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Cos’è che è andato realmente storto in True Detective – Night Country?

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True Detective, per la sua attesa quarta stagione aggiunge al titolo: Night Country, cioè “il paese della notte” che sarà centrale per tutto l’arco narrativo. Lo show HBO, in onda in Italia su Sky Atlantic a partire dal 15 gennaio 2024, diviso in 6 episodi e trasmesso con cadenza settimanale ogni lunedì, si è concluso il 19 febbraio 2024. Il finale non ha però convinto tutti. Tra i fan meno soddisfatti ci sono state aspre critiche a una serie che aveva però anche degli elementi positivi, tra cui la recitazione. Ha forse però peccato di disattenzione, credendo che mistero e incompiutezza dessero al pubblico una libera interpretazione di un messaggio da leggere tra le righe (qui la recensione del finale di stagione).

È vero che quasi mai True Detective è stata solo la risoluzione di un caso. Anzi il reato, costituito da fattori spesso orridi e spaventosi, sanguinari e raccapriccianti, era un pretesto per raccontare altro. Se nel primo capitolo il focus era su due personaggi che nel loro ambiguo e filosofico rapporto, abbandonavano la ricerca di un colpevole, nel secondo era un male e una discriminazione che non si riusciva a sconfiggere. La terza stagione, concentrandosi anch’essa sui personaggi, giocava su un luogo grigio e spento. Come era la mente del detective protagonista, costituita da ricordi frammentari di un caso che lo aveva segnato per sempre.

Una serie tv che ha fatto la Storia

I temi di True Detective erano quindi sempre legati a una crudeltà estrema dell’animo, ai meandri di una mente contorta e incapace di provare sentimenti e all’innocenza infantile perduta. Ma il senso e il messaggio erano sempre sospesi tra esistenziale e personale e l’impatto visivo era di altissimo livello. True Detective è stata una delle prime serie che ha fatto della trama uno sfondo per raccontare qualcos’altro, puntando il massimo sulla tecnica. In particolare su fotografia e sceneggiatura, seguite da recitazione e regia, facendo dei personaggi e della loro psicologia parte integrante di una storia con solo sei episodi per svilupparsi. La particolarità di True Detective è sempre stata quella di apparire come un film lungo.

La trama poteva infatti facilmente essere condensata in un numero minore di tempo, procedendo così dilatata e maggiormente interessata a coinvolgere il pubblico per i suoi protagonisti, spesso due detective. Personalità complesse, provate da traumi sepolti nel passato e agli albori o alla fine di un rapporto che non sarebbe mai stato solo professionale.

La trama di True Detective – Night Country

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True Detective: scena con Navarro e Danvers

Questi elementi identificativi di uno show che avrà sempre uno share consistente e che mai raggiungerà l’apice del primo capitolo, erano tutti presenti in True Detective: Night Country, ma incompleti, senza la giusta dose di pathos e a volte anche confusi. Il quarto capitolo, cambiando ambientazione e spostandosi in Alaska, all’inizio della notte polare, stenta a iniziare. Presenta tre diversi incipit e mostra da subito otto scienziati all’interno di una stazione di ricerca artica, la Tsalal. Uno di loro, preso da tremori e convulsioni dice “she’s awake”, cioè “lei è sveglia”. Subito dopo buio: un blackout colpisce la stazione.

Tre giorni dopo partono le ricerche degli scienziati che, isolati e lontano dalla città, Ennis, sembrano scomparsi. Gli scienziati, sette di loro, vengono trovati morti, presumibilmente per il freddo, sotterrati dal ghiaccio. I loro visi e i loro corpi deturpati da malformazioni ed effetti dovuti al gelo e al ghiaccio. A mancare è il personaggio di Clark. Si presume quindi che gli scienziati possano esser stati uccisi e poi nascosti nella neve e che il colpevole sia Clark. Nel corso delle indagini, condotte poi parallelamente dall’agente Danvers e dall’agente Navarro, la vicenda della Tsalal diventa sempre più legata a un efferato caso di omicidio avvenuto tempo prima e mai risolto e al quale Navarro è sempre stata molto legata.

