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The Wire 1×04 – La scena in cui l’orrore si fa routine

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Il rapporto dell’essere umano con la morte, intesa in ogni sua sfaccettatura, è qualcosa di ancestrale, ma anche di assolutamente relativo. Non esiste infatti nessun’altra dicotomia che può essere vissuta in maniera così soggettiva, influenzata com’è da una varietà di fattori incalcolabile. Per alcuni, infatti, possono essere le esperienze familiari, per altri la religione, per altri ancora il lavoro. Ad esempio i medici, le forze dell’ordine o i becchini non sono di certo insensibili al dolore, talvolta estremizzato fino a diventare orrore, ma sono costretti a conviverci nell’esercizio della loro professione. Non ci sorprende, pertanto, se il loro modo di metabolizzare il medesimo evento traumatico è diverso dal nostro. Non peggiore, non migliore. Semplicemente differente.

Dell’abitudine al dolore, della capacità dell’essere umano di adattarsi alle consuetudini ha parlato il filosofo Zygmunt Bauman nel suo saggio “Le Sorgenti del Male“. Bauman definisce “Sindrome di Nagasaki” la ripetizione dell’orrore come ordine naturale delle cose. Si spiega in questi termini come sia possibile la violenza perpetrata nel corso dei secoli e come l’essere umano non sia stato capace di estirparla dalla società in cui ha vissuto e continua a vivere. Anzi, ha sovrascritto continuamente i limiti del male, arrivando a lanciare due bombe atomiche nel giro di pochi giorni su due città giapponesi, o a tentare di cancellare gli ebrei dalla faccia della terra, partendo dalle più elementari pratiche di discriminazione. Tutto questo è però, appunto, la capacità di convivere con tutto ciò che è morte e violenza dal punto di vista di chi perpetra l’orrore, non di chi lo subisce o lo combatte.

Una serie che non è nichilista, ma che possiamo definire – su un piano filosofico – come estremamente realista quale è The Wire, fornisce il suo punto di vista, prendendo proprio in esame delle figure che, riguardo alla morte, ne fanno la costante del loro lavoro: due detective della omicidi su una scena del crimine. Due agenti nella città col più alto tasso di criminalità degli Stati Uniti, Baltimora, che hanno ormai interiorizzato le forme di omicidio più efferate, così come hanno preso atto delle storture del sistema giuridico americano. Due agenti, per quanto bravi nel loro lavoro, pervenuti a un livello di disillusione tale che soltanto la routine dell’orrore può farti raggiungere. Sotto questi nefasti auspici nasce una delle scene più iconiche di The Wire, la cosiddetta “f**k scene“.

Per circa 4 minuti i detective Jimmy McNulty e Bunk Moreland analizzano una scena del crimine utilizzando esclusivamente la parola fuck e le sue più ristrette declinazioni.

The Wire – Uno dei f**k più pirotecnici di tutta la scena (640×360)

Per molti critici, in particolare il giornalista Alan Sepinwall nel suo libro cult “Telerivoluzione”, questa scena è lo specchio riflesso di ciò che è The Wire a più ampio raggio. Una dichiarazione d’intenti bella e buona, giunta al quarto episodio della prima stagione, tale per cui se ami questa scena amerai l’intera serie; se la troverai sconcertante è probabile che non riuscirai ad apprezzare uno dei titoli più ambiziosi di Hbo. Un momento di tv così epico ha ovviamente una gestazione quanto meno memorabile, che vale la pena raccontare e tramandare.

L’idea di inserirlo nella serie, al creatore di The Wire David Simon, venne ricordando un episodio risalente al periodo in cui era un cronista per il Baltimore Sun. Su una scena del crimine, mentre gli agenti imprecavano di continuo di fronte a ciò a cui stavano assistendo, il sergente di polizia Terry McLarney rifletteva sull’uso eccessivo di volgarità nelle forze dell’ordine: “Un giorno arriveremo al punto in cui basterà usare soltanto la parola ‘fuck’ per comunicare

L’innesco sul piano della trama è offerto dalle indagini sulla morte di Deirdre Kresson, una delle donne di Avon Barksdale, il boss della prima stagione di The Wire. D’Angelo, nipote di Avon, racconta a Bodie, Wallace e Poot ogni dettaglio dell’omicidio, di come egli abbia distratto la donna con un pacchetto di cocaina e di come Roland Brice, altro uomo al soldo dei Barksdale, le abbia sparato dalla finestra. Il detective Cole aveva ignorato praticamente ogni pista, così che toccasse a McNulty e Moreland ricostruire ciò che è successo. E loro lo fanno nel loro stile, cominciando a comunicare con l’intercalare più immediato che esista.

