3) Il racconto della morte della figlia
A più riprese citato nel 1995 (prima con Maggie e poi con Marty), noi spettatori siamo messi al corrente dell’orrido evento quando gli eventi si svolgono nel 2012, in particolare durante l’interrogatorio. La dinamica dell’incidente, comunque poco chiara, non è l’aspetto più rilevante: che l’evento in sè possa essere stato il motivo della dipendenza dall’alcol, oltre che della separazione dalla moglie, sono ipotesi logiche e legittime. Quello però su cui bisogna riflettere è la conclusione a cui è giunto Rust al riguardo: forse, dice, è meglio così; forse mia figlia è stata fortunata ad andarsene senza soffrire, senza assistere e partecipare alla spregevole vita che l’uomo conduce sulla Terra. Le è stato risparmiato tutto questo.
4) Il pessimismo cosmico
Il primo vero confronto, in macchina, fra Rust Cohle e Marty Hart è tagliente, netto, intrigante come pochi altri momenti di televisione; non perchè ci sia uno scambio di opinioni basato su argomentazioni teoreticamente irraggiungibili da chi ascolta, ma semplicemente perchè le idee di Rust sono talmente sconvolgenti da lasciare Marty a bocca aperta e, inoltre, molto irritato. In sintesi, Rust sostiene che l’evoluzione umana va da anni contro le leggi della natura: “Siamo creature che non dovrebbero neanche esistere”; la soluzione a questo problema sarebbe smettere di riprodursi, e procedere “tutti insieme verso l’estinzione”. Quando Marty gli fa notare che secondo questo ragionamento, non avrebbe senso neanche svegliarsi la mattina: infatti – dice Rust – sono ancora vivo solo perchè non ho la tempra necessaria per suicidarmi.
Dunque, il pessimismo di Rust Cohle sfiora con delicatezza l’ultima fase del pessimismo leopardiano, quello cosmico, durante la quale il poeta era giunto alla conclusione che l’infelicità dell’uomo non fosse attribuibile alla sua condizione individuale (prima fase), o ad un periodo preciso storico (i primitivi vivevano realmente la felicità, i suoi contemporanei si illudevano di viverla), ma alla sua essenza di essere finito, per natura condannato all’infelicità.
Rust, dunque, sembra essersi arreso: ma vedremo non è precisamente così.