Una delle prime cose che abbiamo imparato in The Witcher è che il caos ha sempre delle conseguenze. La magia ha un prezzo che alla fine pagano tutti, perché essa, più che un dono, é uno scambio con il diavolo che conduce in luoghi avversi e insoliti. Abbiamo poi imparato che un fiore è solo un fiore, e che ciò che di meglio può fare per se stesso in alcuni momenti è morire – lasciare appassire i suoi petali. In questa ultima parte della terza stagione, The Witcher si concentra sul caos e sui fiori accecati dalla luce del sole, ovvero tutte quelle pedine del mondo che combattono i propri demoni interiori.
Il caos domina la prima parte dell’attesissimo finale di stagione, quella in cui assistiamo alla battaglia di Aretuza, l’accademia di magia che diviene lo scontro finale tra tutte le forze in gioco. La prima parte della terza stagione di The Witcher si era infatti chiusa con la fuga di Ciri, e con tutti i territori del Continente pronti a darle la caccia. Se il primo blocco di episodi aveva preparato il terreno per la battaglia finale, introducendo nuovi personaggi e diversi archi narrativi, il sesto episodio parte subito fortissimo e senza indugi: gli scontri aprono immediatamente le porte all’ultima parte di stagione. The Witcher 3 mette in scena due delle battaglie più importanti del romanzo il Tempo Della Guerra, e lo fa con un vistoso e riuscito lavoro di CGI, e con movenze brillanti nonché audaci che ricordano quelle del videogioco ambientato nello stesso universo della serie. La prima, coreograficamente perfetta, vede gli stregoni di Aretuza difendersi dagli attacchi delle armi bianche, dando vita a quel faccia a faccia che tanto desideravamo vedere in The Witcher. Il secondo scontro, invece, riguarda Geralt, il protagonista assoluto del mondo di Sapkowski, e quello che scopriamo essere l’architetto degli inganni, la minaccia che governa il caos: Vilgefortz. Quest’ultimo frame è uno dei ‘tu per tu’ migliori dell’intera serie, un botta e risposta crudele che mette di fronte due personaggi fortissimi, mentre assistiamo per la prima volta alla vera sconfitta di Geralt.
The Witcher 3 fa fatica a trovare una propria identità
Al di là degli ottimi scontri, The Witcher 3 non funziona quando prova a trovare un equilibrio tra l’azione e il dialogo, proprio perché la carne a fuoco è molta e spesso la serie rallenta per fornire spiegazioni e i diversi punti di vista. Gli episodi divengono, a tratti, confusionari e più veloci di quanto effettivamente dovrebbero essere, soprattutto quando di mezzo ci sono intrighi di corte e tradimenti a palazzo. A questo proposito, alla velocità e all’elettricità del sesto episodio, viene fatto seguire un episodio lento, il settimo, incentrato solo su Ciri e sulla sua crisi esistenziale. Quello che emerge, nel lontano e inquietante deserto dove la principessa cerca di lottare da sola e con tutte le sue forze, è che The Witcher abbia confezionato momenti tipicamente filler per allungare il brodo: cinquanta minuti che dicono poco o niente, e che ripetono la stessa dinamica più volte. L’intero episodio sembra un lungo e noioso loop con un unico scopo: approfondire la psiche frammentata di Cirilla senza donare nuova linfa alla trama generale. Anche l’ottavo episodio, quello che doveva essere il più importante, si ferma su i suoi passi e predilige parlare di intrighi politici( A Redania e Nilfgaard) e inganni sociali, lasciando da parte quei colpi di scena che ci saremmo aspettati.
L’addio di Henry Cavill a Geralt di Rivia avrà tante ripercussioni sulla prossima stagione
In tutto ciò, quello che doveva essere un addio iconico e commovente per Henry Cavill, sembra un apatico passaggio di testimone. Per buona parte dell’ultima stagione di The Witcher, Geralt è spettatore assente e sguardo passivo, e finisce per essere il faro spento del parco illuminato da Cirilla e Yennefer. Sono pochi i momenti in cui Geralt fa il Geralt ma quando lo fa Henry Cavill esprime tutto il suo talento, diventando di fatto la migliore controparte possibile del videogioco. The Witcher non fa trasparire il peso di un addio che per noi è drammatico, al punto che molti si chiedono se abbia senso continuare a vedere una serie dove viene a mancare il perno che regge il tutto, come i tetti delle case. Ma Quando lotta, quando si eregge sopra gli altri, e persino quando diventa un fiore appassito sconfitto dal suo nemico e preda dei sentimenti, il Geralt di Henry Cavill è commovente, uno dei personaggi migliori all’interno dell’infinito catalogo fantasy. The Witcher non sarà più la stessa senza Henry Cavill e Henry Cavill non sarà più lo stesso senza Geralt, l’antieroe dilaniato dal dubbio che egli stesso ha saputo forgiare in maniera esemplare.
The Witcher 3, al di là di qualche momento davvero fuori dal coro e delle grosse sbavature di intreccio di cui vi abbiamo parlato, ha saputo rendere omaggio all’introspezione psicologica dei personaggi. Vi abbiamo detto, all’inizio dell’articolo, che questa parte di stagione si concentra sul caos e suoi fiori appassiti, e proprio Yennefer, Ciri e Geralt divengono fiori appassiti. I tre attori sono eccezionali, restituiscono tutto il peso esistenziale che i loro ruoli portano all’interno della serie, donandoci alcuni momenti davvero emozionanti. Gli attori permettono alla serie di rimanere a galla in un mare di incertezze e di consegnare al mondo personaggi iconici e tridimensionali. Il trio è scosso, frastornato, vaga per le vie della terra con un bagaglio un po’ più vuoto, e le loro fragilità escono allo scoperto come lentiggini sulla pelle. Yennefer si ritrova a dover fare i conti con la morte di Tissaia, quella che a tutti gli effetti diviene una sorta di una madre adottiva, e che si spegne proprio come un fiore, facendo cadere una pioggia di petali nell’aria. Cirilla e Geralt sono soli, lontani l’una dell’alto e accecati dal dubbio: quale strada prendere? Ma d’altra parte, quale strada vuole prendere The Witcher?
La serie si chiude con tante domande, poche risposte e con il rimorso di aver dato meno, molto meno delle sue infinite possibilità. Il mondo dei romanzi di The Witcher ha molte cose ancora da raccontare ma presuppone che la serie faccia un grosso salto in avanti, per qualità e quantità, e per farlo bisogna limare l’attrazione ostinata di Netflix verso alcune dinamiche non necessarie e superficiali. Sarà difficile guardare The Witcher senza Henry Cavill ma noi aspettiamo comunque che il caos torni nelle nostre vite a chiederci il conto finale: dopotutto è sempre impossibile essere pienamente preparati alla battaglia. “Il caos è lo stesso di sempre. Gli umani si sono appena adattati meglio.” – Geralt di Rivia