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Transatlantic: miniserie di un supergruppo

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Molto meno rispetto a La legge di Lidia Poët anche Transatlantic ha avuto la sua bella dose di polemiche, tutte legate alla drammatizzazione, secondo alcuni persino parodistica, di un evento storico realmente accaduto durante la II Guerra Mondiale a Marsiglia, in quella parte della Francia denominata Repubblica di Vichy e comandata dal Maresciallo Philippe Pétain, collaborazionista francese.
Transatlantic, uscita in blocco su Netflix lo scorso 7 aprile, è stata creata da Daniel Hendler e Anna Winger, entrambi conosciuti per aver scritto la palpitante Unorthodox, ed è basata sul romanzo del 2019, The Flight Portfolio, di Julie Oringer.
Le sette puntate da noi recensite, in parte dirette dal duo registico composto da Stéphanie Chuat e Véronique Reymond (Ancora donne e Sorellina) e, in parte da Mia Maariel Meyer, qui alla sua prima esperienza in regia, sono state girate nel sud della Francia, principalmente a Marsiglia e nei suoi dintorni. Ad accompagnare immagini coinvolgenti e forti ci sono le musiche di Quentin Boniface, già noto per la colonna sonora di Lupin, Narcos e l’intrigante Maria Antonietta, recentemente uscita e disponibile su Now.

Anna Winger in una intervista rilasciata precedentemente l’uscita di Transatlantic ha fatto sapere di aver avuto spesso l’intenzione di scrivere qualcosa inerente la II Guerra Mondiale ma di non aver trovato mai il giusto spunto fino alla pubblicazione del libro di Julie Oringer. “Sulla guerra hanno già scritto in molti tantissime, meravigliose storie. Cercavo qualcosa di originale che stimolasse la mia creatività e raccontasse qualcosa di incredibile“. La storia narrata nella miniserie targata Netflix è un capitolo straordinario della resistenza al nazismo.
Quello che mi è piaciuto di questa faccenda è la positività che traspare, la necessità di fare qualcosa, anche di piccolo, contro un mostruoso colosso. Nonostante le difficoltà nessuno dei protagonisti si è arreso. Anzi, ha perseverato fino a ottenere quello che si era prefissato“.
Un capitolo che ha messo in luce l’importanza del fare, dell’agire, indipendentemente dalle proprie capacità, conoscenze e risorse.
Erano persone normali, comuni, senza alcun addestramento né particolare conoscenza. Avevano semplicemente il bisogno di provare a riparare i torti che altre persone come loro stavano subendo con l’unica colpa di essere ebrei o artisti degenerati“. Un capitolo che ha cambiato le sorti dell’arte e della cultura della seconda metà del XX secolo che altrimenti si sarebbero probabilmente estinte nei campi di concentramento dell’Europa dell’est.

Transatlantic
Jillian Jacobs e Corey Stoll 640×360

Transatlantic, infatti, rivela una storia apparentemente come tante già viste al cinema o in televisione: donne e uomini comuni capaci di cose straordinarie. Con alcuni addentellati davvero incredibili. A Marsiglia, nel 1940, opera l’ Emergency Rescue Committee. Si tratta di un gruppo di americani che fa di tutto per far espatriare quanti più ebrei e artisti possibile. Una parte viaggia via terra attraverso i Pirenei, fino in Spagna e poi in Portogallo. Altri, invece, partono via mare verso i paesi del centro America e poi da lì fino negli Stati Uniti, per cercare di vivere una vita lontana dagli orrori del nazismo e dell’imminente Olocausto.
A capo di questa organizzazione c’è Varian Fry, un corrispondente estero di un giornale americano che nel 1935 si trovava a Berlino ed era rimasto inorridito dalle barbarie perpetrate dai nazisti ai danni degli ebrei. Accanto a lui c’è un gruppo variegato di persone realmente esistite: Mary Jayne Gold, ricca ereditiera; Albert O. Hirschman, giovane economista ebreo tedesco, sfuggito agli arresti della Gestapo; Lisa Fittko, combattente ungherese per la resistenza. Accanto a questo gruppetto principale gli autori della serie aggiungono una coppia di fratelli africani, Paul e Jacques Kandjo, che lavorano nell’Hotel Splendide, inizialmente sede del Emergency Rescue Committee; Thomas Lovegrove, un misterioso inglese, amante segreto di Fry e membro dei servizi segreti britannici; Philippe Frot, astuto commissario di polizia francese; e Graham Patterson, console americano trafficone.

La lista dei personaggi presenti nella serie è molto più ricca ed è una mescolanza tra persone realmente esiste e altre create ai fini artistici. Impressionanti sono i nomi di quelle realmente esistite, fatte espatriare dal gruppo guidato da Varian Fry: André Breton, Jacqueline Lamba, Walter Mehring, Walter Benjamin, Marc Chagall, Marcel Duchamp, Hannah Arendt, Peggy Guggenheim, Victor Serge, Hans Bellmer e Victor Brauner, tra gli altri. Pittori, scultori, scrittori, musicisti, poeti: artisti che il mondo avrebbe potuto perdere ma che così, fortunatamente, non è stato.

Per raccontare questo gruppo di eroi ci siamo ispirati a Casablanca e ai film di quell’epoca, che raccontavano in diretta la tragedia della guerra nel mondo. Film epici dove i protagonisti lottavano contro la tirannia facendolo con un gran senso dell’umorismo. Ed è un po’ quello che abbiamo voluto descrivere nella scena della festa alla villa, dove nessuno ha nulla da perdere e perciò da il meglio di sé, nel bene e nel male“, spiega ancora Anna Winger. “Poi, la magia della notte svanisce e con l’arrivo del giorno le cose, le situazioni, i problemi, tornano a galla con maggiore prepotenza. Affiorano i sensi di colpa, di impotenza e ognuno deve fare i conti con la propria coscienza“.

