In costante attesa della terza stagione, non possiamo non prenderci questo spazio per parlare di The White Lotus (in Italia disponibile in esclusiva su Sky e in streaming su NOW), del suo straordinario successo e di come non sia la serie tv semplice che potrebbe sembrare. Nel 2021, la HBO sfornava una limited series creata da Mike White e composta da un cast di tutto rispetto: Connie Britton, Alexandra Daddario, Jake Lacy, Sydney Sweeney, Steve Zahn, Molly Shannon e Jennifer Coolidge, di cui parleremo meglio più avanti. Le premesse dello show erano davvero allettanti ma forse nessuno, neppure lo stesso showrunner, si sarebbe aspettato il successo e la risonanza di questa black comedy tagliente. Tanto che la HBO ha deciso di rinnovarla per una terza stagione, ora in produzione.
La satira, che strappa uno strato dopo l’altro e penetra in profondità nel cuore di questo frutto marcio, è il coltello che White utilizza per parlare della società in cui viviamo. Una società divisa tra coloro che “possono” e coloro che “riescono”: dove i primi sono i pochi ricchi privilegiati che possono modificare il mondo a loro piacimento, mentre i secondi sono i tanti che riescono a restare a galla. La borghesia è il ricordo lontano di un passato in cui la società era davvero divisa in più parti uguali, oggi è solo la nuova aristocrazia. Il talento di Mike White sta nel sapere parlare di questi argomenti con totale scioltezza e divertendosi nel farlo. Ed è proprio in virtù di quest divertimento che il messaggio di The White Lotus riesce ad arrivare ancora più forte, per tutte quelle orecchie che sono disposte ad ascoltare.
All’interno della cornice idilliaca del White Lotus, catena di resort di lusso, una carovana di maschere – nel senso teatrale del termine – con i loro relativi cliché ci vengono presentate nel loro rispettivo percorso discendente. Dall’arrivo gioioso e ricco di speranze, alle prime incrinature nella facciata di perfezione fino a quella spirale di rovina in cui qualcuno dovrà pagare il prezzo. Ma è simbolico come, in verità, nessuno dei ricchi privilegiati che si macchia davvero di una colpa, sia poi chiamato a scontarne la pena. Chi viene punito è l’outsider. Non solo. In un crescendo di ingiustizie, i veri eroi ed eroine della storia vanno incontro a due possibili destini, ognuno altrettanto triste: o vengono annientati o cambiano fronte, venendo meno ai propri principi.
Da questo punto di vista, se la prima stagione della serie tv HBO ci colpisce per le ingiustizie alle quali assistiamo con il progredire della storia, la seconda, invece, ci si rivela come una storia ormai infelicemente nota, di cui prevediamo già il finale. La formula in The White Lotus non cambia. Anzi, ormai addestrati da Mike White, intuivamo già le note di sana follia del finale.
Se il fulcro della prima stagione è il denaro, quello della seconda è il sesso ma poco importa perché il fil rouge di The White Lotus rimane sempre e soltanto il potere.
Alle Hawaii è il potere esercitato dal dio denaro che tiene appesa a un filo la povera Belinda, speranzosa di poter dare una svolta alla propria vita, il direttore Armond (Murray Burtlett), costretto a far buon viso a cattivo gioco fino a quel drammatico finale, e la neo-sposina Rachel (Alexandra Daddario), giovane e ingenua. Ognuno di loro, seppur in maniera e con esiti diversi, è alla mercé dei capricci di chi sta socialmente più in alto nella piramide. Allo stesso modo, anche in Italia esiste ed è visibile una gerarchia specifica e ben strutturata.
Stavolta, però, a regolare i rapporti tra i personaggi della seconda stagione è il sesso. Quest’ultimo appare in modi diversi ma rimane pur sempre una catena d’acciaio ai cui lati opposti troviamo desiderio e possesso. Poco importa che si manifesti nel maschilismo degli uomini Di Grasso (eh si, stiamo parlando anche di Albie) oppure nell’emancipazione di Lucia e Mia o, ancora, nel rapporto finto tra Daphne (Meghann Fahy) e Cameron (Theo James) che finisce per corrompere anche quello tra Harper (Aubrey Plaza) ed Ethan (Will Sharpe).
Non esiste un lieto fine o una qualche forma di giustizia divina che, intervenendo dall’alto, ristabilisca l’ordine.
Le prede possono diventare predatori, come succede alle due ragazze siciliane. Le vittime rimangono vittime, come accade ad Armond, o passano dalla parte dei carnefici, come è il caso di Rachel alle Hawaii o di Harper ed Ethan in Italia. Un discorso a parte merita ovviamente il personaggio di Tanya, interpretata dalla ritrovata Jennifer Coolidge.
Tanya incarna il topos dell’apparenza, del riflesso privo di significato e profondità che rimbalza sulla superficie dello specchio. Nella prima stagione, pensiamo quasi che possa trattarsi di una ignara vittima del sistema, come è il caso del personaggio di Alexandra Daddario. Ma bastano poche puntate per renderci conto che non è affatto così, anzi tutto il contrario. In virtù del suo stato sociale e della sua ricchezza, Tanya tratta il mondo attorno a sé e le persone che lo abitano come personali componenti della sua casa di bambole. La donna vive in un costante stato di illusione che, non solo ha ripercussioni dolorose per quelli che incrociano la sua strada, ma avrà fatali conseguenze per la stessa Tanya.
L’ignoranza di Tanya rappresenta la sua rovina. Ed è probabilmente questo il messaggio più sottile e, allo stesso tempo, più efficace che The White Lotus riesce a trasmetterci. La serie tv creata da Mike White è un’opera elaborata, ben confezionata e ironica che nasconde più di un messaggio da codificare e di cui fare tesoro. Lo showrunner riesce a dissezionare i tipi umani con precisione chirurgica e lo fa indossando, sempre e comunque, un grosso naso clownesco.