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True Detective e Fargo: quando il problema della stagione 2 è solo quello di arrivare dopo un capolavoro

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I fratelli minori avranno sempre un problema: sono arrivati dopo il primo. Non importa se il paragone sarà in favore oppure a sfavore: nessuno scampa al confronto. Così, quando sono state annunciate le seconde stagioni di True Detective e di Fargo (ma in fondo è quello che succede quando un nuovo capitolo di una serie tv antologica viene aperto), la domanda, più o meno velata, è sempre la stessa: la seconda sarà all’altezza della prima? “Il secondo album è sempre il più difficile”, cantava Caparezza per sbeffeggiare luoghi comuni e dicerie. Forse sarà stato il pregiudizio radicato in noi, le aspettative erano troppo alte oppure stiamo diventando davvero sempre più incontentabili. Sta di fatto che la seconda fatica di entrambe le serie antologiche ha lasciato perplessa la stragrande maggioranza del pubblico e della critica. Mentre il confronto per Fargo 2 è stato sicuramente meno impietoso e, ad ogni modo, la serie è andata avanti incurante delle critiche, True Detective 2 è stata massacrata senza pietà. Eppure a giudicare dalle parole scritte nelle recensioni più o meno autorevoli è possibile leggere tante lodi mascherate da critiche negative. Che la secondogenita di Nic Pizzolatto abbia ricevuto una condanna sproporzionata rispetto alle colpe, è ormai scontato. Così come ci eravamo già chiesti se la seconda stagione di Fargo fosse davvero tanto inferiore alla prima? La risposta, in cuor nostro, ce l’abbiamo: entrambe sono qualitativamente ineccepibili. Quello che non capiamo è piuttosto cosa avranno mai fatto di sbagliato le secondogenite di True Detective e di Fargo per meritare tanta acredine. Cerchiamo di capirlo insieme.

Le seconde stagioni di True Detective e di Fargo sono bellissime, ma…

Colin Farrell e Rachel McAdams
Colin Farrell e Rachel McAdams

“La seconda stagione di True Detective si distingue come un solido dramma poliziesco, con momenti memorabili e relazioni risonanti che superano i prevedibili colpi di scena.”

Così Rotten Tomatoes valuta il capitolo con Colin Farrell e Rachel McAdams. Parole che incoraggerebbero chiunque a tuffarsi a capofitto nei nuovi otto episodi. Eppure lo score dell’aggregatore indica il contrario. Cioè un gradimento del 62% da parte della critica contro un 46% del pubblico, accompagnato da un misero cestino capovolto di popcorn smangiucchiate. Ricordiamo che il gradimento per il primo capitolo sfiorava il 100% del pubblico e un ottimo della critica. Dopo la grande accoglienza del capitolo con Matthew McConaughey e Woody Harrelson, un esordio definito all’unanimità come un “capolavoro”, chiunque si è lanciato a smontare ogni tassello del nuovo mosaico, portando così alla luce le varie lacune. A quanto pare, ai più, la trama risultava incomprensibile; la rappresentazione delle figure femminili sembrava oltraggiosa e i baffi di Colin Farrell sono diventati ben presto oggetto di scerno e derisione.

Rachel McAdams, True Detective, HBO
Rachel McAdams, True Detective, HBO

Mentre il fronte dei giudici severissimi faceva a pezzi la seconda fatica di Nic Pizzolatto, nasceva un altro esercito, quello degli apologeti. Riuniti sotto la bandiera del: “ecco perché la seconda stagione di True Detective non è da buttare via” . L’11 agosto 2015, il Guardian titolava: “Elogio di … True Detective, seconda stagione”, un articolo dove venivano messi in luce le cose che hanno funzionato davvero bene. Tra queste, il giornalista indicava l’aver dipinto un quadro realistico di disuguaglianza e abbandono; i personaggi femminili stratificati; le riprese aeree; i toni soffocanti della narrazione e ovviamente le interpretazioni di Rachel McAdams e Colin Farrell.

Allo stesso modo, il New York Times scriveva: “La seconda stagione di True Detective non è stata così male come pensi. Ecco perché.” Anche in questo articolo emergevano i punti forte della stagione, che in qualche modo sono gli stessi che hanno reso la prima “un capolavoro”. Le lodi erano sempre a favore del duo di protagonisti, le ambientazioni, i toni cupi e desolanti. In ogni caso, sebbene i criteri per valutare le due opere fossero simili, la valutazione finale appariva sbilanciata sia per True Detective 2 che per Fargo 2. Due pesi e due misure, è il caso di dire. Mentre la prima era un capolavoro nonostante i difetti, la seconda era molto bella e interessante, ma c’era un ma. Anzi c’era sempre un “meh”. Ecco, è quel “meh” che non riusciamo ancora a capire e che alla nostre orecchie suona più o meno come un genitore che rimprovera il secondogenito per i suoi (de)meriti: “sì, è vero che al compito di matematica hai preso 10, ma tuo fratello maggiore a suo tempo aveva preso 10 e lode!” oppure “sì, è vero che hai battuto un nuovo record nella gara d’atletica, ma a suo tempo, tuo fratello maggiore ne aveva battuto già 1 e mezzo”.

