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Come è cambiata The White Lotus dalla prima alla seconda stagione

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Attenzione: l’articolo può contenere spoiler su The White Lotus.

La provocatoria seconda stagione di The White Lotus, serie tv HBO rivelazione del 2021, è da pochissimo giunta al termine. Il dramma satirico di Mike White non ha di certo deluso le aspettative della generalità degli spettatori, pur tornando con un capitolo che ha determinato la svolta dello show in veste di titolo antologico stagionale (inizialmente concepito come miniserie). Dal fittizio resort di lusso hawaiano White Lotus, alla sua catena in una Sicilia scintillante e ancora più da sogno, il filo rosso tra le prime due stagioni, oltre all’irresistibile Jennifer Coolidge, è il plot alla base della storia dei suoi sventurati protagonisti. Nei suoi episodi, The White Lotus racconta con toni a tratti cupi, a tratti sbeffeggianti, le disfunzionalità psicologiche e sociali che caratterizzano i suoi personaggi e le relazioni che tra essi intercorrono.

Disponibili in Italia in esclusiva su Sky e Now, entrambe le stagioni hanno luogo nell’arco di una settimana, durante la quale i ricchi ospiti si rilassano, e non solo. Infatti, col proseguire delle puntate, emerge una viscerale oscurità che dilania lo schermo è implode nei e tra i personaggi. La controversa complessità smaschera sia i vacanzieri apparentemente perfetti, che gli impiegati dei resort, vittime più o meno consapevoli del contesto. Il tutto accade in uno scenario idilliaco lacerato in profondità dall’eccentrico black humor e dall’estremizzazione provocatoria della drammaticità propria dei protagonisti e della serie tv. Come se non bastasse, in entrambi i capitoli, The White Lotus permette di godere di un cast di volti stellari, equamente talentuosi e capaci di bucare lo schermo.

Nuovo cast, nuova ambientazione, ma struttura simile (con tanto di flashforward iniziale). Posti questi elementi tra i più generalmente ricorrenti, tra la prima e la seconda stagione di The White Lotus sono presenti una serie di analogie e differenze ancor più rilevanti.

L’imprevedibile Tanya McQuoid.

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Tanya McQuid (640×359)

Un punto di contatto caratteristico tra i due capitoli è proprio Tanya McQuid, la tormentata e ricchissima donna interpretata dall’esilarante Jennifer Coolidge, che con il ruolo eleva ancora di più il concetto di comicità espressa fisicamente. La vacanziera è l’unico personaggio della prima stagione che ritorna anche nella seconda, decidendo di alloggiare anche nel White Lotus siciliano. Ed è proprio il viaggio di Tanya che proietta la storia e conferisce continuità, seguendo il relax lussurioso di una donna incontentabile, malinconica, insicura e diffidente. La seconda stagione, permette anche all’ingenuo personaggio ricorrente di avere un background più saldo, conoscendo in profondità un carattere tanto disfunzionale quanto goffamente iconico. Single durante il primo soggiorno, Tanya McQuid torna sventuratamente in un altro White Lotus, questa volta sposata con Greg Hunt, l’uomo conosciuto alle Hawaii.

I due hotel manager.

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Valentina (640×357)

Se il caotico Armond, hotel manager del White Lotus hawaiano, era cupo, controverso e difficile da decifrare, l’italianissima direttrice della filiale siciliana, Valentina, è altrettanto malinconica, ma molto più vicina, apprezzabile e umana. Un elemento di contatto tra le due figure fatte per essere antipatiche, rigide e apparentemente detestabili, ma diversissime e diversamente sviluppate conquistando la simpatia del pubblico, è soprattutto il loro orientamento sessuale. In un ventaglio di ospiti, per la maggiore, eterosessuali, Armond e Valentina sono entrambi omosessuali, spinti per ragioni differenti a celare questo particolare della vita privata. Sotto diversi aspetti però, la segreta omosessualità della manager siciliana permette un grado di empatia col personaggio estremamente maggiore, scoprendone implicitamente il passato, le insicurezze e le vulnerabilità. Partendo dalla sua apparente inflessibilità, fino alla libertà e al risveglio sessuale conquistato, Valentina è uno dei pochi personaggi di The White Lotus redento e giunto a fine stagione con un risvolto positivo. E meno male.

