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Cosa non ha funzionato nella seconda stagione di The Wilds

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Bisogna sempre camminare con i piedi di piombo quando si parla di teen drama. Per quanto possano essere dei compagni fidati negli anni dell’adolescenza di molti di noi, spesso e volentieri risultano prodotti scadenti, ripetitivi e stereotipati. Eppure The Wilds, sbarcata su Amazon Prime Video nel dicembre 2020, è riuscita egregiamente a distinguersi dalla massa: sulla scia dei survival movie, si è presentata fin da subito come una serie tv innovativa sotto diversi aspetti, pur restando ancorata a diversi filoni che caratterizzano il genere. Per quanto risulti tutto sommato un esperimento riuscito The Wilds presenta diverse pecche, in primis la voglia di ritornare sulle proprie orme (di sabbia). Cosa non ha funzionato nella seconda stagione di The Wilds: vediamolo insieme.

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Attenzione: sono presenti spoiler riguardanti la seconda stagione di The Wilds

La prima stagione della serie aveva diversi aspetti positivi, nonostante partisse da un pretesto di trama visto e rivisto: l’ambientazione nell’isola sperduta. La grande novità introdotta da The Wilds, e anche ciò che dava un tocco di distopia al prodotto, era la scoperta (più o meno prevedibile) di un grottesco esperimento sociale a dare vita all’esperienza delle ragazze sull’isola. La serie era riuscita molto bene a riportare un concetto trattato più volte negli ultimi anni, se pensiamo a film come Hunger Games (anche se in un contesto completamente diverso): gli adulti che giocano a fare i burattini e i ragazzi che ne pagano le conseguenze.

Uno dei grandi punti di forza della serie è sempre stata la caratterizzazione psicologica dei personaggi: la prima stagione di The Wilds ci aveva portato un’analisi brutale e a volte crudele di un gruppo di adolescenti, ognuna diversa dalle altre e tutte in qualche modo legate da un universo interiore contorto, buio, difficile. E forse è proprio qui che possiamo ritrovare uno dei primi errori della serie: proseguire sullo stesso filone pur sapendo che sarebbe arrivato un inevitabile paragone. La prima stagione si era chiusa con un cliffhanger decisamente inaspettato: la scoperta di una delle sopravvissute di un’altra isola, un altro gruppo, un altro esperimento che sembrava, almeno in apparenza, del tutto simile al loro. Se da una parte la scelta di incentrare la seconda stagione su un gruppo totalmente maschile poteva rivelarsi strategicamente efficace, The Wilds si ritrova a peccare nell’ovvio confronto che viene fatto continuamente tra i due gruppi protagonisti.

I ragazzi, infatti, nonostante presentino dinamiche estremamente interessanti (l’analisi di quel clima tossico che può manifestarsi solo all’interno di un gruppo di ragazzi adolescenti è intensa e coinvolgente) risultano più di una volta figure bidimensionali e un po’ stereotipate. Anche il personaggio di Seth (interpretato da Alex Fitzalan, già visto in The Society), che dovrebbe rappresentare il villain di questa seconda stagione, funziona fino ad un certo punto: quello che doveva essere uno colpo di scena ben riuscito (la scoperta che Seth è tutto tranne che il bravo ragazzo da copertina che sembra essere) risulta forzato e in parte prevedibile. Ve lo chiedo: ci aveva creduto qualcuno a quelle strette di mano e al suo atteggiamento da fratello maggiore?

Per una serie che aveva puntato fin da subito su una rappresentazione estremamente realistica delle dinamiche che incorrono tra adolescenti ci si sarebbe aspettato qualcosa di più brutale. E non ci si riferisce necessariamente ad un tipo di violenza fisica (la scena di abuso sessuale della seconda stagione basta da sola a far rabbrividire e lasciare un profondo senso di disagio), quanto psicologa: per certi versi sembra di assistere ad una rappresentazione edulcorata di Il Signore delle Mosche, romanzo a cui è ispirata la serie: manca la paura, manca la sensazione di spaesamento data dalla prima stagione. Manca il terrore, quello vero.

Questo non vuol dire che The Wilds, con questa seconda stagione, abbia naufragato. Di punti a favore ce ne sono: è interessante osservare il continuo parallelismo presente tra i due gruppi, entrambi alle prese con una natura più o meno ostile e la disperata voglia di sopravvivere. Da una parte ci sono le veterane, quelle che la sofferenza l’hanno già provata, e che sembra stiano iniziando quasi ad adattarsi a questo nuovo universo. Sempre toste, ben sfaccettate e, soprattutto, in grado di far empatizzare il pubblico (l’evoluzione della storia d’amore tra Shelby e Toni è una delle bellissime parentesi di dolcezza dello show). Dall’altra parte i novellini, a cui purtroppo non viene data la stessa caratterizzazione e attenzione. E questo finisce per penalizzare la serie.

Ma la grande domanda che sorge spontanea, al termine della visione, è questa: perché? Sembra si faccia fatica a trovare il senso generale di quello a cui si sta assistendo, forse anche a causa dello stravolgimento della figura della dottoressa Klein: partita come antagonista della prima stagione, rappresentava un personaggio ben strutturato e complesso, una donna senza scrupoli che gioca a muovere i fili delle vite degli altri. Pian piano sembra essere diventata una caricatura di se stessa, risultando talvolta ridicola nella sua ottusa ostinazione a mandare avanti un progetto che sembra aver perso il suo senso originario.

La serie è stata rinnovata per una terza stagione, un nuovo capitolo che potrebbe portare The Wilds a rialzarsi come ad affondare definitivamente. Il finale di stagione, con la scoperta di una terza isola e il tanto atteso incontro dei due gruppi, ha lasciato tutti con il fiato sospeso. Speriamo che il tutto non finisca con un grande colpo di tosse.

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