Il 27 luglio 2023, sulla piattaforma streaming di Netflix, è stata rilasciata la seconda parte della terza stagione della serie televisiva polacco-statunitense The Witcher; tratta dalle opere romanzesche fantasy dell’autore polacco Andrzej Sapkowski, pubblicate dal 1990 al 2013. La trasposizione televisiva ha avuto origine attraverso la volontà della showrunner Lauren Schmidt Hissrich, che ha convinto la casa di produzione a sviluppare una serie, piuttosto che un singolo lungometraggio (l’idea originale). Nel gennaio 2017 cominciarono i primi movimenti per la creazione del progetto, di cui il grosso è stato svolto nell’anno successivo: dalla sceneggiatura, ai casting e per finire con le riprese, svoltesi in Europa centrale. Il ruolo del protagonista, lo strigo Geralt di Rivia, venne affidato a Henry Cavill, in seguito affiancato dai personaggi di Cirilla di Cintra e Yennefer di Vengerberg: rispettivamente interpretati dalle esordienti Freya Allan e Anya Chalotra. Il suo successo è stato inevitabile, dal momento che ha unito a sé i neofiti di questo fantastico mondo e i veterani, coloro che già erano a conoscenza di tutto attraverso la lettura dei libri, oppure grazie ai videogiochi prodotti dalla CD Projekt RED. Il rinnovo per una seconda e terza stagione parve scontato al grande pubblico; la stessa cosa è valsa per la quarta.
In quest’ultima, oltre al cambio casting del protagonista (che verrà interpretato da Liam Hemsworth), dovremmo risentire l’assenza di uno dei personaggi più complessi e amati di The Witcher, sin dall’inizio: stiamo parlando della maga Tissaia de Vries, interpretata da un’eccellente MyAnna Buring (nota ai molti per il ruolo di Tanya Denali nella saga cinematografica di Twilight). La sua fine ci viene palesata nell’ultimo episodio della terza stagione (The Cost of Chaos): ella decide di togliersi la vita, nonostante la pace temporanea instaurata, ma perché? Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a ciò?
In The Witcher, il suo personaggio ci è stato introdotto nel secondo episodio della prima stagione (Four Marks), in corrispondenza alla storyline della co-protagonista, Yennefer di Vengerberg: una contadina dalla spina dorsale deforme, che però nasconde dentro di sé dei poteri magici ineguagliabili, nonostante ne del tutto sia ignara. Tissaia scendendo dal suo carro, ancor prima del suo aspetto, ci mostra l’estrema eleganza del suo modo di porsi, una caratteristica propria del personaggio e dell’alone che sempre la circonda: dagli occhi lucidi, le labbra fini e un perenne aspetto giovanile (dato dagli elisir magici assunti), si presenta al cospetto dell’infelice creatura mostrando una certa compassione, sotto un velo di apparente dissenso. Dopo neanche una manciata di secondi dal loro primo incontro, il padre gliela venderà per quattro marchi, a differenza dei sei marchi richiesti per un maiale. Concluso l’acquisto, Yennefer si ritroverà contro la sua volontà ad Aretuza, una scuola di addestramento per maghe, dove Tissaia è rettrice e parte del Concilio: il suo compito è quello di reclutare e formare le future maghe del Continente, al fine poi di indirizzarle come consigliere verso i vari centri urbani maggiori del territorio. All’apparenza fredda e distaccata, non ci vorrà molto per far simpatizzare le due e renderle delle ottime complici: Tissaia aiuterà Yennefer a comprendere il suo potenziale, aprendole gli occhi rispetto a quello che vuole diventare ed essere; lei più di tutti comprende la sua fame, l’ingordigia di potere e la voglia di salire alla ribalta. Entrambe conservano nella bocca dello stomaco un’ira da non sottovalutare e che in due diverse occasioni ci verrà mostrata. Tissaia diverrà la sua mentore, in qualche modo sua madre: la giovane maga ricoprirà il ruolo della figlia che non ha mai potuto avere nel corso della sua vita centenaria. Un amore, però, che non la salverà dalla sua sorte e che di certo non potrà che renderla più dolorosa e lancinante, per colei che resterà.
Nella seconda stagione di The Witcher, Tissaia cederà ai propri sentimenti per Vilgefortz (Mahesh Jadu), mago di Kovir e il leader de facto del Capitolo del Dono e dell’Arte, con il quale intraprenderà una relazione; la fine di questo rapporto, paradossalmente, coinciderà a quella della potente maga. Verrà tradita nel momento del bisogno, l’apice dell’instabilità politica e civile della circoscrizione territoriale che ha il compito di proteggere: la propria casa, la millenaria Aretuza. Nel sesto episodio della terza stagione (Everybody Has a Plan ’til They Get Punched in the Face), l’amato la pugnalerà alle spalle, decidendo di darla in pasto alle legione di truppe nilfgaardiane e scoia’tael guidate da Cahir (Eamon Farren) e Francesca Findabair (Mecia Simson): da questo contrasto, scoccherà la guerra fra essi e i maghi del Nord, pronti a difendere la loro dimora. Lo scontro si fa arduo, portando a diverse perdite importanti su entrambi i fronti: Artorius Vigo (Terence Maynard) fra i maghi, ucciso da sua nipote Fringilla (Mimi Ndiweni) e Filavandrel (Tom Canton) fra gli elfi, assassinato da Tissaia in un impeto d’ira. La temeraria rettrice, cosciente che da quella disputa ne sarebbero potuti uscire solo che vinti, decide di attingere alla magia del Caos, attraverso il Fulmine di Alzur: un punto di non ritorno, che la indebita rispetto al rapporto che deve esserci tra un mago e la gestione della propria magia. Ella fa esattamente la stessa cosa che Yennefer ha dovuto fare nell’ultimo episodio della prima stagione (Much More), al fine di salvare il continente dalle truppe nilfgaardiane durante la Battaglia di Sodden Hill. Nonostante attingano a incantesimi differenti, in questo punto, troviamo un parallelismo perfetto che incastona il prezioso rapporto simbiotico delle due: entrambe alimentate da una fonte intransigente, quanto pericolosa e nociva se mal dosata.
