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La Time Bandits di Taika Waititi è un’avventura per famiglie – La Recensione della Serie Apple TV+

Time Bandits
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ATTENZIONE: l’articolo potrebbe contenere spoiler su Time Bandits, il revival dei viaggi nel tempo targato Apple TV+!!

I viaggi nel tempo sono materia misteriosa e affascinante. La cinematografia ci ha costruito sopra tutto un filone che, soprattutto a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, ha sfornato alcuni tra i migliori film di sempre sul tema. Quello dei viaggi nel passato è un format trasversale, che può abbracciare diversi generi televisivi e farsi a sua volta sottogenere. Dalle pellicole drammatiche ai colossal di fantascienza, dalle avventure per famiglie alle commedie guardate tra amici, i viaggi nel tempo sono uno degli strumenti attraverso i quali la mente creativa della tv riesce a proiettare desideri, angosce, fervori e paure nascoste. Il tempo può piegarsi su se stesso e liberare le fantasie più recondite. Può essere l’occasione di conoscere il mondo, come in Time Bandits, o una frontiera minacciosa che cela insidie e questioni spinose.

Il tempo è un oggetto enigmatico e il più delle volte indecifrabile, che avvolge con il suo lungo orlo merlato fantasie e chimere che possono trovare sfogo solo in tv o sulle pagine dei libri.

Time Bandits raccoglie quella suggestione. La serie, creata da Jemaine Clement (What We Do in the Shadows è una delle sue creature), Iain Morris e il Premio Oscar Taika Waititi, sceglie principalmente di divertirsi. Di divertirsi con i personaggi, con il materiale narrativo, con le epoche passate, con gli strumenti della televisione. Di divertirsi con quello che ha da offrire e di offrire, al contempo, un’infinità di spunti per spaziare con l’immaginazione. Time Bandits è, innanzitutto, un prodotto di intrattenimento, che mira al divertimento delle persone che si fermano davanti allo schermo. È un’avventura senza troppe pretese, a spasso tra le varie pieghe del tempo, sempre in procinto di partire, di finire schiacciati da una valanga, di venire rincorsi da orde di guerrieri preistorici o da cataclismi, malattie, tempeste e tanto altro.

Time Bandits è un’insieme di peripezie e disavventure che si intrecciano a cavallo dei secoli.

L’opera è un revival di un film degli anni Ottanta (i migliori 100 da guardare almeno una volta) di Terry Gilliam, scritto e creato insieme all’altro membro dei Monty Python, Michael Palin. I banditi del tempo sbarcò nelle sale nel 1981 e portava sul grande schermo una trama piena di suggestioni storiche e avventura. Il massimo per un ragazzino che si affacciava per la prima volta alle straordinarie potenzialità del cinema. A distanza di quarant’anni dall’esordio, i gusti cinematografici sono completamente cambiati e, con loro, anche le modalità di fruizione delle grandi storie sullo schermo. I banditi del tempo parlava a un pubblico affamato di avventure e trame semplici, purché godibili e portatrici di un qualche messaggio da estrapolare tra le righe. Oggi il pubblico si è fatto più selettivo, motivo per cui non sempre le “operazioni nostalgia” si trasformano in un successo.

Time Bandits è ancora legata ai vecchi gusti cinematografici, anche se perde lo slancio nostalgico proprio dei revival. Il protagonista delle disavventure nel tempo è Kevin (Kal-El Tuck), un ragazzino di 11 anni appassionato di storia. Come nel film originale, è un bambino particolare, con tanto entusiasmo e pochi amici. Sbeffeggiato da sua sorella, trattato con sufficienza dai genitori, considerato noioso e logorroico, il protagonista di Time Bandits vive in un mondo tutto suo. L’evasione dalla realtà diventa l’occasione per sfuggire alle grinfie del presente e rifugiarsi in un mondo sicuro, pieno di punti di riferimento attraverso i quali dialogare con se stesso. Il prototipo di realtà alternativa, Kevin non se lo costruisce sui videogiochi. La sua realtà parallela, quella nella quale riesce ad essere autenticamente se stesso, è il passato.