Il mistero attorno alla morte di Annie Kowtok

Si tratta dell’assassinio di Annie Kowtok, attivista ambientale che protestava contro l’inquinamento che da anni colpiva Ennis, causando morti premature. Era in particolare contro la miniera che Annie e altri abitanti di Ennis si erano accaniti. Le proteste infatti continuano senza sosta ed è principalmente la popolazione dei nativi dell’Alaska, degli Inupiaq, a manifestare e a non volersi fermare. Danvers, capo della polizia locale, ha una figlia adolescente Inupiaq, Leah, che partecipa a queste proteste e con la quale ha un rapporto difficile. Si scoprirà poi che Danvers non è la madre biologica e che il padre, marito di Danvers, è morto insieme all’altro figlio. Figlio avuto da Danvers e “fratellastro” di Leah da parte di padre.

Danvers e Navarro sembrano conoscersi bene e c’è un segreto avvenuto anni prima che le lega e del quale nessuna delle due vuole parlare. La morte degli scienziati, si scoprirà, essere poi effettivamente legata alla morte di Annie e alla miniera che sta contaminando e uccidendo gli abitanti di Ennis. Sono stati infatti gli scienziati a uccidere Annie, dopo che lei aveva scoperto che la Tsalal falsificava i risultati sull’inquinamento. Dovevano continuare a studiare una sostanza che avrebbe avuto conseguenze straordinarie sull’umanità intera. La morte degli scienziati è invece opera di un gruppo di donne Inupiaq che per vendicare la morte di Annie hanno costretto i membri della Tsalal a uscire al freddo e al gelo. Anche se non è chiaro se sia stato il freddo in questione o qualcos’altro a ucciderli.

Per rispondere invece alla domanda cosa non ha funzionato nella quarta stagione di True Detective, si può dire: tutto. Ma non sarebbe esatto, perché da un altro punto di vista non c’è in realtà niente che non abbia funzionato.

Tra reale e spiriturale

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True Detective: scena con Peter Prior e la Danvers

Tutto ciò che ha funzionato in True Detective: Night Country non ha però convinto fino in fondo. A partire dalla presunzione di tornare ai livelli del primo capitolo che è ormai assodato, ma forse lo era già da tempo, sia un prodotto insuperabile e ineguagliabile. Le perfomance di Jodie Foster e Kali Reis sono entrambe ottime. Anche le interpretazioni dei personaggi Peter e Hank Prior, rispettivamente interpretati da Finn Bennett e Josh Hawkes, sono degne di nota, ma non approfondite.

Il rapporto tra le due detective Danvers e Navarro, nato da un contrasto, funziona solo a metà. Non si vede che tipo di legame avessero prima. In molti momenti della serie tv sembrano conoscersi bene, aver frequentato più volte l’una la casa dell’altra, lavorando a stretto contatto. Entrambe sono inoltre a conoscenza dei loro reciproci traumi del passato, come se davvero quello che c’era tra loro anni prima non fosse solo un rapporto professionale, ma fosse nata anche un’amicizia. Un qualcosa che poi sul finale torna come fattore, ma del quale lo spettatore è all’oscuro. Anche il momento di ritrovata complicità tra le due non arriva al cuore del pubblico.

I particolari legami di True Detective

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True Detective: scena con Danvers e Navarro

Il rapporto che lega Danvers e Navarro appare una relazione interpersonale povera, costruita e relativa solo a un segreto inconfessabile avvenuto nel corso di un’indagine del passato. Anch’esso, che non basta, ma aveva il suo grado di interesse, risulta tanto misterioso nei primi episodi quanto prevedibile da metà stagione. La scoperta, nell’ultima puntata, di cosa fosse successo in quella casa fatta solo di violenza e brutalità, non è di certo ormai una sorpresa. Per non parlare di tutto il passato della Danvers che a quanto pare aveva un marito di cui non si sa nulla, che a sua volta aveva avuto da un precedente matrimonio Leah, figlia di cui Danvers si prende cura. Danvers aveva poi avuto, con il padre della bambina ora adolescente, un altro figlio, morto a pochi anni di vita in circostanze misteriose.

