rosita è pazza d’ira e assetata di vendetta quando Negan uccide Abraham, ma si fa anche consapevole di come la sua vita non possa essere portata avanti dal solo rancore. Comincia a essere parte della comunità in modo proattivo, donando il suo lato umano ai suoi compagni di sventure. Stringe un rapporto molto profondo con Tara, sa perdonare Eugene, sta vicino a Judith costretta a crescere senza la sua famiglia in un mondo ostile.

Christian Serratos è Rosita Espinosa in The Walking Dead
immagine di AMC

E si riapre all’amore.

Dalla sua breve ma intensa relazione con Siddiq nasce la piccola Soccorro, Coco. Con la nascita di sua figlia scopriamo l’ennesimo lato di Rosita, quello di madre spaventata all’idea che la sua bambina – proprio come lei – debba crescere da sola. E spaventata anche all’idea che cresca in un mondo come quello. La vediamo in preda all’ansia, addirittura in difficoltà con quello che prima sembrava riuscirle tanto bene: far fuori i vaganti. Rosita non è più la donna che abbiamo conosciuto. O forse sì, semplicemente è molto più complessa di quanto pensassimo.

Nell’undicesima stagione di The Walking Dead, di quella donna che abbiamo visto a uscire dal camion militare tanti anni prima vediamo ancora lo sguardo fiero, la caparbietà e la tenacia. Quella Rosita lì c’è sempre, ma ce ne sono anche altre. C’è la Rosita che riesce a riprendere in mano la sua vita dopo il trauma della perdita, quella che continua a voler bene a Padre Gabriel anche se la loro storia non ha funzionato. C’è quella che in un mondo pieno di morte mette al mondo una vita. Perché sotto sotto, la speranza che le cose possano andare meglio la cova ancora, proprio come quando pensava che Eugene fosse la chiave per la salvezza del mondo.

Rosita cresce come personaggio e come donna

E forse proprio per questo vederla morire nel momento in cui pensiamo che ormai sia finita è un colpo al cuore. Un colpo al cuore di quelli che non si provano quando il personaggio in questione non è diventato un po’ parte di noi. Rosita muore con una serenità che non avremmo mai pensato di vedere in lei nella quarta stagione, ma muore anche nel momento in cui pensavamo davvero che ce l’avesse fatta. Pensavamo che le sue paure per il futuro di Coco fossero ormai scampate. E così facendo ci dà – come se gli altri non fossero già abbastanza – un ultimo insegnamento: non sappiamo mai come andranno le cose, non sappiamo mai quando finirà. E vivere davvero la nostra vita è l’unico antidoto che abbiamo a questa, di realtà.