Kevin vive in un mondo di pagine ingiallite e libri polverosi, all’inseguimento di valorosi cavalieri e temibili pirati. Dialoga con regine e principi, trova in alchimisti e predicatori un surrogato di amicizia.

È intelligente e acculturato, si esalta per una traccia vecchia di duemila anni o per la forma irregolare di un mucchio di pietre antiche. È quello che verrebbe definito un ragazzino un po’ strambo, cosciente di esserlo ma abbastanza disincantato da non curarsene. Come in tutte le grandi avventure condite da un pizzico di magia, Kevin scopre che nel suo armadio si nasconde un portale che gli consente di viaggiare in altre epoche. L’espediente della vecchia Narnia che si distende a perdita d’occhio oltre le ante dell’armadio funziona nella misura in cui offre a ragazzi in cerca di evasione una fuga dalla realtà. Rocambolesca, appassionata e azzardata e, forse per questo, magnifica da vivere piuttosto che sognare ad occhi aperti. E dalle crepe di un tempo piegato costantemente su se stesso, sbucano nella cameretta di Kevin i membri di una strana banda di ladri scapestrati e un po’ imbranati.

A portare la bandiera come leader più o meno riconosciuta, c’è Penelope, interpretata da Lisa Kudrow. Una donna all’apparenza scontrosa e minacciosa ma in realtà piena di insicurezze e animata slanci di pura generosità. Accanto a lei, a completare il quadretto della banda, ci sono gli altri personaggi di Time Bandits: Alto (Tadhg Murphy), Widgit (Roger Nsengiyumva), Bittelig (Rune Temte) e Judy (Charlyne Yi). I personaggi di Time Bandits sono scritti per non mettere paura a nessuno. Non sono brutti ceffi minacciosi, né furfanti particolarmente talentuosi. Sono personaggi mediocri, “particolari”, un po’ bizzarri. Se si fa eccezione per il nome di Lisa Kudrow, gli altri attori non sono stati pescati tra i nomi più ricercati della tv. Così come era stato per il film, anche la serie tv sceglie una squadra di interpreti che possa risultare spontanea ed empatica nell’interpretazione della banda. Senza attirare troppo i riflettori su di sé.

La sceneggiatura sviluppa una trama orizzontale che vuole essere accattivante per il pubblico, ma non ci riesce.

Time Bandits

Quel che resta impresso sono più che altro le ambientazioni dei singoli episodi. La serie Apple TV+ è costata un bel po’ e i risultati si vedono nella resa degli effetti speciali, nell’abbigliamento che cambia ad ogni episodio, nelle singole scenografie. La squadra di costumisti, truccatori e scenografi deve aver trascorso un bel po’ di tempo sul set nell’allestimento di uno scenario diverso per ogni puntata. Time Bandits è come un grande libro a colori, con illustrazioni, mappe, didascalie storiche. C’è un tocco di umorismo moderno, inserito qua e là nelle pieghe del tempo. Come quando i negazionisti della peste spingono i “follower” a seguirli sui propri canali. O quando i costruttori di Stonehenge spiegano a Kevin le reali ragioni che li hanno spinti ad erigere quel complesso.

La mano di Taika Waititi, presente come l’Essere Supermo, si vede e si percepisce – a proposito, correte a recuperare il suo Reservation Dogs su Disney+. Il Premio Oscar mostra di essersi divertito a riportare in vita una storia del passato e a ridarle una nuova veste. Senza nessuna fiammata di retorica o nostalgia. Apple TV+ ha piazzato Time Bandits tra i prodotti per bambini e per famiglie. E questo ci dà un indizio sul tipo di strada che gli autori avevano intenzione di percorrere con questa serie (per i prodotti Apple TV da guardare per forza, eccone 5 imperdibili). La qualità non le manca, malgrado le aspirazioni e il pubblico di riferimento. La seconda parte si fa anche più interessante, grazie soprattutto alla presenza del personaggio di Saffron (Kiera Thompson), la sorella di Kevin. Ma certamente, Time Bandits non ha la forza per cavarsi fuori dal dimenticatoio dei titoli usciti quest’estate.

Un titolo spassoso da guardare in compagnia dei più piccoli, ma non abbastanza solido da attrarre l’attenzione dei più grandi.