True Detective: Night Country e un passato che ritorna

Il background di Danvers era quindi ricco di spunti, dava al personaggio un grande spessore e la straordinaria interpretazione di Jodie Foster ne riesce a trasmetterne tutto il travaglio e i dolorosi ricordi che occupano la sua mente. Ma tutto questo passato non viene esplorato, non si sa neanche effettivamente come siano andate le cose. Per esempio se parte di quel burrascoso rapporto tra Danvers e la figlia adottiva Leah non derivi proprio da una prematura scomparsa del padre di lei o dalla morte del fratellino.

Il punto è che la storia del passato di Danvers non viene indagata ma è continuamente presente, tra flashback, sogni o brevissimi momenti di racconto attraverso il dialogo. Se, ai fini della buona riuscita della serie, la backstory di una protagonista non è importante o non aggiunge niente alla trama, non è il caso di True Detective: Night Country. Conoscere alcuni dettagli avrebbe spiegato meglio molte cose, tra cui quell’altalenante emozione, attaccamento e ostilità che Danvers ha verso la cittadina di Ennis. Così come le sue sensazioni nei confronti della spiritualità, strettamente connessa a Ennis. Un qualcosa alla quale stenta da sempre a credere, essendo la classica agente che si basa su prove e fatti inconfutabili, strenua seguace del reale.

Il fattore soprannaturale

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Da qui un altro elemento che, come i precedenti, lascia il tempo che trova, dando quindi l’idea che quasi ogni puntata sia stata tagliata a metà, riempita di scene folgoranti dal forte impatto visivo. Nessuna capace però di aggiungere materiale necessario alla storia e ai personaggi che la compongono. L’elemento più spirituale e metafisico è talmente accentuato da far pensare che al genere del thriller e del crime detection, per questa quarta stagione, sia stato aggiunto anche quello del soprannaturale. Perché il perfetto equilibrio tra mistico e realtà che ha caratterizzato il primo capitolo si chiariva nel finale: e tutta quella sanguinaria efferatezza era causa unicamente della malvagità dell’uomo. In True Detective: Night Country il finale sembra dire il contrario. Ennis è abitata dagli spiriti, da entità paranormali, e le anime dei morti torneranno per vendicarsi.

Il personaggio di Clark e il suo “she’s awake”

Finché si trattava di Clark c’era forse una spiegazione. Morso dai sensi di colpa e distrutto dalla morte di Annie, con la frase “she’s awake”, cioè “lei è sveglia”, intendeva dire proprio questo. Quello che avevano fatto a lei e il male che stavano causando alla popolazione di Ennis avrebbe prima o poi chiesto il conto. I crimini dei quali si erano macchiati, non sarebbero quindi rimasti impuniti. E se quella “she” era Annie, tornata dal mondo dei morti per fare giustizia, come interpretazione da parte di Clark, era accettabile e comprensibile.

Ecco che la successiva spiegazione di come invece sono effettivamente andate le cose e cioè che dietro la morte degli scienziati ci sia il gruppo di donne Inupiaq, guidate dalle donne delle pulizie della Tsalal, non solo mette in chiaro che il soprannaturale non c’entra nulla, ma è anche abbastanza soddisfacente. Ma anche qui non del tutto. Il sovrumano e trascendentale si rivela infatti essere poi centrale in True Detective: Night Country. Troppe sono le situazioni fuori dall’ordinario che accadono e che non hanno nessuna spiegazione, né soprannaturale né verosimile. In particolare quelle che riguardano proprio la morte degli scienziati e quindi il caso.

Il crimine alla base di True Detective: Night Country

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Il caso in questione è appunto ciò che era successo ai membri della Tsalal, piuttosto che l’omicidio di Annie. Il primo contraddistinto da una serie di enigmi e incognite da svelare. E il secondo un maggior grado di empatia, essendo stato tanto feroce quando finito nel dimenticatoio della polizia. Oltre al fatto che le donne delle pulizie, con pochi elementi, si improvvisano delle ottime detective e delle assassine senza scrupoli, le vediamo, armate di scope e detersivi, costringere gli scienziati a uscire nel gelo di Ennis e spogliarsi. Dopo li portano con un camion in una landa ghiacciata e desolata.

