Il seguente articolo contiene SPOILER sulla puntata 4×03 di True Detective.
Dopo due episodi in crescendo in termini di tensione narrativa, True Detective aveva bisogno di un giro di boa che appianasse i toni e si concentrasse un po’ su quello che c’è da sapere, su tutto quello che c’è da sapere su Ennis e sui mille misteri che la gelida cittadina dell’Alaska nasconde: a Ennis sembra sempre di essere sul punto dello scoppio di una guerra, la tensione è palpabile tra i volti degli abitanti, schierati tra nativi e non, ma questi dissidi hanno un’origine decisamente più profonda, ancora tutta da decifrare; nell’episodio 4×03 di True Detective ad appianarsi è anche il carattere delle due protagoniste, le detective Angie Navarro e Liz Danvers, che di fronte a un caso sempre più complesso e oscuro lasciano emergere il proprio lato più umano, mettendo da parte qualsiasi contrasto e ritrovando una certa coesione, un’alchimia che fino allo scorso episodio sembrava impossibile da raggiungere. La nostra recensione.
Nella 4×03 di True Detective, le protagoniste Angie Navarro e Liz Danvers mettono da parte i propri problemi personali e decidono di unire le forze per arrivare fino in fondo al caso più complesso della loro stessa carriera.
La narrazione che viene fatta nell’episodio 4×03 di True Detective, riguardo il motivo per cui le detective Danvers e Navarro smisero di collaborare in passato è a prova di fraintendimenti: anni prima si occuparono di un caso di femminicidio/suicidio in cui William Willer, un uomo violento e pluripregiudicato che entrambe avevano tentato di fermare in tempo e le cui azioni erano ben note tra gli abitanti della città, finì per uccidere la sua fidanzata del tempo, una ragazza di soli diciotto anni notoriamente vittima di abusi da parte sua; Danvers e Navarro decisero all’unisono di tacere sulla verità, e lo stesso hanno deciso di fare gli autori di True Detective: nel flashback evocato dal racconto che la Danvers fa a Pete Prior, infatti, l’uomo è ancora vivo e aspetta l’arrivo delle due detective, come per volersi prendere gioco di loro un’ultima volta prima di finire in galera; una delle due ha però deciso di premere il grilletto, di sostituirsi alla legge e decidere da sé quale fosse il destino più indicato per quell’uomo. Non sappiamo chi tra Angie Navarro e Liz Danvers abbia compiuto tale gesto, lo scopriremo più avanti probabilmente, ma la cosa più importante che emerge da questa storia è che le due hanno sempre avuto un segreto condiviso, un punto in comune mai risolto, lasciato sospeso per aria come il racconto visivo dell’episodio stesso, che ci fa intendere tutto questo senza mostrarcelo direttamente.
Vediamo anche un altro lato delle due protagoniste in questa 4×03 di True Detective, un lato meno sicuro, meno distaccato, sicuramente più umano: Liz Danvers, letteralmente in una vita passata, è stata una madre amorevole e premurosa, e lo dimostra improvvisando un racconto sugli unicorni alla piccola figlia di una vecchia conoscenza di Annie, Susan, la parrucchiera della vittima interrogata da Navarro; quest’ultima, invece non batte ciglio: la rabbia che arde dentro di lei è sempre più visibile, ma su quella sconfinata distesa di ghiaccio anche Angie Navarro sembra un minuscolo puntino isolato, e sul suo volto si intravede un’ombra di seria preoccupazione, dapprima quando perde i sensi e comincia ad avere delle strane visioni che suggeriscono a noi spettatori il suo diretto coinvolgimento all’interno della maledizione che sta contaminando Ennis, ma soprattutto sul finale di puntata, quando rimasta sola con l’unico sopravvissuto, il dottor Anders Lund, ormai devastato dalla cancrena, si rende conto che il caso a cui sta lavorando non è solo la storia mai conclusa di Annie, anzi, è la storia di Ennis, la sua, quella della sua gente, e lei ne è la assoluta protagonista. Le visioni di Angie hanno un ruolo fondamentale sia per il pubblico che per la diretta interessata, nel cui sguardo si legge un senso di déjà vu più che di sorpresa: è sua madre a voler comunicare con lei dall’oltretomba, ed è così che Angie comprende che forse i discorsi di Rose Aguineau non erano poi così tanto assurdi.
All’interno della trama c’è un elemento di natura sociale, di appartenenza, elemento che continua a faticare a emergere definitivamente, ma che sarà la chiave per la conclusione del caso.
Ennis non nasconde soltanto misteri legati alla sfera esoterica; come tante altre città d’America, anche il piccolo centro abitato dell’Alaska ha i suoi scheletri nell’armadio: rapine, violenze e omicidi non sono di certo nuovi in questi luoghi, e se da una parte c’è presumibilmente un folle omicida in fuga, dall’altra ci sono trafficanti e criminali che agiscono indisturbati, ma anche nativi ribelli che si riuniscono, si isolano e fanno forza comune per prepararsi a una rivolta, forse, o solamente per farsi trovare pronti nel caso in cui si profilasse un nuovo caso come quello di Annie Kowtok, caso da cui non si sono mai ripresi del tutto. Un’altra realtà molto indicativa emersa nell’episodio 4×03 di True Detective è rappresentata dalla comunità in cui vive Oliver Tagaq, ex ricercatore della stazione scientifica Tsalal che ha ormai cambiato vita, forse mosso dal senso del dovere nei confronti della propria comunità: anche Tagaq è un nativo, e il suo coinvolgimento emotivo nell’apprendere della morte dei propri ex colleghi ci fa intuire che questi sia ben consapevole di ciò che può averli uccisi; Tagaq dimostra una certa diffidenza nei confronti della detective Danvers, mentre parla ad Angie in modo più diretto, nonostante mantenga le distanze da ruolo che rappresenta: è ormai chiaro che la popolazione discendente dalle tribù di nativi di Ennis abbia più di un motivo per odiare il resto degli abitanti della città, oltre che la miniera e tutto ciò che questa rappresenta anche da un punto di vista simbolico, come è sempre più chiaro che nemmeno loro, tuttavia, siano realmente in grado di fermare ciò che sta per accadere.
Il resto della popolazione è rappresentato da personaggi squallidi e chiacchierati, come gli scienziati probabilmente, ma anche come il misogino agente Hank Prior: in questo senso, la quarta stagione di True Detective sembra voler rappresentare una miniatura della società attuale, in cui il caos regna sovrano grazie proprio ai dissidi di natura etnica e culturale che lasciano il tempo che trovano e rischiano di far passare in secondo piano il problema maggiore, in questo caso rappresentato dal volere divino, sovrumano, che sta per abbattersi su Ennis con una forza inimmaginabile, così come ha fatto sui poveri scienziati, morti di paura, non di certo assiderati.