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True Detective – L’insegnamento di Rust Cohle

Matthew Mcconaughey
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Mi sono approcciata a True Detective con le voci dei miei consiglieri che mi sussurravano che non l’avrei gradita e apprezzata. Mi parlavano di un capolavoro, di otto puntate rasenti la perfezione per trama, personaggi e ampiezza dei temi trattati. Mi dicevano ‘forse non è il tuo genere, ma provaci perché ne vale la pena’. Oggi, dopo un paio di settimane in cui ho potuto elaborare il tutto, sono pronta a scriverne.

Parlare di True Detective non è semplice. Dopo che l’hai vista ti puoi solo sentire svuotato di tutte le parole che useresti per descriverla. E’ come se non ci fosse nulla in più da dire perché sta tutto lì. Mentre butto giù queste righe mi sento quasi in colpa per il rischio di aver dato un’interpretazione sottile che è l’1% di quello che potresti imparare da Rust e Marty.

Vorrei dedicare questo articolo al finale, in particolare alla lieve morale che il detective Cohle ci regala negli ultimi minuti.

-Sai Marty sono stato sveglio in quella stanza a guardare fuori dalla finestra ogni notte e alla fine c’è solo una storia, la più antica.
-Quale?
-La luce contro l’oscurità.
-Ecco. So che non siamo in Alaska, ma a me sembra che l’oscurità abbia molto più spazio
-Già. Sembrerebbe così. […] Credo che ti sbagli sul cielo stellato. Una volta c’era solo oscurità. Adesso la luce sta vincendo.

true detective rust
Vorrei dedicare questo articolo all’insegnamento di Rust Cohle, alla differenza che un uomo può fare se ci tiene davvero, alla convinzione che le stelle possono sconfiggere la notte.

Chi è Rust Cohle? E’ un uomo come tanti. E’ un passato travagliato, un trauma da cui non ci si può riprendere. E’ una persona che ha un talento e che ha capito come impiegarlo. Un ‘stoik chevolek’, cioè un ‘uomo tutto d’un pezzo’ citando Il Ponte delle Spie di Spielberg.

Il dolore non è eliminabile dalle nostre vite. I problemi non sono oscurabili. I pianti e le sofferenze di ragazzini non sono ignorabili. Le sparizioni in Louisiana non sono dimenticabili.

La verità è questa: Rust Cohle ha la possibilità di scavare un tunnel per la verità. Egli può fare bene il suo lavoro, può combattere per quello in cui crede. Non si arrende al suo dolore personale, ma cerca di trasformarlo in una fonte di energia per grattare via il male dalle superfici rovinate di una civiltà corrotta e indifferente.

E’ ciò che può accadere anche a ciascuno di noi. Una battaglia, personale o collettiva, che a un certo punto si interrompe. La visuale è bloccata perchè davanti a te si erge un solido muro apparentemente impossibile da attraversare. Per Rust questa fortezza è rappresentata dal rifiuto dei superiori nel proseguimento delle indagini, dal disinteresse altrui per un problema reale e silenzioso.

E’ proprio in quel momento che le persone hanno il libero arbitrio. E’ in quel momento che hanno la possibilità di fare la differenza.

Le opzioni sono due. Il ripiego e la lotta. Puoi scegliere di voltarti indietro, di pensare di aver fatto la tua parte. Puoi girarti, sospirare e cambiare strada. Non è sbagliato: la volpe non erra quando decide che l’uva è troppo in alto. Semplicemente trova il modo di proseguire e di sopravvivere non curante della bontà di quel chicco. Oppure puoi licenziarti dal posto di lavoro che non rappresenta più l’ideale per cui sei arrivato fin lì, puoi preparare una scala, puoi armarti di tutto il tuo dolore e detonare il muro davanti a te.

Questo fa Rust Cohle. Non ha nulla se non se stesso, il suo talento e, come ultima risorsa, la consapevolezza di non potercela fare da solo. Contro ogni previsione, riesce a fare la differenza. Perché? Perché non ha voluto arrendersi e perché ha riconosciuto che ogni battaglia vinta contro il male è comunque una battaglia vinta. Non importa che ce ne siano altri dieci o quindici, o migliaia.

Una volta c’era solo oscurità. Adesso la luce sta vincendo.

True Detective

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