Passando poi alle principali divergenze tra i primi due capitoli della serie tv, una prima evidenza, esplicitata anche da Mike White, è proprio quella tematica.

Nel suo essere una serie tv antologica stagionale, The White Lotus propone tra le trame e le disfunzionalità dei suoi protagonisti un concept tematico che ne avvolge gli episodi. Se nella prima stagione era evidente che a primeggiare fosse il potere del denaro, nella seconda la storia si concentra soprattutto sul sesso. Offrendo in entrambi i casi uno sguardo satirico e provocatorio su entrambe le dinamiche di potere che da tali tematiche possono scaturire. Il mosaico di esperienze con cui lo show disponibile su Sky gioca, fonde umorismo nero e drammatizzazione estrema per offrire una finestra spregiudicata sulle contraddizioni e i difetti dello staff e, soprattutto, dei problematici vacanzieri alto-borghesi.

Come anticipato dalla tormentata Tanya di Jennifer Coolidge, la seconda stagione di The White Lotus permette di approfondire le storie personali e passate dei nuovi protagonisti.

Partendo da Valentina (interpretata da Sabrina Impacciatore), ciascun nucleo di vacanzieri ha backstories che scavano più a fondo, andando oltre la sola realtà dell’insolito soggiorno e approfondendo nella vita privata di ognuno. Così facendo, le controverse scelte ed inclinazioni personali risultano solide e rilevanti. In aggiunta, a differenza del primo ciclo di episodi, le dinamiche tra i vari ospiti e lavoratori del resort siciliano sono legate ancora di più. Questi non si incrociano solo casualmente tra le mura dell’hotel, ma interagiscono e/o finiscono per far ripercuotere le proprie scelte e azioni anche sugli altri. Non si tratta solo di sguardi e occhiate lanciate di sfuggita, proprio per questo, nella seconda stagione è anche molto più difficile scoprire l’identità della sventurata vittima (mentre il colpevole è decisamente più individuabile). Si tratta dunque di un’attenzione per il dettaglio che si estende a molti elementi caratteristici della serie tv HBO nella sua totalità, coinvolgendo la colonna sonora, l’intrisa simbologia, fino alla già citata caratterizzazione dei personaggi e dei legami intercorsi.

L’irrinunciabile sigla.

The White Lotus (640×321)

In un panorama seriale in cui le clip di apertura sono sempre più compresse, quasi innecessarie, The White Lotus non rinuncia all’opening theme. Anzi, propone una sigla dalla durata di oltre un minuto, resa ancora più primaria e iconica dalla traccia musicale scelta, già un cult nel mondo delle serie tv. E’ scomoda, martellante, crescente e ricca di una simbologia talmente fitta da permettere a ogni episodio di scovare un dettaglio, o un indizio, in più. Le nuove sonorità rendono ancora più vistosa e catchy una tra le sigle più celebri dell’anno e marchio identificante dello show stesso.

Le paradisiache Hawaii e la storica e lussuosa Sicilia.

The White Lotus (640×354)

Infine, è proprio la location a fornire alcune tra le principali differenze tra i due cicli di episodi, caratterizzando intenzionalmente dinamiche intra e interpersonali, stili, elementi tecnici e tematici. Pur presentando personalità diversamente caratterizzate intimamente e nelle relazioni, è possibile riscontrare alcuni tratti dei protagonisti della prima stagione in quelli della seconda (a esempio, Cameron rimanda in qualche modo a Shane). E’ proprio il diverso contesto siciliano a riflettere e consentire la varietà delle scene, ricche di elementi architettonici, bellezze e storia. In aggiunta, rispetto alla prima stagione, i protagonisti dell’ultima escono molto più spesso dalle mura del resort. Per un pasto, una gita o un soggiorno fuori porta, i vacanzieri e gli impiegati finiscono frequentemente per interagire con la realtà esterna all’hotel, traducendosi in una gabbia dorata apparentemente più permissiva. Ciò nonostante, come i protagonisti della vacanza alle Hawaii, anche quelli volontariamente bloccati in Sicilia non hanno alcun controllo sul contesto e sulle proprie azioni, vittime di un potere solo materiale che li disinibisce dai limiti e dalle barriere autoimposte. Ed è proprio Daphne, celatamente la più conscia della sua impotenza, a essere in grado di vivere indisturbatamente mentre il resto si complica e, alle volte, implode.

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