Per chiunque abbia mai avuto la fortuna di guardarne anche una sola puntata non ci sono dubbi: The West Wing è la migliore serie politica di tutti i tempi (non per questo l’abbiamo inserita al primo posto in questa classifica). Anzi, forse la grande opera di Aaron Sorkin, andata in onda su NBC tra il 1999 e il 2006, è l’unica vero prodotto televisivo che abbia mai avuto il coraggio di rendere la Politica – con la P maiuscola – la protagonista assoluta della sua narrazione, il centro focale di ognuno dei suoi 154 episodi. Dalla prima messa in onda di The West Wing ci sono state molte serie che hanno incorporato l’ars politica all’interno del loro DNA, ma in qualche modo questa è rimasta in secondo piano, diventando un contorno rispetto alle altre componenti portate in scena. In House of Cards a fare da protagonista è lo studio dell’effetto del potere sull’anima di chi vi aspira, in Homeland e 24 la lotta al terrorismo, in The Politician il lato umano che soffre il peso schiacciante dell’ambizione. Invece Sorkin ha scritto una lunga lettera d’amore alla politica, che non è solo questione di lotte per il potere e di prevaricare sull’avversario, ma è la sfera in cui si realizza il senso più assoluto della società, l’ambito in cui l’insieme dei cittadini diventa una comunità, un unico organismo la cui salute diventa lo scopo di chi la governa. E per farlo, chi governa deve lavorare ogni giorno, seguire un’agenda che unisce la pratica all’ideale.
Protagonista di “The West Wing” non è allora lo staff del Presidente Bartlet, bensì l’amministrazione Bartlet, la politica nella sua dimensione quotidiana, che si tratti di cambiare il mondo o più semplicemente di accaparrarsi il prezioso voto di un senatore.
La scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica.
– Definizione di “politica” dal Vocabolario Treccani
Nel suo racconto appassionato della politica, The West Wing si focalizza all’interno dei singoli episodi soprattutto sulla sua dimensione procedurale, sullo svolgersi quotidiano della pratica di governo. La presidenza di Jed Bartlet è certamente basata su forti ideali e guidata dal desiderio di trasformare gli Stati Uniti d’America nella loro versione migliore, tuttavia nella sua realtà di tutti i giorni è soprattutto un’amministrazione, composta da un gruppo di funzionari governativi che lavorano all’interno di un preciso contesto istituzionale, normativo, sociale. Numerose sono le puntate in cui vediamo Josh Lyman, che la fittizia stampa di The West Wing definisce “il centounesimo senatore”, cercare di muoversi all’interno delle zone liminali che permettono di agire concretamente anche all’interno di un sistema politico come quello statunitense, nel quale il complesso apparato di pesi e contro pesi che va a comporre le tre sfere del potere – esecutivo, legislativo e giuridico – rende estremamente complicato ottenere risultati effettivi.
Tuttavia non è solo attraverso la figura di Josh che scopriamo cosa vuol dire fare politica ogni giorno in America, bensì per mezzo di tutti i personaggi della serie. Lo vediamo con C.J. Cregg che gestisce i rapporti controversi con una stampa che ha interessi spesso contrastanti con quelli della presidenza, con Sam Seaborn e Toby Ziegler che si trovano più volte in prima linea a cercare di costruire relazioni diplomatiche distensive con avversari politici che possono improvvisarsi alleati e ancora con la pletora di parlamentari, consiglieri militari, aspiranti giudici della corte suprema e lobbisti che fanno la loro comparsa in The West Wing per andare ad arricchire la rappresentazione del gioco politico che si svolge su base quotidiana in una delle più grandi democrazie del mondo.
La vera forza di The West Wing risiede tuttavia nella sua straordinaria capacità di mostrare la dimensione procedurale della politica accompagnandola invece a una sua visione più idealistica, che vuole la politica non soltanto come l’ambito in cui si svolge la scienza di governo, bensì come la sfera in cui si ambisce alla realizzazione della buona società, lo scopo aristotelico del raggiungimento del bene comune nella vita pubblica.
È qui che l’opera di Aaron Sorkin si rivela in tutta la sua potenza, perché è forse la più importante rappresentazione degli ideali del sogno americano mai andata in onda. In un mondo seriale e cinematografico che predilige mostrare la corruzione e l’inevitabile fallimento di quella grande idea che ha guidato gli Stati Uniti d’America per tutta la seconda parte del Novecento, The West Wing sceglie di utilizzare i toni dell’utopia politica per mostrare che pur con i suoi limiti, non tutto quello che è stato costruito è destinato a crollare, che l’anima del paese è viva e pronta a combattere per quello in cui crede. I membri dell’amministrazione Bartlet sono competenti, onesti, incorruttibili, fedeli ai loro ideali nonostante le pressioni esterne, pronti a combattere nuovamente qualora subiscano una sconfitta. È un gruppo di funzionari che rappresenta l’ideale del governo dei migliori, non solo perché effettivamente i più qualificati per svolgere il difficile lavoro a cui sono chiamati, ma anche perché hanno una moralità impeccabile senza per questo perdere la loro umanità, che li porta a sbagliare, ma anche a perdonare gli sbagli altrui, a sospendere il giudizio. Perché la politica è anche questo, è una lotta tra diversi interessi, punti di vista, è la somma di volontà contradditorie che non sempre si possono coordinare, che rende il giudizio allo stesso tempo necessario ma parziale e come tale va considerato.
La politica di The West Wing non è universale, è profondamente radicata nel contesto in cui la serie è andata in onda, negli Stati Uniti d’America di inizio secolo, sconvolti profondamente dalla minaccia del terrorismo e sempre più divisi sui temi della guerra, delle scelte economiche, posti di fronte all’affermarsi di nuove tecnologie e divisioni sociali. Allo spettatore di oggi alcune di queste tematiche possono sembrare datate, molti potrebbero preferire un approccio più moderno alle tematiche affrontate, che possono includere le attuali battaglie per i diritti civili, per la lotta al cambiamento climatico, la regolamentazione della sfera digitale. Eppure, nel suo essere figlia di un’epoca storica e di un contesto politico nazionale e internazionale precisi, The West Wing è riuscita a modo suo a divenire un racconto capace di affascinare il pubblico anche al di fuori dall’America degli anni Duemila. Infatti gli ideali perseguiti dai suoi protagonisti, nonché il sistema in cui operano, possono essere compresi da chiunque si approcci alla serie, perché se la politica di “The West Wing” non è universale, la politica in sé lo è eccome, è qualcosa con cui ognuno di noi deve avere a che fare ogni giorno della propria vita. E così non rimane niente di più bello che vederla rappresentata con così tanta passione, accuratezza e, soprattutto, idealismo.