In un contesto di guerra bene e male si confondono come se fossero stati partoriti dalla stessa madre, tutti pensano di agire per arrecare bene ma molti rischiano di consegnare soltanto male. In guerra si è disposti a tutto pur di ottenere il proprio bottino e spesso il pensiero di Machiavelli intorno alla politica diviene solo “il pretesto” per insabbiare la morale a favore della politica stessa. Il bottino, in the Witcher 3. Vol. 1, non ha a che fare con armi o conquiste territoriali e la politica non domina gli scenari per ottenere denaro sporco. In The Witcher, e soprattutto in questa prima parte della terza stagione, il trionfo riguarda la principessa Cirilla: tutte le pedine si muovono in quest’ambivalente nonché tragico scacchiere per impadronirsi della ragazza all’interno di un Continente, quello che fa da contorno alla storia, in cui il Il Deus ex machina si nasconde nel sottilissimo lembo tra amore e odio. Ma che faccia ha l’amore? E quale l’odio?
Un mondo da cui nasce e muore solo caos
The Witcher 3 Vol. 1 apre fondamentale le porte a quello che può diventare a tutti gli effetti l’arco narrativo più importante della storia legata allo strigo Geralt Di Rivia. I primi cinque episodi della serie Netflix impiegano pochissimi secondi a presentare il quadro storico della vicenda e i fatti che vengono narrati all’interno del secondo libro da cui è tratta la serie: Il “Tempo Della Guerra”. Ancora guerra è la parola con cui dobbiamo convivere in queste cinque ore di pura tensione e il titolo riporta fondamentale all’incipit della storia: Geralt e Yennefer si riuniscono con l’obiettivo di proteggere Ciri mentre cercano di addestrarla, luogo dopo luogo. Ma da chi o cosa deve essere protetta la principessa dal sangue ancestrale? La seconda stagione di The Witcher si era chiusa con un clamoroso cliffhanger che rilevava la vera natura del padre di Cirilla: l’imperatore Emhyr Var Emreis. In questa prima parte di stagione l’unico obiettivo dell’imperatore è proprio quello di ri-trovare sua figlia e avviare una serie di dinamiche pronte a cambiare le carte in regola nei prossimi episodi. Cirilla è dunque la figura più centrale di The Witcher 3, una ragazza messa al centro di un mondo troppo più grande e da cui deriva il potere che potrà salvare o distruggere i mondi. Ma andiamo a vedere meglio il perché.
The Witcher 3 delinea i contorni di un universo spaccato in cui gli uomini non sono altro che burattini nelle mani nel caos – un destino cieco e imprevedibile. Gli Elfi sono sulle tracce di Ciri perché secondo la profezia è l’unica donna capace di donare loro una casa dopo i soprusi e le vessazioni subite negli anni da parte degli uomini. D’altra parta, anche Redania, sotto le macchinazioni di Dijkstra e Philippa, vuole “rubare” la ragazzina sotto le ali di Geralt per aumentare il proprio potere in seno allo spaccato dell’impero. Ma anche il mondo dei manghi ha messo gli occhi su Ciri: lo spietato Rience sembra disposto a tutto per soddisfare le richieste di chiunque stia manovrando le sue azioni. La Principessa di Cintra è quindi, indirettamente, l’ago di una bilancia che non sa da che parte pendere, proprio perché ognuno segue una logica che suona giusta nelle proprie orecchie ma che rappresenta un rumore assordante per gli altri. Da questo punto di vista, The Witcher si presta a una lettura più matura rispetto alle stagioni precedenti – una storia in cui le dinamiche di potere sono solo l’eco di bramosia, vendetta e tradimento. (tutto nasconde tutto)
The Witcher 3 Vol. 1 sfrutta la compresenza dei tre protagonisti per evitare cali di ritmo
In questa prima parte di stagione – al di là di qualche momento confuso e poco coerente -l’interesse dello show verte su una rappresentazione più corale e alcuni personaggi si affiancano a Geralt come se fossero i veri protagonisti. Il personaggio interpretato da Henry Cavill resta il punto forte della narrazione grazie a una resa sia sul piano fisico che su quello introspettivo molto importante, ma forse lo spazio donato a Yennefer – e al suo rapporto con Cirilla – domina gran parte delle emozioni. Se nelle stagioni precedenti il rapporto tra Geralt e Ciri ha funzionato da spartiacque proprio mentre raccontava il bisogno di sentirsi parte di una famiglia, The Witcher 3 Vol.1 fa trasparire tutto l’amore di una donna che non può avere figli ma che vuole amare come una madre. Yennefer, accecata dal dubbio, ha sacrificato la sua esistenza per un potere lacerante mentre la sua natura di maga le proibisce di avere figli, ma il suo desiderio di avere una famiglia si realizza quando negli occhi di Ciri vede solo amore e senso di protezione. E proprio per proteggere la ragazza da un effetto domino di stampo maligno, Yennefer porta la principessa ad Aretuza, conscia del fatto che una nuova guerra sta per iniziare. Anche la storyline dedicata a Ranuncolo funziona e ci permette di conoscere più da vicino un nuovo ingresso nella famiglia di The Witcher, quel principe Radowid a cui Ranuncolo si lega anche sentimentalmente. Un personaggio da cui ci aspettiamo ancora tanto nella seconda parte di stagione.
