3) Maniac
La miniserie di dieci episodi con Jonah Hill ed Emma Stone è un viaggio dentro e fuori la realtà. Dove temi quali la salute mentale, la percezione della realtà e l’anestesia del dolore . È una riflessione su come le nostre esperienze, i nostri traumi e le nostre speranze ci influenzano profondamente. E su come, in ultima analisi, siamo tutti alla ricerca di connessioni umane autentiche. La trama ruota attorno a Owen Milgrim e Annie Landsberg, due estranei che decidono di partecipare a una sperimentazione farmaceutica rivoluzionaria che promette di curare qualsiasi tipo di disturbo mentale.
La sperimentazione viene condotta dalla Neberdine Pharmaceutical Biotech, sotto la guida del dottor James Mantleray e consiste in una serie di pillole che dovrebbero riprogrammare la mente e guarire le ferite psicologiche. Ma ovviamente le cose non vanno affatto come previsto. Gli effetti collaterali delle pillole, combinati con la complessità emotiva dei soggetti, catapultano Owen e Annie in una serie di viaggi psichedelici e onirici. Attraverso mondi paralleli e scenari fantastici, che vanno da noir polizieschi a mondi medievali.
Al cuore di Maniac c’è l’analisi profonda della sofferenza psicologica e del trauma. In maniera simile a Tutto Chiede Salvezza, anche se non identica.
Owen e Annie rappresentano due lati della medaglia della malattia mentale. Il primo si sente alienato dal mondo a causa delle sue allucinazioni, mentre la seconda, schiacciata dal rimorso e dalla perdita, cerca conforto in una vita apatica e disfunzionale. Entrambi sono profondamente soli, intrappolati nelle loro menti, incapaci di connettersi davvero con le persone che li circondano.
L’esperimento farmaceutico rappresenta una metafora della nostra ricerca di una soluzione rapida per i problemi mentali. Il proseguire della trama tuttavia suggerisce che non esistono pillole magiche che possono guarire completamente le nostre ferite interiori. La guarigione è un processo lungo e complesso, fatto di introspezione e di comprensione profonda di sé stessi e del proprio dolore.
Il supercomputer GRTA, che controlla l’esperimento, ha una propria personalità ed emotività, e diventa anch’esso vittima delle sue emozioni. Anche le macchine, dunque, create per essere “perfette”, possono essere influenzate dalle emozioni umane. Creando così un cortocircuito tra l’intelligenza artificiale e la natura irrazionale e imprevedibile della psiche umana. In Maniac, la tecnologia è tanto una soluzione quanto un problema. Può diventare una sorta di via di fuga dalla realtà, piuttosto che uno strumento di vera guarigione.
4) Bojack Horseman
Ci sono serie tv che non hanno bisogno di presentazioni e probabilmente Bojack Horseman è una di queste. L’iconico show targato Netlix non si limita a esplorare la vita di una star caduta in disgrazia, ma si addentra in problematiche esistenziali e psicologiche, ponendo domande cruciali sull’identità e il valore della felicità. BoJack è un personaggio afflitto da una depressione profonda, incapace di gestire se stesso o il rapporto con gli altri. Il suo unico modo di approcciarsi al mondo è attraverso comportamenti autodistruttivi. La serie non cerca di giustificare il suo pessimo comportamento, ma lo mostra nella sua cruda realtà.
BoJack è consapevole delle sue azioni, ma sembra incapace di fermarsi.
Incontriamo il protagonista in uno dei punti più bassi della sua vita. Un po’ come accade ai personaggi di Tutto Chiede Salvezza. La fortunata carriera di star televisiva di Bojack è giunta al capolinea e qualsiasi tentativo di risalire in sella (scusate il gioco di parole) si conclude in un nulla di fatto. La ricerca costante della fama, di cui quasi tutti i personaggi sono esempi perfetti, diventa una delle tematiche principali del cartone. Assistiamo così a una critica impietosa alla cultura delle celebrità e alla ricerca ossessiva di validazione esterna. Hollywood è rappresentata come una macchina cinica che consuma le persone e poi le lascia a pezzi. La notorietà non riempie il vuoto emotivo e l’insicurezza che BoJack si porta dietro da tutta la vita. Oltre al suo bisogno costante di essere amato e apprezzato finisce per distruggerlo ulteriormente.
I suoi legami con gli altri sono inoltre influenzati dal rapporto tossico con i suoi genitori, Beatrice e Butterscotch. Il trauma infantile, a lungo taciuto e ignorato, ha influenzato in maniera devastante il modo in cui BoJack vede sé stesso e gli altri. Man mano che la storia prosegue, diversi episodi esplorano in maniera ancora più cruda e feroce i disturbi del protagonista, i traumi irrisolti e l’istinto di autosabotaggio che permea ogni sua azione e comportamento. Nel corso delle sei stagioni, vediamo Bojack attraversare numerosi alti e bassi, dalla speranza di una redenzione alla caduta più profonda.
Ogni stagione aggiunge nuovi strati alla sua complessità, rivelando i suoi tentativi di migliorare, seguiti da dolorose ricadute.
Il percorso di BoJack è un lento e tragico viaggio verso l’autoconsapevolezza, ma non senza qualche sprazzo di speranza. La stagione finale rappresenta un punto di svolta. Non offre risposte semplici, ma suggerisce che, nonostante i nostri difetti e i nostri errori, la possibilità di crescita e cambiamento è sempre presente, anche se non garantita.