Una grande storia non può che avvalersi di grandi personaggi per essere raccontata. The Wire, il drama che David Simon ha curato per HBO, rappresenta un prodigioso esempio in favore di questa tesi. Palcoscenico di personalità gigantesche, delineate da una sceneggiatura impeccabile e da prove recitative superbe, la serie rende particolarmente difficile stilare una classifica che ne racchiuda le più grandi in assoluto, ma noi di Hall of Series amiamo le sfide e abbiamo deciso di cimentarci nell’impresa, fosse anche solo per rendere omaggio agli straordinari protagonisti di un’opera che fatica a ottenere la notorietà che merita.
Passiamo dunque in rassegna quelli che riteniamo i 5 migliori personaggi di The Wire.
Attenzione: la classifica contiene spoiler!
5) Russell “Stringer” Bell
In uno scenario in cui ci si fa largo a suon di pugni e proiettili, Stringer Bell si distingue per l’adozione di un linguaggio totalmente nuovo, basato sul ragionamento, sulla lungimiranza e sulla progettazione a lungo termine. Quando Avon finisce in prigione, Stringer passa dal ruolo di braccio destro a quello di comandante in capo della banda Barksdale, e dall’alto della sua nuova posizione può condurre gli affari nel modo che ritiene più proficuo. Lo fa attraverso una pianificazione scrupolosa e organica: frequenta dei corsi di economia, promuove assemblee tramite cui prendere decisioni concertate, stabilisce accordi che valicano il mondo della strada per irrompere in quelli di finanza e politica, ove mira a inserirsi per ripulire i flussi di denaro sporco che passano per le sue mani. Stringer è un calcolatore, uno stratega, un giocatore in grado di muovere sapientemente le pedine lungo la scacchiera su cui si tiene la partita.
Il suo profilo di criminale atipico, unito allo sconfinato carisma che Idris Elba è in grado di conferirgli con la sua interpretazione, ne fanno uno dei personaggi più incisivi e affascinanti di The Wire.
4) Roland “Prez” Pryzbylewski
Prez Pryzbylewski è l’incarnazione del concetto di evoluzione. Nella prima stagione di The Wire si presenta come un agente arrogante e incapace che viene presto relegato al lavoro di ufficio. Le prime, fondamentali avvisaglie di cambiamento da parte sua si avranno a partire dalla seconda stagione e culmineranno nel pugno che Prez sferra a Stan Valchek, capo della polizia di Baltimora nonché suo suocero, che con l’influenza del suo grado aveva contribuito a coprire molte delle sue inadempienze. Un atto di insofferenza rivolto non soltanto all’uomo, ma anche a una carriera che Prez non ha mai sentito realmente affine alle sue inclinazioni. La crisi di identità che attraversa conosce una svolta risolutiva nel momento in cui abbandona la divisa per indossare i panni di insegnante. Inizialmente deriso dai suoi studenti e privo di qualsiasi autorevolezza, troverà la chiave per entrare in comunicazione con loro e trasmettergli contenuti che vanno ben oltre la mera didattica. Grazie al percorso compiuto Prez Pryzbylewski non trova soltanto il mestiere adatto a lui, ma il suo vero sé.
3) Reginald “Bubbles” Cousins
Agli albori di The Wire Bubbles è un tossicodipendente che si guadagna da vivere facendo da informatore per la polizia locale.
Soffiate, ricompense in denaro, nuove dosi: un loop che Bubbles cova il desiderio di spezzare. A piccoli passi, si muove verso questa direzione, ma viene preso di mira da un tossico che gli rende la vita impossibile, derubandolo e malmenandolo a ogni occasione. Ignorato dalla polizia, decide di risolvere la questione preparando una dose di eroina al cianuro di sodio da rifilare al suo aguzzino. Il piano ha un risvolto imprevisto quanto tragico: Sherrod, un giovane senzatetto che Bubbles aveva preso sotto la sua ala, assume la dose letale e muore. Devastato dal senso di colpa, si consegna alla polizia e tenta il suicidio nella sala degli interrogatori. È l’ultimo tonfo prima della risalita. Bubbles intraprende un percorso di riabilitazione che lo porta a vincere la dipendenza e a rimuovere il peso che la morte di Sherrod gli aveva posto sul cuore. Il suo personaggio è la faccia dell’abbandono a cui sono lasciati tutti coloro che la società bolla come reietti ed è la prova che, con un adeguato supporto, chi si è perso può riprendere in mano la sua vita e ritrovarsi.
Vederlo seduto al tavolo di quella sorella che lo aveva rinnegato è una vittoria di cui è impossibile non gioire.
2) James “Jimmy” McNulty
Più che da qualsiasi connotato, Jimmy McNulty è definito dalla sua perenne mancanza, da quel vuoto interiore che prova a riempire con gli espedienti più disparati: sesso, alcol, quel lavoro che, in quest’ottica, diventa una vera e propria missione da compiere. Jimmy è guidato in ogni sua azione da una smania insaziabile che lo porta ad essere sempre irrequieto, sempre sopra le righe, sempre in movimento. Eppure è chiaro che la soluzione per lui starebbe nel fermarsi e guardarsi dentro, nel prestare attenzione a ciò che possiede invece di ricercare ossessivamente qualcosa che non è in grado di procurarsi e che, forse, nemmeno esiste. Jimmy prova a dare un nuovo indirizzo alla sua esistenza, ma alla fine torna vittima dei soliti meccanismi, viene risucchiato dalla stessa, identica coazione a ripetere. È proprio il caso di dirlo: Jimmy McNulty, non imparerai mai.
Proprio in virtù di questa premessa risulta particolarmente significativo l’epilogo che lo vede soccorrere il barbone coinvolto nella folle indagine architettata per incastrare Marlo. Per quella che è probabilmente la prima volta nel corso dell’intera serie, Jimmy McNulty è proteso verso l’altro invece di essere ripiegato su se stesso.
1) Omar Little
Un lupo solitario che si aggira furtivamente nella steppa di Baltimora. È questo che è Omar Little rispetto alla configurazione delle gerarchie criminali della città: un elemento estraneo a qualsiasi organizzazione di gruppo, un outsider, uno spirito libero che prende corpo solo quando c’è da mettere le mani sulla refurtiva. Omar è un uomo che non sottostà ad alcuna regola imposta dall’esterno, ma che, allo stesso tempo, è rigorosamente fedele al codice di comportamento che si è dato. Omar è capace di efferate brutalità e di sentimenti delicati, di spietatezza e di clemenza, di un’insolenza sfacciata e di un profondo rispetto; è un capolavoro di scrittura che fa saltare schemi e categorizzazioni a vantaggio dell’unicità sui generis che lo ha portato a posizionarsi sul podio dei migliori antieroi della storia della televisione alle spalle di nomi del calibro di Tony Soprano e Walter White. In The Wire, invece, è lui che si piazza davanti a tutti.