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Caro diario, sono io, Jimmy

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Caro diario,

sono io, Jimmy.

Oggi è stata un’altra giornata estremamente proficua: ne ho ammazzato un altro. O meglio: il nostro caro serial killer dei senzatetto, ne ha ammazzato un altro, con la stessa, efferata ferocia di sempre, forse anche un po’ di più. Vedrai: alla stampa piacerà un mondo.

Ricevuta la soffiata, io e Lester ci siamo precipitati sulla scena del crimine e abbiamo apportato al cadavere le modifiche necessarie affinché il delitto sembrasse opera del nostro amichetto immaginario: ecchimosi lungo il collo, segni sulla pelle, un nastro rosso attorno al polso. Un lavoro pregevole, se me lo chiedi, come quello di un prestigiatore a cui basta un semplice trucco per conferire alla realtà l’aspetto che desidera mostrare agli altri. Un lavoro sporco, certo, ma qualcuno dovrà pur farlo.

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A quanto pare Bunk non è in grado di capirlo. Continua a tenere il muso come se fosse una ca**o di mogliettina risentita. Ammetto che mi mancano, le serate passate a sbronzarmi in sua compagnia, ma so che si tratta solo di aspettare perché ritornino. Gli passerà, oppure gliela farà passare l’arresto di Marlo. Non vedo l’ora di trascinarlo al dipartimento con le manette ai polsi per esibirlo come un ca**o di trofeo ed esclamare: “Visto? Ho incastrato questo figlio di pu****a!” A quel punto, Bunk potrà solo baciarmi il culo e portarmi in trionfo insieme agli altri.

Cos’è che vorrebbe esattamente? Lasciare Marlo in circolazione? Permettergli di ammazzarne altri dieci, cento, mille? Quanti Bodie Broadus devono ancora esserci? Per quanto mi riguarda, sono stati già troppi, e se quel pezzo di me**a restasse a piede libero il numero non farebbe che aumentare.

Ma non accadrà. Mentre Bunk si lagna e pesta i piedi, io e Lester siamo sempre più vicini a raggiungere il nostro obiettivo. Ormai teniamo tutti per le palle: i giornali, l’opinione pubblica, il sindaco. Carcetti sarebbe pronto a cagare soldi, pur di vedere il caso risolto. Ne va della sua reputazione e la reputazione, si sa, è sacra e inviolabile. La vita no, la legge no, la giustizia no, ma la reputazione, quella, è una ca**o di reliquia che nessuno può permettersi di profanare.

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Poco male. Se l’ego dell’ennesimo politico da strapazzo può contribuire a mettere Marlo dietro le sbarre, allora ben venga.

Come Bunk, nemmeno Beadie è contenta della situazione. La differenza è che non sono sicuro che lei riuscirà a voltare pagina e far tornare tutto com’era. Il modo in cui mi guarda è l’unica cosa in grado di farmi provare una stilla di rimorso rispetto a tutta questa storia. Mi guarda come una che non si fida, come una che non ce la fa più. Mi manca la tenerezza con cui lo faceva quando ero a casa, quando stavo con i bambini, quando restavo sobrio. Mi manca, ma non posso tornare sui miei passi: Marlo va eliminato. È quello che mi ripeto per coprire la voce che da un punto posto dentro la mia testa mormora che sarebbe successo comunque, che sarei stato capace di perderla ugualmente. Se non fosse stato Marlo sarebbe stata il prossimo boss da incastrare e se non fosse stato nemmeno lui, semplicemente, sarei stato io.

La verità è che sono io, al di là di ogni pretesto a cui ricorro, di ogni scappatoia che prendo, di ogni verità che nascondo.

Sono io che non so prendermi cure delle persone che amo, né di me stesso. Non so prendermi cura della mia ca**o di vita, quella vita che fingo di tenere in piedi quando in realtà è già andata a rotoli da un pezzo. Lo ha fatto quando Elena mi ha lasciato, quando i miei figli hanno smesso di prestare attenzione a quello che avevo da dire, quando lo sguardo di Beadie è cambiato. Lo fa ogni volta che mi guardo allo specchio e la mia immagine riflessa mi fa venire voglia di urlare o scappare lontano chilometri, scappare abbastanza da seminarla. Il problema è che non posso farlo: posso risolvere casi, sbattere criminali in galera, ma non posso liberarmi di me stesso.

Visto che non posso farlo, farò almeno in modo di dover convivere con quello che ha fregato Marlo Stanfield. E dopo? Dopo non lo so, che cosa accadrà, ma so che portando a termine l’indagine mi procurerà quella soddisfazione euforica che ti brucia gloriosamente in gola come un sorso di whisky, quel senso inebriante di vittoria che è portato da ogni caso risolto. Durerà il tempo di essere smaltito, esattamente come il whisky, ma almeno è qualcosa che posso inseguire, che posso sentire, e dopo averlo raggiunto, potrò godermi una parvenza di pace.

Poi, dopo, chissà.

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