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Tin star 1×03-04 – Sul filo del rasoio

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La scorsa settimana sono andate in onda le puntate 3 e 4 di Tin Star, che hanno nuovamente delineato il percorso di questo show.

La prima impressione che si ha, dopo aver terminato la visione di Tin Star, è quella di un progetto che non si espone più di tanto, continuando a camminare in bilico tra un possibile fenomeno e una profonda delusione.

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L’esposizione della terza puntata risulta essere particolare per l’impostazione narrativa ben scandita dalle lancette dell’orologio. Ci viene fatto notare subire un particolare nell’incipit, ossia la borsa di anna, che rincorreremo per tutto l’episodio e che sembra predirci qualcosa di infausto sul destino di quest’ultima.

Jim si risveglia nella riserva Indiana non ricordando nulla di ciò che accaduto quella notte, ergo è completamente ignaro della scomparsa della figlia. Tornato in hotel, apprende la notizia in prima persona, poiché nemmeno il poliziotto di guardia ha notato la scomparsa di Anna.

Qui accade qualcosa di nuovo: lo sceriffo colpisce violentemente il suo sottoposto. Una scena di violenza che ci viene mostrata attraverso lo specchio del bagno, che riflette tutto l’accaduto. Siamo ormai spettatori consapevoli che le scene che coinvolgono gli specchi sono un meccanismo per farci capire quando il protagonista cambia personalità. Una scena veloce, un piccolo assaggio della brutalità dell’alter ego Jack Devlin, che spunta per un breve minuto, forse perché è solo un rimasuglio della sbronza notturna di Jim.

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Si torna indietro con un flashback: ritroviamo Anna in compagnia di Whitey, appena salita sulla macchina di lui e ignara di chi sia veramente. Il ragazzo non si scompone, vuole portare a termine il recupero della prova (la sigaretta) con molta calma, senza destare sospetto. Comincia così a guadagnarsi la fiducia della ragazza, che scoperto il padre a bere nel pub, decide di passare l’intera notte con Whitey.

Emerge quindi il lato adolescenziale di Anna, che prova a ubriacarsi per dispetto al padre, oltre che tentare di suicidarsi nella diga per il dolore causato dalla perdita del fratello. Tutti temi affrontati in modo tale da risultare alterati agli occhi di un adulto, ma che sono invece ben calati in un personaggio adolescente.

La morte di Johnny era quasi scontata, poiché lo stesso Whitey aveva dato segni di poca tollerabilità nei confronti del suo compagno. Secondo, perché la morte di un altro familiare di Jim avrebbe un po’ scombussolato la trama di Tin Star e l’avrebbe resa piuttosto irreale.

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Nella quarta puntata, ci troviamo dinnanzi la questione centrale che la famiglia deve affrontare: rimanere o meno nella cittadina di Little Big Bear. Se da una parte Jim e la figlia sono intenzionati a tornare a Londra, la posizione della madre è ferrea sul rimanere. Soprattutto perché vede l’andar via come un atto di codardia del marito, che supplica affinché trovi e uccidi l’assassino di Petey.

Nel frattempo i federali puntano frettolosamente il dito contro una banda di bikers, nemici storici della polizia di quel territorio, usandoli come capro espiatorio non solo per i loro tornaconti, ma anche per incriminarli come assassini del piccolo Petey.

La mente di Whitey non si lascia certo sfuggire questa opportunità di far cadere completamente i sospetti sui bikers, tanto da derubare un camion della North Oil e uccidere il conducente. Seppure la fetta di trama coinvolga le vicende della multinazionale petrolifera, finora è rimasta come sfondo alle vicende della famiglia Worth. Eppure c’è qualcosa che mi lascia presagire un maggior coinvolgimento di questa nella vita di Jim: a partire dalla telefonata di Louis che viene sovrapposta a quella di Whitey. Un possibile indizio su una loro connessione? Ma soprattutto, perchè nel momento in cui induce l’attacco cardiaco al fratello del biker arrestato, gli chiede di firmare dei fogli?

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Alcuni stuzzicanti segreti che rialzano un po’ l’attenzione. Anche se il colpo finale è quello che più genera stupore e voglia di continuare la serie: l’attacco d’ira dell’alter ego Jack Devlin. Per la prima volta lo vediamo in tutta la sua rabbia e violenza scagliarsi contro una persona qualunque e picchiarla per il gusto di farlo. Una personalità completamente opposta a Jim, forse più intrigante, ma molto più pericolosa ora che ha campo libero.

Dopo che la moglie viene a scoprire che ha ripreso a bere, mantiene fede alle sue parole e lo allontana dalla casa e dalla figlia. Un duro colpo che ha fatto uscire di prepotenza la personalità repressa di Jim. Si prospetta quindi un cambio di carte in tavola per la trama della Serie Tv.

Nota di merito a Tim Roth, che continua a regalarci una recitazione perfetta per un personaggio borderline e che sembra l’unico a trainare le vicende (e la curiosità) di Tin Star. La fotografia continua a essere avvincente e a darci la perenne sensazione di estraneazione. Sulla terza puntata vi è una scelta tecnica narrativa che può piacere o meno, ma che oggettivamente ha lasciato calare l’attenzione, colpa anche della sua funzione di transizione. Ma continuo a pensare che sia una Serie Tv godibile, adatta a chi predilige uno stile narrativo poliziesco all’inglese.

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