Piaccia o meno, la scena ha suscitato negli spettatori reazioni contrastanti: chi ha riso di gusto, malgrado il contesto, e chi è rimasto spiazzato. La stessa reazione avuta dai due attori protagonisti, Dominic West e Wendell Pierce, che hanno accolto la richiesta degli autori con estrema perplessità per poi ridere in maniera irrefrenabile ogni volta che le riprese si interrompevano. Entrambi, ad ogni modo, ricordano la loro performance come uno dei più fulgidi esempi di recitazione in The Wire.

Effettivamente la “f**k scene” funziona perché coglie l’essenza del lavoro degli agenti di polizia in queste circostanze

The Wire 1×04 – La f**k scene è innanzi tutto una raffinata analisi di una scena del crimine (640×360)

Facciamo finta di essere agenti di polizia. Il luogo di un delitto è qualcosa di così concreto, di così eclatante, che non c’è bisogno di stare lì descriverlo, a meno che tu non sia un tecnico forense preposto a spiegare ciò che non si vede. Tutto si riduce pertanto all’osso della comunicazione verbale: grugniti, parolacce, sospiri, imprecazioni. Questo dà modo agli autori di The Wire di dare vita a un trattato di semiotica, in cui i gesti e i fuck dei due detective accompagnano il loro lavoro e la minuziosa ricostruzione di ciò che è accaduto davvero.

Allo spettatore appare tutto perfettamente chiaro non solo perché le loro azioni sono estremamente eloquenti, ma anche perché nella scena precedente ci viene dato modo di capire cosa sia successo davvero con la morte di Deirdre Kresson, di come sia collegata al caso di D’Angelo Barksdale e di quanto le indagini fossero state portate avanti in modo approssimativo fino a quel momento.

Attraverso questo espediente ci viene rivelata la personalità di McNulty e Bunk. Ci viene chiarito quanto queste atrocità facciano parte della loro routine e di come loro reagiscano di fronte ad esse. Come dicevamo in precedenza, parliamo di due investigatori di mezza età che stanno mettendo insieme per l’ennesima volta i pezzi dell’ennesimo, complesso caso di omicidio di Baltimora e non hanno più l’energia per sfogarsi in modo plateale. La loro disillusione viene esternata con nient’altro che una serie di ‘fuck’ così istintivi, così didascalici.

Nel contempo questo sproloquio ci dice moltissimo sul rapporto che intercorre tra i due. Intuiamo che Jimmy e Bunk sono amici o che comunque sono talmente in confidenza da non aver bisogno di un vocabolo troppo variegato per comunicare tra loro. Capiamo che sono persone a cui non frega niente di quello che la gente pensa di loro e questo abbatte le distanze con lo spettatore: di colpo ci sentiamo più empatici. L’abbiamo premesso appena più su che, al posto loro, avremmo avuto la stessa reazione.

The Wire, utilizzando una sola parola, ci ha mostrato tutto il suo universo narrativo

The Wire 1×04 – Che coppia (640×360)

The Wire è un romanzo prestato alla televisione. Ha bisogno di essere didascalico perché ha una funzione documentativa di quella che è la caduta dei pilastri dell’istituzione americana. Per aggirare quella pesantezza inevitabile per uno stile troppo cattedratico, la serie si serve di personaggi e di dialoghi brillanti, pur senza rinunciare al suo crudo realismo. La fuck scene è proprio questo, riuscire a rappresentare su schermo una storia senza usare parole, ad eccezione di “fuck”, “fuck me”, “fucking fuck” e “motherfucker”.

Informazioni importanti vengono comunicate attraverso immagini e azione. La semplice e routinaria mansione di due detective che rivalutano una scena del crimine inquinata e raccolgono nuove prove viene elevata ad arte. C’è una premessa, uno sviluppo importante e una svolta articolata senza l’uso di un vocabolario raffinato. Qualcosa di totalmente controintuitivo rispetto al medium televisivo. Qualcosa di totalmente in linea con ciò che è, è stato e sarà sempre The Wire.