Bentornati ad un nuovo appuntamento con Trash Box, la rubrica in cui parleremo e elogeremo tutto ciò che è trash senza vergognarcene. Oggi ho scelto di parlare di una serie che potenzialmente sarebbe potuta essere il sogno umido di ogni amante del Natale, Buon quel che vi pare, ma, ahimè, lo svolgimento non è stato all’altezza dell’idea.
Per chi come me ama questo periodo dell’anno alla follia, per chi spende i suoi momenti liberi sul divano sorseggiando cioccolata calda con gustosissimi mini-marshmallow e guardando film di Natale, l’idea di una serie dedicata a questa festività è un invito a nozze a cui non possiamo rinunciare. Ora, capirete la mia delusione nel momento in cui si è rivelata essere un fiasco pazzesco e, da fan accanita del Natale, mi sono ritrovata a voler bruciare tutte le mie preziose decorazioni nel camino, solo per poi realizzare che in realtà non ho un camino. Sì, Buon quel che vi pare fa “così tanto schifo”.
Di base l’idea è geniale. I film di Natale non sono mai abbastanza e un’intera serie dedicata al periodo è geniale. Ma tutto il resto è andato storto. Buon quel che vi pare nasce come sitcom di Netflix (e tra l’altro ancora non riesco a credere che il magnate dello streaming abbia permesso che un prodotto così di basso livello portasse il suo marchio). Ora, per fare comicità ci vuole talento, intelligenza e tanto, tanto impegno. Far ridere qualcuno è assai più complicato di quanto sembri.
Le battute, la caratterizzazione dei personaggi e le rispettive storyline devono essere studiate nei minimi particolari. Fare comicità è come comporre un brano musicale, non ci vuole nulla a ricadere nel banale, a inserire una nota storta che inevitabilmente farebbe stonare il resto della melodia o renderebbe la composizione meno gradevole. Insomma, non siamo bravi tutti a farlo e certamente gli sceneggiatori di questa serie non sono stati all’altezza del loro compito.
Una comicità spicciola che non faceva ridere in nessun modo. Anzi, talvolta faceva orrore. L’unica indicazione che ti faceva capire che era stata appena fatta una battuta erano le risate in sottofondo tipiche del genere sitcom e che, ahimè, sottolineavano quanto fossero pensate male. Ma di cosa parla? Di una numerosa famiglia americana e mira a catturare un pubblico variegato esponendo le dinamiche familiari, calcando l’onda del periodo in cui ci troviamo, rendendolo sfondo dell’intera storia.
La famiglia Quinn è una famiglia piuttosto particolare. Il padre è un despota. Nonostante i figli siano adulti e vaccinati, continua a voler controllare ogni singolo attimo della loro vita, quella dei rispettivi partner e dei nipoti. Insomma, una cosa insopportabile. E, paradossalmente, questa dovrebbe essere la sua caratteristica che, estremizzata, dovrebbe far ridere. Peccato che non succeda mai. Don Quinn non fa ridere nemmeno per sbaglio. E, in quei rari momenti di vulnerabilità che mostra, ti fa provare un’irrefrenabile voglia di prenderlo a schiaffi.
Tra tutti i personaggi di questa sitcom se ne salva solo uno, quello di Joy, moglie di Sean, figlio di Don che al mercato mio padre comprò. Lei è l’unica che riesce ad essere divertente. Joy è l’unico personaggio che porta gioia (sì, l’ho fatto di proposito), all’interno di questa serie. È cinica, è schietta, è vera ed è incredibilmente capace di pronunciare una battuta risultando divertente.
Nel cast troviamo attori professionisti tra cui gente che per mestiere fa il comico, peccato che durante le riprese di Buon quel che vi pare non abbiano fatto proprio la performance lavorativa della vita. Tra i nomi noti troviamo anche delle vecchie conoscenze di Disney Channel (qui le migliori serie del canale) come Bridgit Mendler (I Maghi di Waverly, Lemonade Mouth e Buona Fortuna Charlie) e Ashley Tisdale (Zack e Cody al Grand Hotel e High School Musical) che ricadono nel banale ricoprendo ruoli già visti.
Il personaggio di Bridgit, Emmy, è così inutile che per gran parte della serie ho dimenticato che ci fosse anche lei. Quello di Ashley, Kayla, oltre che essere un gran cliché, è anche fastidioso, ma non il tipo di personaggio che è fastidioso ma divertente, il suo è solo fastidioso. E, tra l’altro, Ashley Tisdale ha interpretato lo stesso identico ruolo in almeno altre quattro o cinque serie.
Sono una fan delle battute scorrette, del black humor e di chi osa con la comicità. E ho l’orribile sensazione che gli sceneggiatori di questa serie abbiano cercato di riprodurre il black humor facendo battute poco carine nei confronti di razze (Joy che è asiatica nel parcheggio con la signora anziana) e religioni, anche qui, fallendo disastrosamente.
Il personaggio di Todd, marito di Patsy, è ebreo e viene costantemente annullato e – a tratti – anche denigrato per il suo credo proprio da Don che è un cristiano quasi fanatico. Ripeto sono fan del black humor, ma le battute erano così povere e poco dignitose da risultare solo offensive e nemmeno lontanamente divertenti. Hanno stonato così tanto che è stato impossibile chiudere un occhio su ogni scivolone che hanno preso. Anche perché di occhi ne ho solo due e non tremila.
Devo spezzare una lancia, però, a favore di un argomento che – a mio modesto parere – è stato trattato decentemente. Mi riferisco al coming out del personaggio di Ashley Tisdale, Kayla, che, per tutta la durata della serie, lotta con se stessa e indossa una maschera nascondendo i suoi reali sentimenti alle persone che ama e, paradossalmente, riuscendo a rivelarli all’unico membro quasi del tutto estraneo, Matt, il fidanzato della sorella appena conosciuto. Mi è sembrato un processo sensato e logico quello che ha affrontato Kayla, che si è concluso con la rivelazione della sua identità sessuale.
Per il resto non c’è altro da salvare. Certo è che la recitazione spesso e volentieri mediocre non ha aiutato per niente.
È un vero peccato. Buon quel che vi pare poteva darci molto di più.
Perciò nonostante avessimo bisogno di una serie tv natalizia, non avevamo assolutamente bisogno di questa. Chissà, magari l’anno prossimo faranno di meglio dato che gira voce circa un suo probabile rinnovo. Immagino che non ci resti che aspettare.