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Come Carcosa e Il Re in Giallo ci aiutano a capire True Detective

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Il Re in Giallo fa parte degli pseudobiblia. Uno pseudobiblion (o pseudobiblium) è un’opera letteraria fittizia, ma alla quale si fa riferimento, trattandola come opera effettiva. Una sospensione di giudizio votata alla produzione letteraria. Un esempio lampante è la famosa Guida Galattica per gli Autostoppisti. Certo, il celebre libro di Adams esiste, ma la fantomatica guida no.

E un altro esempio di pseudobiblion è il Necronomicon di H.P. Lovecraft, attribuito dallo stesso come ritrovato frutto della follia dell’arabo dell’VIII secolo Abdul Alhazred. Per darvi un’idea della serietà nella costruzione di verità intorno a queste opere fittizie, vengono anche riportate le diverse fasi di traduzione del libro.
E a tanti altri autori e appassionati di letteratura questa sorta di gioco è piaciuto, per quanto possa sembrare un gioco che accarezzi la follia
(sono state redatte liste fittizie delle scarse copie a disposizione, costruite testimonianze sui suoi contenuti e materiali, persino dubitato la dichiarata falsità dell’opera da parte di Lovecraft).

Quello che questo tipo di fenomeni esplica è la naturale tendenza umana a creare il mito.  Ed è esattamente uno di quei processi datori di senso contro i quali si scaglia Rustin Cohle.
Il lavoro di Rust, la sua investigazione, è in parte anche la ricerca interiore di un punto di comunicabilità, ove il mito possa essere superato, ma l’umano non del tutto sminuito.

E se da un lato Il Re in Giallo è stato d’ispirazione a Lovecraft e copre il suo ruolo in una delle storie principali che compongono i Miti di Cthulhu, Rust ha anche molto a che vedere con la filosofia Lovecraftiana, dalla sua versione di ereditarietà della colpa, espressa nella caparbia procreazione dell’uomo, al suo pessimismo cosmico.
C’è anche l’importanza data all’ambito dell’onirico. Rust, l’uomo delle visioni, l’uomo che dopotutto in Carcosa vuole crederci anche lui.

Il male in Lovecraft, come il male ricercato nel culto di Carcosa e del Re in Giallo, è un male che sfugge all’umanità. “Se i bambini fossero messi al mondo solo da un atto di pura ragione, il genere umano continuerebbe ad esistere? Non proveremmo piuttosto così tanta compassione verso la generazione futura da risparmiarle il peso dell’esistenza?”

L’unico modo di fare del bene per Cohle è attraverso la maschera dell’isolamento, e infine dell’estinzione.

Ma anche questo è una sorta di mito. Come dice Marty: “Non uso paroloni come te, ma per essere uno che non vede un significato nell’esistenza, ti ci arrovelli sopra molto.”
Sarà anche vero che l’oscurità si addice a Cohle, ma il suo caso resterà irrisolto finché non accetterà lo spiraglio di luce.

Il primo riferimento a Carcosa sembra essere universalmente riconosciuto come il racconto di Ambrose Bierce, An Inhabitant of Carcosa (Un cittadino di Carcosa), pubblicato nel 1886.
È una storia amara e curiosa quella di Bierce. Ma la criptica citazione che introduce questo corto e misterioso racconto apre uno squarcio significativo sulla filosofia di True Detective. La citazione appartiene a un altro pseudobiblion, The Secret Book of Hali:

“Poichè esistono diversi tipi di morte- alcune in cui il corpo rimane; e in alcune svanisce insieme allo spirito. Questo di solito avviene solo nella solitudine […] e, non vedendo la fine, diciamo che l’uomo si è perso, o è partito per un lungo viaggio […]. In un tipo di morte, […] lo spirito muore, e questo può accadere mentre il corpo rimane vigoroso per molti anni. A volte, come è veridicamente attestato, lo spirito muore con il corpo, ma dopo un certo tempo è sorto nuovamente in quel luogo in cui il corpo si è decomposto.”

Morti del corpo, morti dell’anima, e morti che non sono definitive. Riflettendo sul significato di queste parole, cercando di pervenire al loro significato più profondo, di scoprire l’ultima verità, il protagonista del racconto si smarrisce nel suo errare, riscoprendosi in una landa desolata. È una terra alla fine del tempo, solo il ricordo dei monumenti ai morti e alla grandezza del passato permane. Il tempo ha livellato tutto.
Il protagonista ricorda di essere stato costretto a letto a causa della febbre alta e si domanda come sia arrivato da Carcosa a questo luogo che sembra appartenere più ai morti che ai vivi. Se questo vi da l’idea di un altro che si è perso nel mezzo del cammin della sua vita, aspettate a scoprire che il nostro cittadino di Carcosa si ritrova a interfacciarsi con una lince, spesso vista come riferimento della lonza dantesca.

Dopo un breve incontro segnato dall’incomunicabilità con quello che sembra un uomo delle caverne e aver visto un gufo, il misterioso protagonista fa una considerazione che sembra un chiaro rimando alla serie. Dice:

“In tutto questo- la lince, l’uomo con la torcia, il gufo- c’era la sensazione della notte. Eppure vedevo- vedevo anche le stelle in assenza di oscurità. Vedevo, ma evidentemente non ero visto, né udito”.

“The long bright dark” è il titolo del primo episodio di True Detective. La lunga luminosa oscurità. Un confluire ossimorico dell’oscurità eterna che sembra percepire Rust e la vittoria della luce che ammette alla fine del suo percorso nella Serie.

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Alla fine del racconto, il cittadino di Carcosa trova ai piedi di un albero la sua tomba. Viene così sorpreso dall’alba, e riconosce nelle rovine che lo circondano quelle di Carcosa, improvvisamente “antica”. In compenso, ha trovato il suo “luogo e nome”.

Il confronto con la morte fra le radici di un poderoso albero porta il protagonista ad accettare se stesso, e che la sua mitica destinazione è una rovina.

Così, la costruzione mitologica ed esoterica di Carcosa e del Re in Giallo crolla sul terreno del concreto, su una mostruosità tutta umana, sull’orrore del quotidiano. È un orrore interno.

Il finale di True Detective può apparire a tratti troppo ottimista, quasi sdolcinato. Ma acquisisce senso se teniamo a mente l’importanza dell’investigazione e risoluzione di un conflitto interno, oltre quello esterno. Il cinismo e la misantropia di Cohle sono anch’essi in parte miti ancorati al suo dolore. E il confronto iniziale con la morte fra le radici di un grande albero, come nel racconto di Carcosa, da un lato istigano il confronto con i tipi di morte interiore e con chi siamo, dall’altro spingono infine a riconoscere che il mito è in rovina.

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Siamo stati tutti un po’ trascinati verso Carcosa in questa serie. Abbiamo voluto credere un po’ tutti di poterla ritrovare, di poterci trovare la risoluzione, la verità, forse noi stessi.
La congiunzione con la realtà del finale è l’abbandono del desiderio della visione mitica.

A un certo punto durante lo scontro finale, Errol intima a Rust di rimuovere la sua maschera, in richiamo a Il Re in GialloE questa volta la maschera viene giù. Rust risale infine a riveder le stelle: Il suo vero caso è risolto, l’oscurità interiore sta lasciando spazio alla luce.

Leggi anche – True Detective: l’insegnamento di Rust Cohle

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