Nilfgaard e gli elfi si trovano sconfitti dinanzi alla superiorità di Tissaia, che è riuscita a salvare gran parte della sua congregazione, le migliori maghe: oltre a Yennefer, abbiamo Triss Merigold (Anna Shaffer), Sabrina Glevissig (Therica Wilson-Read), Margarita Laux-Antille (Rochelle Rose) e Keira Metz (Safiyya Ingar). Nonostante ciò, il danno politico e civile è grave, ma ancor di più quello subito dal cuore di Tissaia: squarciato da quel tradimento e svilito dalla sua debolezza di fronte a un sentimento tanto bello, quanto labile e fasullo. Non si rivede in quella scelta di abbassare la testa e lasciar scorrere le acque, non vuole riconoscersi debole al tal punto da aver permesso all’amore per un uomo di precedere quello verso la sua amata congregazione.
Inoltre, dopo aver fatto quello che ha fatto, un debito dev’essere saldato, e così sarà.
Le maghe si riuniscono assieme per celebrare la sepoltura di tre delle loro sorelle, delle novizie dal sangue elfico, uccise da Vilgefortz per i suoi puri scopi personali. Tissaia si assenterà dalla celebrazione, promettendo di raggiungerle al più presto: ciò non avverrà mai. Dopo aver concluso la stesura di un’ultima lettera d’addio, rivolta verso la sua protetta, si taglierà le vene e porrà fine alla sua esistenza. Tutta la sequenza è un crescendo di drammaticità, che trova il suo culmine nel momento in cui Yennefer sussulta addolorata e osserva il proprio polso sinistro; come Tissaia le aveva riferito tempo prima: il mio dolore è il tuo dolore. Devastata, Yennefer corre nella stanza della madre, per trovarla distesa sul pavimento ligneo, priva di vita. Anche qua ci viene proposto un parallelismo toccante, quello del suicidio di Tissaia, che Yennefer non è riuscita a impedire, e quello tentato dalla giovane mezz’elfa poco dopo al loro primo incontro, che Tissaia era riuscita a fermare.
Arrivati a questo punto, la domanda continua a sorgere spontanea: perché Tissaia ha deciso di suicidarsi, nonostante fosse riuscita a portare i maghi del Nord alla vittoria?
Tissaia de Vries ci viene annunciata in The Witcher come un essere forte, dalle tante risorse e il cuore di ghiaccio. Una donna sola al mondo, al di là delle tante allieve avute, e in continua apatia nei confronti dell’ambiente che la circonda: ciò non le dispiace, si è abituata alla sua condizione esistenziale. È cosciente delle proprie capacità e dei suoi tanti punti di forza. Astuta, capace, severa e, talvolta, comprensiva, trova il suo cambiamento nell’incontro con Yennefer, come già spiegato. Quest’ultima la introduce nella strada dei sentimenti e lungo il cammino ne troverà altri, quelli rivolti per un uomo, un suo simile in fondo. L’uscire fuori dagli schemi, dal suo modo di essere ordinario, le si rivela fallimentare: le sue emozioni la porteranno nel baratro più profondo, assieme alla fiducia riposta nei confronti non solo degli altri, ma di se stessa, in primis.
Per salvare la sua eredità, ovvero le maghe caparbiamente formate nei mesi a venire dal loro primo incontro, deve attingere alla fonte magica del Caos e, pertanto, le motivazioni del suo suicidio sono spiegate niente di meno che nella lettera finale:
Una delle prime cose che impariamo è che il Caos ha sempre delle conseguenze. La magia ha un prezzo. Tutti dobbiamo pagarlo, prima o poi. Non è un dono. È uno scambio. E spesso ci conduce in luoghi oscuri. Ma ci sono sempre delle note positive. Poterti insegnare è stata la cosa più bella della mia vita. Vorrei poterti guardare mentre prosegui il tuo viaggio. So che farai grandi cose, figlia mia. Ma temo di non poterlo fare. C’è un prezzo che devo pagare. A volte un fiore è solo un fiore. E la cosa migliore che può fare per noi è morire.
Tissaia era consapevole rispetto a ciò che avrebbe dovuto scambiare, eppure non si è tirata indietro, facendo quello che la sua posizione e il suo cuore l’hanno spinta a fare, per un’ultima volta: salvare Aretuza e, in parte, il Continente. Un ringraziamento speciale va alla straordinaria MyAnna Buring, che ha portato il suo personaggio ad avere uno spessore non indifferenze: sarà difficile non risentirne la mancanza nelle prossime stagioni di The Witcher.