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True Detective 3×06 – A tentoni nelle tenebre dei ricordi perduti

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La guerra mi ha insegnato che la vita è adesso. Il dopo è adesso“. È questa una delle prime frasi di Hunters in the Dark, sesto episodio della terza stagione di True Detective, che Hays nel 1980 riferisce alla futura moglie Amelia. La puntata, senza dubbio la più rivelatrice fino a questo momento, inizia a separare sempre più nettamente i piani narrativi. Il pubblico infatti comincia a saperne di più dei detective che, invece, brancolano nel buio. Per Hays è il buio dei ricordi perduti, per West il buio della solitudine.

Attenzione: seguono spoiler per la 3×06 di True Detective.

Come già sappiamo, nel 1980 il caso Purcell viene di fatto archiviato con l’inizio del processo in absentia nei confronti di Brett Woodard, accusato di omicidio di entrambi i bambini (nonostante, come è noto, Julie non fosse stata ritrovata). La reazione di Wayne è rabbiosa: percepisce che la fretta e la superficialità sono frutto di un’operazione politica che permetta al Procuratore Distrettuale e al suo Sostituto di dare alla popolazione un colpevole.

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La riapertura del caso nel 1990 aveva permesso di evidenziare (come sottolineato nello scorso episodio) che le prove trovate a casa di Woodard (zaino di Will e giacchetta di Julie) fossero state piazzate dopo la morte del Nativo Americano nella sparatoria. E chi aveva trovato queste prove schiaccianti? L’allora agente di polizia James Harris. È attorno a questa figura che si snoda lo sviluppo determinante della storia.

Nel 1981, infatti, l’agente aveva ricevuto un posto di lavoro come responsabile della sicurezza nella Hoyt Foods, l’ex azienda di Lucy, la madre dei bambini. Interrogato dai due detective nel 1990, l’uomo non sembra in grado di chiarire quale sia precisamente il suo ruolo e da cosa sia giustificato il suo lauto stipendio. Sappiamo, dalle rivelazioni di Elisa durante le riprese del documentario nel 2015, che Harris era sparito proprio nel 1990, senza lasciare traccia. Come Tom, il (presunto) padre dei bambini. E come Dan O’Brien, il cugino di Lucy.

Ma andiamo con ordine.

Sembra ormai lecito ritenere che gli uomini oscuri dietro la sparizione di Julie (e forse anche dietro l’omicidio di Will) siano alcuni membri della famiglia Hoyt. Ci erano state date delle spie già nelle puntate precedenti e i due detective interrogarono, nel 1980, proprio il capo dell’industria della Hoyt Foods per il citato collegamento con Lucy: nella casa dei Purcell, infatti, Wayne aveva trovato delle buste della Hoyt in cui c’erano bigliettini che i bambini apparentemente si scambiavano attraverso il buco presente tra le due stanze. Un riferimento alla Hoyt Foods è fatto anche dall’anziano Wayne, quando ripercorre le tappe del caso nella seconda indagine del 1990 con West, presso la residenza di quest’ultimo: Wayne afferma che il signor Hoyt sapeva cosa avevano fatto i due detective e riferisce che morì qualche anno dopo quella conversazione con lui, rimasta sempre segreta.

Ed è proprio con la Hoyt che si collega Dan O’Brien. Il cugino di Lucy, infatti, propone a Hays e West delle informazioni in cambio di 7000 dollari. Informazioni che, quasi sicuramente, non riuscirà mai a riferire. Viene, infatti, rapito da Tom, ed è a quest’ultimo che rivela il nome di coloro che hanno protetto Lucy e le hanno permesso di vivere fino al 1988 (anno in cui è morta o è stata fatta morire). Ma soprattutto il nome di coloro che sono alla ricerca di Julie. Il finale di puntata mostra Tom recarsi nella residenza Hoyt (quindi è proprio quello il nome confessato da O’Brien), entrare in una stanza rosa in cui presumibilmente ci sono immagini della figlia e venire infine sorpreso alle spalle proprio dal capo della sicurezza, Harris.

