La Serie di The Witcher è sbarcata su Netflix da ormai qualche annetto. Siamo nel 2019, infatti, quando lo strigo Gerald di Rivia prende il volto di Henry Cavill. L’adattamento della saga letteraria di Andrzej Sapkowski sembra prendere un ottimo avvio. Me lo ricordo come se fosse ieri: la prima stagione di The Witcher mi ha fatto sognare (vi lascio la nostra recensione per un piccolo viaggio nel viale dei ricordi). Da fan accanita dei romanzi e della serie videoludica, quella prima stagione, a parte qualche piccolo difetto completamente trascurabile, era perfetta. Le atmosfere, i costumi, le sequenze d’azione, forse un po’ meno le caratterizzazioni. Tutto trasportava all’interno dei romanzi dello scrittore polacco, senza trascurare gli omaggi al videogioco.
Già, l’asticella si era alzata molto. E, giustamente, gli spettatori e i fan si aspettavano che così rimanesse. Ahimè, sappiamo tutti com’è andata a finire. Gli stravolgimenti narrativi e l’abbassamento della qualità delle stagioni successive hanno comportato perfino l’abbandono di Cavill. Tra fan infuriati (la sottoscritta è tra quelli), The Witcher sembra non poter più recuperare. (Forse è stata proprio questa la Serie che mi ha fatta accorgere veramente della crisi di Netflix.) Sebbene la poco convincente miniserie prequel The Witcher: Blood Origin (2022) e il film anime The Witcher: Nightmare of the Wolf (2021), l’universo narrativo creato da Sapkowski continua a espandersi. Tuttavia non raggiunge la qualità che potrebbe e dovrebbe meritare.
L’ultimo arrivo di The Witcher non regala grandi emozioni, appiattendo il significato e allontanandosi dal racconto originale.
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La più recente aggiunta al mondo di Sapkowski è The Witcher: le sirene degli abissi, uscito su Netflix e diretto da Kang Hei Chul (già alla produzione dell’anime prequel). Questa volta, però, non si tratta di un prodotto in gran parte originale, solamente ambientato nel continente della Saga. Si tratta di un adattamento di uno dei racconti de La spada del destino (1992), prima pubblicazione sullo strigo. Nell’economia generale della Saga di Gerald di Rivia, questi racconti si collocano dopo gli eventi narrati in Il guardiano di innocenti (1993), da cui è stata adattata la prima stagione di The Witcher.
In particolare, il racconto da cui la produzione si è vagamente (per non dire, per nulla) ispirata è Un piccolo sacrificio. Di sacrifici, in questo film ce ne sono gran pochi. O meglio nessuno che rimandi al conflitto che i due amanti, il principe Agloval e la sirena Sh’eenaz, dovrebbero incontrare. Di fatti, nella sua versione letteraria, non vi è alcuna enorme guerra tra terra e mare, mentre il principale conflitto è tra i due amanti, per cui Gerald è chiamato a fare da interprete. Sullo sfondo, alcuni scontri tra i pescatori di perle e gli uomini-pesce che le difendono, dove in secondo luogo viene chiesto l’intervento dello strigo. Inoltre, le sequenze d’azione sono poche e Gerald si trova prevalentemente in situazioni di difficoltà nel momento in cui si scontra contro gli vodyanoi. In questo film, la profondità di significato viene messa da parte, in favore di mere scene d’azione non necessarie e a scapito della crescita di Gerald e della profondità di Ranuncolo. Lo strigo è troppo supereroistico. In ogni momento, Gerald vince lo scontro, superiore a qualsiasi nemico gli pari difronte.
Occhietto perde completamente la sua importanza nella crescita di Gerald.
Gerald perde la bussola dettata dallo scopo del racconto: capire i suoi veri sentimenti per Yennifer. Lo strigo non riesce a compiere la crescita prevista dall’incontro con Essi Daven. Altresì conosciuta con il soprannome di Occhietto, la barda amica/concorrente di Ranuncolo dovrebbe avere una relazione romantica con lo strigo. L’amore tra Gerald ed Essi non ha la stessa intensità di quello con Yennifer, ma dovrebbe assolvere la funzione di evidenziarla. Le sirenette degli abissi non riesce a comunicare ciò. Concentrandosi maggiormente sull’azione, il film annulla per gran parte il percorso introspettivo di Gerald. Percorso azionato e permesso per l’attrazione verso Occhietto. Un peccato dato che Occhietto, sebbene compaia nella vita dello strigo solo per un breve momento, le da la svolta necessaria a completare il suo viaggio dell’eroe.
In fondo al mar… ah, ma aspettate un attimo: questa non è La Sirenetta.
Palese che il principale riferimento letterario a cui si è ispirato Andrzej Sapkowski sia stato La Sirenetta di Hans Christian Andersen, di cui ne avrebbe cambiato alcuni particolari. Specialmente il finale, che nella rivisitazione polacca si avvicina di più a quello di disneiana memoria. Nella versione letteraria, infatti, Sh’eenaz rinuncia alla coda per potersi sposare con Agloval, mentre nel film avviene esattamente il contrario.
Una rivisitazione apprezzabile e al passo con i tempi, in piena linea Netflix. La scelta “moderna” non stona in effetti con il senso del racconto. Tuttavia, questa scelta viene fatta per ripicca verso un padre cocciuto (vera nemesi del film, mentre nel racconto è Agloval la nemesi di sé stesso), che si ostina a non accettare l’amore del figlio. La purezza del sangue reale per re Usveldt non può essere “mischiata” con quello della sirenetta. A meno che Sh’eenaz non rinunci alla propria coda. L’affronto (prevedibile) di Agloval e l’ultimo sacrificio del figlio illegittimo sono la vera sconfitta del re.
The Witcher: le sirene degli abissi è un brodo allungato
Se lo stile di animazione e le seppure eccessive sequenze di azione regalano qualche emozione, è inevitabile non potersi soffermare sulla debolezza narrativa di questo film. Le sirene degli abissi non lascia molto, oltre ai nomi dei principali nuovi personaggi incrociati, privati di ogni caratterizzazione che li ha resi memorabili nel racconto (Occhietto in primis). Forse Un piccolo sacrificio è il racconto più memorabile di quella specifica raccolta. E un adattamento così debole non gli rende per nulla giustizia. Sconvolgendo volontariamente i temi e i motivi dell’autore, Le sirene degli abissi è un’occasione mancata che si può definire superbia? Allo spettatore l’ardua sentenza.