Così Varian Fry, interpretato da Cory Michael Smith (The Riddler in Gotham), ritorna a essere il ligio impiegato incapace di lasciarsi andare completamente all’amore che prova nei confronti di Thomas Lovegrove, interpretato da Amit Rahav (Yanky Shapiro in Unorthodox). Anche tra Mary Jayne Gold, interpretata da Gillian Jacobs (Community) e Albert O. Hirschman, interpretato da Lucas Englander, l’amore è un bel problema. I due, infatti, intraprendono un gioco di tira e molla senza accorgersi che la corda, prima o poi, è destinata a spezzarsi. Ma l’amore non l’unico sentimento presente all’interno della miniserie.
I due fratelli Kandjo, interpretati rispettivamente da Ralph Amoussou e Birane Ba, decidono di ingaggiare maggiormente se stessi contro i nazisti e i collaborazionisti creando una cellula della Resistenza con il proposito di liberare la Francia dagli occupanti e, successivamente, le colonie dell’Africa dai francesi. Accanto a loro opera Lisa Fittko, interpretata da Deleila Piasko, che accompagna i fuggiaschi attraverso i sentieri montani dei Pirenei e li affianca nella lotta contro l’oppressore.

Contro di loro, su due fronti differenti, operano Philippe Frot, interpretato da Grégory Montel (Gabriel Sarda in Chiami il mio agente!) e Graham Patterson, interpretato da Corey Stoll (Peter Russo in House of Cards). Il primo è il solerte capo della polizia di Marsiglia, che fino a un certo punto ha chiuso un occhio sui fuggitivi ebrei ma che, con l’inasprirsi della guerra e l’arrivo della Gestapo nella città portuale, incrementa la sua attività di repressione cercando di far quadrare il cerchio soprattutto per non avere problemi con i tedeschi e riuscire a mantenere, in città, un clima abbastanza sereno.
Il secondo, invece, è un funzionario americano al quale le sorti degli ebrei non interessano assolutamente perché troppo preso dalla sua carriera. La sua ottusità, e l’appartenere al partito repubblicano, lo portano a puntare sul presidente sbagliato nelle presidenziali americane del 1940. Sfumato il suo sogno di diventare ambasciatore nella Francia occupata dai nazisti, Patterson intravede una soluzione nel passare dal lavoro pubblico a quello privato per un’azienda creatrice di schede perforate, già vendute ai tedeschi per la gestione di ipotetici campi di lavoro.

Amit Rahav e Cory Michael Smith 640×360

Transatlantic è una miniserie corale nella quale vengono affrontati, attraverso i diversi personaggi presenti in scena, una serie di argomenti correlati al terrificante dramma dell’Olocausto e della II Guerra Mondiale. Si parla, tra le altre cose, della connivenza degli Stati Uniti, della necessità di fare affari col nemico, del problema delle colonie. Le polemiche che hanno colpito la miniserie targata Netflix hanno per lo più evidenziato che l’immane tragedia che colpì l’Europa tra il 1939 e il 1945 sia stata trattata con superficialità. E che i personaggi, in particolar modo i protagonisti realmente esistiti, siano stati scritti talmente male da risultare macchiettistici, persino infanganti nei confronti della loro memoria storica.
Diciamo allora che Transatlantic non è un capolavoro ma che fa, più che onestamente, il suo dovere intrattenendo il pubblico per oltre sei ore. Non affronta specificatamente la tragedia che aleggia sugli artisti, scacciati perché ebrei o perché creatori di un’ arte considerata degenerata, ma racconta la vita di donne e uomini che non sono stati capaci di voltarsi dall’altra parte e far finta di nulla e che hanno combattuto, senza l’uso armi, per cercare di riparare un’ingiustizia di proporzioni spaventose.

Transatlantic ha un doppio merito: quello di raccontare una storia, molto probabilmente sconosciuta ai più; e quello di farlo nella maniera più delicata possibile, senza cioè appesantirlo inutilmente. Il Male, quello con la emme maiuscola c’è: lo si sa, lo si sente, lo si intuisce. Ma fa parte dello sfondo. Sta arrivando, è pronto a fracassare le porte chiuse e prendersi quello che non gli appartiene. L’incombenza della tragedia è onnipresente ed è lo stimolo che fa muovere i protagonisti di questa storia. Bisogna fare in fretta perché le frontiere e i porti sono chiusi e il rischio che chi scappa venga catturato e affidato alla Gestapo è altissimo.
Le donne e gli uomini protagonisti di Transatlantic sono eroi comuni che combattono contro qualcosa che ancora non conoscono o che appena intuiscono. Siamo nel 1940, ci sono già stati vari pogrom in Germania e la Notte dei Cristalli è ancora fresca nella memoria. Ma la Soluzione finale della questione ebraica è ancora, ufficialmente, lontana.
L’orologio della Storia scandisce il suo tempo, implacabile. Varian Fry, Mary Jayne Gold, Albert Hirschman e Lisa Fittko hanno i minuti segnati. Ogni secondo è prezioso. Contando l’uno sull’altra, riusciranno in una impresa che andrebbe raccontata ancora e ancora per dimostrare che chiunque, se dalla parte giusta, può essere un eroe.

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