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Vi suona familiare la stanza rosa?

Una principessa nelle stanze rosa“. È così che sembra si sia espressa Julie con alcune sue compagne dell’istituto religioso per donne maltrattate, pochi mesi prima della sua ricomparsa. E le stesse parole aveva riferito un ragazzo di strada che, nell’episodio precedente, aveva affermato di aver riconosciuto Julie nel video del supermercato. Forse la bambina rapita era stata tenuta in quelle stanze? La famiglia Hoyt è una famiglia di pedofili? Quindi l’omicidio di Will è stato un incidente o era nel piano?

Domanda a cui possiamo solo ipotizzare delle risposte. In quest’ottica, infatti, rimangono poco chiari ancora due aspetti: il quadro familiare dei Purcell (per il quale rimando a questo articolo) e il ruolo dell’uomo nero con l’occhio cieco nella berlina marrone. È abbastanza evidente, al momento, che Lucy fosse in qualche modo coinvolta nel rapimento della figlia, o che lo sia stata successivamente. Perchè gli Hoyt avrebbero dovuto pagarle da vivere? Sembra quasi il frutto di un accordo. In ogni caso, O’Brien fa capire che sua cugina sia stata assassinata, o sia stata indotta al suicidio.

Quello che sembra veramente estraneo è Tom. Nonostante le parole di disconoscimento arrivate da Julie nella puntata precedente, pare che l’uomo navighi nel buio tanto quanto i due detective. Il finale di puntata, come detto, sembra preannunciare la sua morte. Eppure gli indizi nel 1990 cominciavano a indicarlo come un sospettato. Iniziava infatti a emergere la sua omosessualità (elemento che mette ancora più in dubbio la sua paternità), l’alibi per la sera del 7 novembre 1980 non era più tanto forte. Ma niente di concreto. Anzi, sempre più vittima.

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L’altro discorso che True Detective lascia momentaneamente in sospeso è quello relativo alla berlina marrone, l’uomo nero con l’occhio cieco e la donna bianca.

Finalmente, infatti, vediamo un uomo nero perfettamente corrispondente alla descrizione, che raggiunge nel 1990 Amelia alla presentazione del libro sul caso Purcell, ed è fortemente interessato a sapere se la donna abbia notizie su Julie. Poi, ironia della sorte, le rimprovera le stesse cose di cui la biasima il marito: approfittare delle tragedie per costruire il suo successo. Ma la domanda è: l’uomo è legato agli Hoyt (magari una specie di scagnozzo) oppure rappresenta un filone separato ed è responsabile dell’omicidio di Will? È squisitamente difficile da comprendere, e il modo in cui Pizzolatto ci sta consegnando gli indizi è magistrale.

True Detective, tuttavia, ci lascia con un interrogativo ancora più grande: come faranno i due anziani detective a risolvere il caso?

Nel 2015, a casa di Wayne, quest’ultimo dimentica completamente che West fosse a casa sua nel giro di 10 minuti: è sorpreso di vederlo, nonostante ci abbia parlato fino a pochi minuti prima. Quello che avviene da Wayne è l’ennesima spia del fatto che l’anziano detective non è un narratore affidabile. Come stiamo sottolineando fin dall’inizio, infatti, la realtà che vede è alterata dalla sua condizione psichica, e conseguentemente ciò che arriva a noi spettatori va preso con le pinze. Nelle scorse puntate lo abbiamo visto preoccupato dalla presenza di una macchina fuori da casa sua, veicolo che noi spettatori abbiamo effettivamente notato. Quando chiede a West di controllare se la macchina ci sia, l’amico gli risponde negativamente. Cosa significa? Il suo modo di vedere le cose ha alterato anche la nostra realtà? E se così fosse, abbiamo a volte visto cose che in realtà non ci sono?

Non stiamo più nella pelle per capire dove questa intricata storia voglia effettivamente portarci.

True Detective 3 – Recensione dei primi due episodi