Il seguente articolo contiene SPOILER sull’episodio 4×06 di True Detective. Puoi recuperare la puntata qui, alla pagina dedicata su NOW.
La quarta stagione di True Detective si è conclusa, e lo ha fatto con un finale inaspettato, decisamente degno del buon nome della serie. L’episodio 4×06 di True Detective ci ha raccontato la vera essenza di questo quarto capitolo, il suo reale intento narrativo. Le storie personali delle due protagoniste, Evangeline Navarro e Liz Danvers sono finalmente emerse. Loro che, fino a questo momento, erano rimaste nella penombra insieme all’intricato caso della stazione Tsalal. La città di Ennis ora è libera dalla maledizione che la perseguitava, e lo è grazie a chi l’ha difesa fin dal principio, credendo in una causa che sembrava persa. Tra tutte le stagioni di True Detective, questa è stata probabilmente la meno avvincente in termini di suspence e intensità drammatica. Ma è proprio il finale ad aver dimostrato che la stagione puntava a tutt’altro.
Issa López ha cambiato le regole del gioco, raccontando una storia attuale e di pregiata fattura e profondità. L’unico “demerito” è legato al fatto che più che a una serie, il pubblico ha assistito a un vero e proprio film lungo sei episodi. Ma approfondiamo meglio: ecco a voi la nostra recensione.
Siqiññaatchiaq è il nome iñupiat di Angie Navarro, ma è anche la morale alla fine di un viaggio tra le gelide terre dell’Alaska.
Siqiññaatchiaq, in lingua iñupiat, significa “il ritorno del sole dopo la grande oscurità”, come svela la 4×06 di True Detective. È così che Angie Navarro scopre di essere sempre stata al centro di tutto. Proprio così la detective può finalmente riallacciarsi alle proprie radici. Tutte quelle visioni macabre, le voci e le presenze che Angie percepiva non erano altro che un richiamo da parte della sua terra. Della sua gente. La detective Navarro è stata l’anima silenziosa di True Detective 4. Il suo viaggio all’interno della serie ha un valore spirituale che simboleggia l’intento narrativo di questa stagione.
È ed è sempre stata, la voce di quelli che una voce non ce l’avevano, ossia la tribù degli iñupiat. Ennis è una città che sa essere particolarmente ostile con chi non ha cura di lei, ma sa anche dimostrare la propria gratitudine a chi la protegge. Angie Navarro non si è mai sentita a casa, e probabilmente è destinata a non trovare mai il suo posto nel mondo. Eppure ora è consapevole che qui sarà sempre al sicuro, perché le ragazze dell’Alaska tornano sempre (qui la nostra recensione dell’episodio che meglio esprime questo concetto).
Dal canto suo, Liz Denvers è il personaggio che ha affrontato il percorso più ripido, riuscendo in una trasformazione per nulla scontata.
Holden è il nome del figlio di Liz Danvers, morto in un tragico incidente che la donna non ha mai superato. È difficile stabilire un prima e un dopo, soprattutto in seguito a eventi come quello capitato a Liz. Ma nei flashback scatenati dalla visione di Holden sotto il ghiaccio, gli occhi della detective hanno parlato. Gli sguardi ci hanno raccontato una madre entusiasta, capace di emozionarsi per le piccole cose. Una donna che per tutta questa stagione non avevamo ancora mai incontrato.
E, invece, nella 4×06 di True Detective abbiamo finalmente conosciuto la versione migliore di lei. Sia nel ricordo di suo figlio, sia in seguito alla risoluzione del caso. Liz Danvers ha vissuto per tutto questo tempo con un peso dentro di sé, un macigno che non le dava la possibilità di ragionare lucidamente per quel che riguarda la propria vita personale, e che l’aveva isolata da tutti nella sua professione. Ma ora Liz è più leggera. La protagonista ha finalmente indossato il sorriso che aveva smarrito. Sia di fronte agli agenti che la interrogavano sul caso, sia in compagnia di sua figlia Leah.
L’episodio 4×06 di True Detective racconta un finale inaspettato e impronosticabile. Un finale che racchiude in sé un valore simbolico di una profondità spiazzante.
Come nel più classico dei gialli, il colpevole è sempre stato in casa, sotto il naso di chi cercava, come conferma la 4×06 di True Detective. Ma ora che Liz Danvers e Angie Navarro hanno capito chi sia stato a causare la morte degli scienziati della Tsalal, tutto ciò non ha più importanza. L’escamotage narrativo è ricco di significato (com’è profonda la metafora che rappresenta la lunga notte in Night Country, come abbiamo spiegato qui). Non c’è alcuna questione personale tra le vittime e le donne di Ennis, un gruppo di amazzoni che hanno deciso di attuare la propria vendetta personale in nome della dignità un intero popolo, stufo dei continui abusi subiti.
Lo stesso significato lo ha anche l’omicidio di Annie Kowtok, avvenuto per mano degli stessi scienziati della Tsalal. Quella della quarta stagione di True Detective è sempre stata la storia dell’uomo, essere notoriamente autodistruttivo, in perenne conflitto con se stesso. Raymond Clark, invece, è l’anello di congiunzione tra la follia autodistruttiva e quel che resta di una moralità divorata dal senso di colpa.
Qualche rimpianto in questa quarta stagione c’è. Ma la scrittura e il tempo hanno dato ragione a Issa Lopez e a HBO.
Più di qualche rimpianto, a essere onesti, perché dopo la fine dell’episodio 4×06 di True Detective restano aperti tanti dubbi. Ci sono molti personaggi che non hanno trovato il giusto spazio per esprimersi. A partire da Peter Prior, eroe silenzioso e protagonista di una delle sotto trame più drammatiche della stagione. Così come Oliver Tagaq (qui avevamo elaborato una teoria sul personaggio). Ma anche i vertici della Silver Sky. Tutte pedine appena intraviste, volutamente tenute nell’ombra. True Detective 4 ha fatto una scelta ben precisa e l’ha portata avanti con fierezza fino alla fine: ciò a cui abbiamo assistito non è una serie, strutturalmente parlando, bensì un film straordinario lungo sei puntate.
Un film profondo e ricco di sfumature e citazioni alla stessa magnifica opera che è True Detective. Un viaggio in prima classe in un posto privilegiato, attraverso le splendide lande ghiacciate dell’Alaska, una terra unica che nasconde una tradizione antica quanto il mondo, e che con questa storia ci ha ricordato di quanto l’essere umano sia fortunato, nonostante le mille fragilità del suo animo.