True Detective 2
True Detective 2

Sfogliando i vari magazine e testate internazionali, infatti, nelle recensioni positive di entrambe le stagioni 2 è possibile trovare delle lodi trasformate in note di demerito. Siamo certi (purtroppo non possiamo provarlo perché il nostro TARDIS è dal meccanico) che in un universo parallelo in cui non c’è traccia della stagione 1, quelle lodi mascherate da difetti sarebbero bastate per promuovere a pieni voti il capitolo. Tutto quello che viene dopo un “ma” vanifica quanto è stato detto prima, è vero. Tuttavia non possiamo neanche ignorare che prima di quel “ma” siano elencati tanti pregi. Prendiamo, ad esempio, una delle recensioni più aspre, quella della rivista Esquire che titolava: “Perché la stagione 2 di True Detective è fallita”. A tal proposito Stephen Marche scriveva:

La seconda stagione di True Detective è stata una strana combinazione di brillante sovrapproduzione e incompetenza di base. Ciò che AppleMaps è stato per le versioni tecnologiche, questa stagione di True Detective è stato per i programmi televisivi. Eppure ne ho scritto una buona recensione, almeno per i primi tre episodi.

True Detective 2, Esquire Magazine di Stephen Marche

In soldoni, trama crime banale, soluzioni prevedibili e struttura narrativa assente. A metà dell’articolo, dopo un lungo massacro sanguinoso, però possiamo leggere:

Ovviamente un certo senso c’è, anche se non è quello che ti aspetteresti di trovare in uno show del genere. Un senso che è per lo più nascosto dal fatto che tutti quelli che guardavano True Detective si aspettavano uno spettacolo sui detective. La seconda stagione è stata davvero un dramma corale, con trame che si intersecano, sulla natura dell’abbandono paterno. Questo è l’unico modo in cui ha senso.

True Detective 2, Esquire Magazine di Stephen Marche

Queste parole, precedute dai vari “ma” e “meh”, svelano il motivo per cui la seconda stagione è stata, per l’autore, un fallimento. Semplicemente è diversa dalla prima. Ha una struttura corale e anziché concentrarsi “sui detective” affronta problematiche sociali differenti. Nella recensione della prima trapela invece l’entusiasmo di Marche. Secondo il critico: “True Detective dell’HBO dà assuefazione.” Tutto lo ha conquistato, sebbene anche la prima mostrasse diversi difetti:

True Detective è un bravo ragazzo che risolve il crimine. È molto più stereotipato di quello che ci si aspetta dai concorrenti che giovavano per il titolo di “miglior nuova serie tv”. Ciò che mostra True Detective, tuttavia, è che le formule esistono per una ragione. Perché funzionano.”

True Detective 1, Esquire Magazine di Stephen Marche

Per farla breve, caparbi e intransigenti come siamo, abbiamo letto anni e anni di recensioni, dibatti e critiche e, onestamente, non ci abbiamo capito niente. Fargo 2 e True Detecive 2 sono o non sono più brutte delle rispettive stagioni 1? A nostro avviso il confronto è un esercizio sterile. Una serie antologica è, per natura, un contenitore di capitoli che non devono avere né gli stessi personaggi né la stessa struttura narrativa. Dunque con grande rammarico pare proprio che i critici, più o meno autorevoli, si siano fatti a pezzi per niente. Con la spiacevole conseguenza di aver influenzato il giudizio del pubblico! Per dirla come Pat Stacey de The Herald (Ireland), un giornale che è accorso in difesa della seconda stagione di True Detective:

Poi di nuovo, a rischio di essere giudicato male, molti critici televisivi americani (quelli che fanno la maggior parte del cecchinaggio) sono chiacchieroni presuntuosi, specialmente quelli impiegati dai cosiddetti giornali “rispettabili” . Sai, giornali come il New York Times.

Pat Stacey de The Herald (Ireland)
Fargo 2
Fargo 2

Insomma se avete voglia di passare un weekend turbolento, vi suggeriamo di leggere quanto più materiale possibile sulla diatriba che ha investito entrambe le serie tv per cercare di venirne a capo. Noi abbandoniamo la nave, certi che attorno alle due stagioni si sia creato un fenomeno mediatico ingiusto che potremmo chiamare “fenomeno True Detective”. Un fenomeno che colpisce qualunque serie antologia. Non solo Fargo. Per pietà vi risparmiamo le altre citazioni dei vari critici sulla stagione di Noah Hawley perché la situazione, seppur meno violenta, è identica. Nelle recensioni leggiamo che Fargo 2 è un’ottima stagione. Ma c’è sempre quel “ma” che pesa ingiustamente sul suo groppone. Lo stesso fenomeno, in fondo, ha coinvolto Black Mirror, American Crime Story e American Horror Story.

Dopo anni che leggiamo, e scriviamo, recensioni e critiche degli addetti ai lavori e non, permetteteci di dare un consiglio ai produttori: non fate più le serie antologiche. Siamo seri. Fate piuttosto tante miniserie oppure chiamatele “serie limitate”: una sola stagione, massimo dieci puntate, una struttura narrativa, un ensemble di protagonisti, un nuovo titolo. Punto. Perché ormai è chiaro: il problema della stagione 2 è solo quello di arrivare dopo la stagione 1. Soprattutto se il primo capitolo è stato salutato come un capolavoro.