Il Tempo Della Guerra è un romanzo basilare per capire il mondo di Geralt e questa prima parte di stagione ne coglie appieno la tridimensionalità. Il mondo raccontato da SapKowski è un universo diviso e lacerato da giochi d’inganno in cui l’odio entra nelle case più del pane, se non altro e più di tutto una manifestazione della perfidia che alberga nell’animo di alcuni uomini. The Witcher 3 Vol. 1 riesce a narrare le vicende ambigue di Geralt e le inserisce con maestria in un contorno permeato da guerre, razzismo e classismo, dove l’idealismo si tramuta in egoismo – dove il classico pensiero manicheo su bene e male brucia nelle ossa più della febbre. I cinque episodi affrontano bene il tema della scelta attraverso l’idea di Kierkegaard per cui ogni presa di coscienza passa per un’attenta «riflessione su se stessi» da sviluppare in relazione alle situazioni in cui ci si trova coinvolti: Geralt e Yennefer si trovano spesso a fare i conti con alcune decisioni passate – confessioni che recano i propri frutti in un presente sfaldabile e peccaminoso.
Forse il più grande neo di questa stagione risiede nei pochi momenti dedicati all’azione: The Witcher 3 non ha moltissimi momenti sui ranghi di guerra – ma quando ce li presenta non possiamo non lodarli. Henry Cavill continua a essere a suo agio nei frame di battaglia, soprattutto quando riesce a donare al suo personaggio l’eleganza e le movenze già viste nei videogiochi a lui dedicati. L’anima di The Witcher non è del tutto combattuta ed energica come si sarebbero aspettati molti fan, ma quando Geralt impugna una spada i combattimenti diventano realmente degni di nota: lo scontro e l’inseguimento con i mostri ci consegnano una prova convincente ed emozionante. Anche Ciri ha i suoi momenti di luce durante le battaglie, soprattutto nel momento in cui sconfigge un demone d’acqua a suon di coltellate dopo una caccia degna di un vero witcher. Questi piccoli episodi di “fuoco e carne” sono brevi ma allo stesso tempo concedono una pausa dalla parte più politica di The Witcher, quella che, come abbiamo già detto, muove le fila della narrazione. A volte anche forzatamente.
Garalt Di Rivia non è solo rabbia e indifferenza
L’incipit di The Witcher diceva che gli strighi non possono provare emozioni ma Il Geralt che ci viene presentato in questa prima parte di stagione si lascia travolgere completamente dalla potenza dei sentimenti. Dalla paura di perdere Ciri a al suo amore per Yennefer, il protagonista della serie viene smascherato dalla patina fredda e cinica per presentarci la sua versione più intima e passionale. Geralt si muove solo per proteggere Ciri – si allaccia al suo passato per ricordare i momenti passati con sua madre – dice di amare Yennefer come se non avesse mai amato prima d’ora. Questa versione di Geralt, portata in alto da uno straordinario Cavill, sa riconoscere finalmente il bene in un mondo macchiato solo dal male: male che in questa prima parte di stagione sembra essere parte della costituzione di un uomo. O necessario, come diceva Leopardi.
“Il male è male. Minore, maggiore, medio, è sempre lo stesso, le proporzioni sono convenzionali, i limiti cancellati. Non sono un santoeremita, non ho fatto solo del bene in vita mia. Ma, se devo scegliere tra un male e un altro, preferisco non scegliere affatto.” – Geralt di Rivia.