Una scelta che, considerando l’atroce assassinio di Annie, ha un suo senso di vendetta, di karma e soprattuto una matrice di femminile contro gli otto scienziati che hanno martoriato il corpo della ragazza. Dopo aver scoperto che erano loro la causa dell’inquinamento che stava decimando gli abitanti di Ennis. Ma anche una matrice etnica, essendo Annie e le donne Inupiaq tutte originarie di Ennis da generazioni, native dell’Alaska. Mentre gli scienziati erano tutti stranieri, probabilmente statunitensi o europei. Due fattori che densi di attualità e importanza, attirano l’attenzione del pubblico per le tematiche di maschilismo e razzismo che trattano. Insieme alle riflessioni che potrebbero suscitare e che funzionavano in tutto l’arco narrativo.

Doppio ribaltamento finale

Ma arriva poi un’altra spiegazione da parte delle donne Inupiaq: lasciando gli scienziati a chilometri di distanza dalla Tsalal, muniti solo di indumenti di cotone, affermano che sarebbero potuti sopravvivere tornando a piedi al laboratorio. Quindi loro non li hanno effettivamente uccisi. Essendo native dell’Alaska dovrebbero sapere meglio di chiunque altro che attraversare quelle distese di neve, e quella tempesta, senza essere attrezzati, vuol dire andare incontro a una morte certa. O comunque per uno spettatore ignorante in materia, la possibilità di sopravvivere a quel clima per ore sembra sfiorare l’assurdo. Non è quindi del tutto chiaro cosa sia accaduto. Considerando anche la frase “lei è venuta a prenderli”, detta durante la confessione delle donne, che si riferisce allo spirito di Annie. L’ipotesi più plausibile è comunque che gli scienziati siano morti assiderati e che, il freddo e la tempesta, abbiano provocato nei loro volti delle deformazioni.

Elementi che fanno la differenza

Tra le minori disattenzioni di True Detective: Night Country anche il personaggio di Navarro non è del tutto caratterizzato. Ad esempio non lo è il suo legame con Annie, o quanto credesse a quegli elementi soprannaturali con i quali entra in contatto. Anche la criptica e macabra figura di Rose Augineau, interpretata da Fiona Shaw, non è del tutto chiara. Il suo personaggio sembra essere un addetto allo smembramento e occultamento di cadaveri.

Meno importante, ma comunque un po’ ambigua, la decisione finale di Danvers di non perseguire le donne Inupiaq quando queste ammettono il crimine. Anzi è poco verosimile che lei non si faccia prendere dal minimo dubbio. Una scelta non in linea con il personaggio, ma che forse, meglio rappresentata, poteva essere convincente. Anche la storyline di Navarro lascia perplessi, considerando che ci si trova in un luogo dove sopravvivere non è molto facile. E nascondersi completamente ancora di più.

Un’ambientazione straordinaria

È infatti la stessa location a non esser stata utilizzata al massimo del suo potenziale. È “il paese della notte che si prende tutti”. Un luogo che può essere avvolto dall’oscurità per giorni, è ricoperto di neve e costellato di grotte di ghiaccio sotterranee. È dimenticato da Dio e fuori dal mondo e, perché no, abitato da antiche leggende che ancora terrorizzano e sembrano avverarsi. Ma quello che realmente nasconde Ennis sembra ricondursi poi a mere esigenze di mercato: una sostanza che avrebbe cambiato l’esistenza umana. Da qui la necessità di truccare dei risultati per continuare a studiare come salvare il mondo.

Condannando però così per sempre gli abitanti di Ennis, tra inquinamento e morti precoci. C’era tanto di cui raccontare in True Detective: Night Country, forse troppo, e tutto in parte funzionale, ma in parte anche strano, difficilmente credibile, pieno di buchi di sceneggiatura e di trama e frutto sicuramente di una scelta ponderata piuttosto che di una scarsa, casuale, accuratezza