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Angelo Badalamenti, dentro l’anima di Twin Peaks

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È mancato lo scorso 11 dicembre Angelo Badalamenti, compositore, pianista, arrangiatore e produttore musicale, noto soprattutto per aver scritto la colonna sonora di una delle serie televisive più iconiche del XX secolo: Twin Peaks.
Badalamenti, nato nel 1937 a New York in una famiglia di origini siciliane, ha sempre dimostrato un grande interesse nei confronti della musica cominciando lo studio del pianoforte all’età di otto anni. Terminati gli studi musicali con un diploma alla Manhattan School of Music nel 1959 intraprende il lavoro di insegnante di musica nelle scuole al quale affianca quello di compositore.
Particolarmente appassionato di horror e thriller, Badalamenti ha scritto alcune colonne sonore per importanti videogiochi dell’Atari e ha collaborato con musicisti di chiara fama tra i quali Nina Simone, David Bowie, Paul McCartney, Liza Minnelli e LL Cool J.
Da sempre interessato ad accompagnare le immagini del piccolo e grande schermo la sua fama è legata al regista David Lynch, con il quale ha collaborato per oltre trent’anni, da Blue Velvet (Velluto blu il titolo in italiano) del 1986 alle ultime 18 puntate di Twin Peaks: il ritorno del 2017.

Il sodalizio con il regista americano nacque per puro caso. Durante la pre-produzione del film Badalamenti venne assunto come insegnante di canto per Isabella Rossellini, protagonista insieme a Dennis Hopper e Kyle MacLachlan. A Lynch il lavoro del compositore piacque molto tanto che lo assunse per scrivere una singola composizione per il film: Mysteries of Love. Il brano, composto seguendo specifiche richieste di Lynch, soddisfò completamente il regista che affidò ad Angelo Badalamenti la composizione dell’intera colonna sonora, base sulla quale appoggiò poi tutto il loro solido legame lavorativo.

Quattro anni dopo, nel 1990, dopo il film Wild at Heart (Cuore selvaggio, in italiano), e Industrial Symphony No. 1, uno spettacolo musicale, entrambi interpretati da Laura Dern e Nicholas Cage, David Lynch bussa alla porta dello studio di Angelo Badalamenti per progettare insieme il loro quarto lavoro.
La storia racconta che Lynch è seduto accanto a Badalamenti, di fronte alla tastiera di una vecchia Fender Rhodes, un particolare piano elettrico. Gli sta dicendo di immaginare una foresta buia, oscura. Le mani di Badalamenti si posano sui tasti creando un primo inciso. La sinistra affonda una nota, bassa, grave, un Do raddoppiato all’ottava superiore. La destra, invece, sempre nel registro grave, suona un bicordo, composto da Mi bemolle e La Bemolle. La nota più acuta del bicordo, La bemolle, scende di un semitono sul Sol mentre Mi bemolle viene ribattuto. La tensione creata dal semitono discendente La bemolle – Sol crea immediatamente un senso di ansia statica, quasi marmorea. Differente, per esempio, da quella di John Williams nel tema de Lo squalo, che difatti è un semitono, però ascendente e provoca sì, ansia, ma è un ansia che si sposta, proprio come uno squalo nel buio del mare.

Secondo inciso. Nella foresta soffia un venticello, silenzioso. Il suo soffio è irregolare, leggero, scostante. La sinistra prosegue imperterrita con l’ottava di Do, come a scandire il tempo che scorre inesorabilmente. La destra, invece, tiene fisso il Mi bemolle e questa volta la nota più acuta suona La bemolle, Sol, Si Bemolle, Sol, La Bemolle, Sol riposando su quest’ultima lungamente.
Lynch chiede a Badalamenti di rallentare il tutto perché “più lento è più bello” e il compositore non esita a farlo dimezzando la velocità e, intrinsecamente, raddoppiando l’ansia dello spettatore.

angelo badalamenti
Angelo Badalamenti e David Lynch 640×360

Ora, nella foresta buia compare un’adolescente, in difficoltà. Non si rivela subito, in maniera netta, ma si fa strada nell’oscurità, un passo alla volta. Badalamenti pur utilizzando le stesse note abbrevia quel Sol e ripete quella linea melodica che tende, ora, verso la parte centrale della tastiera, finalmente. Sì, perché finalmente c’è uno spiraglio di luce e la soffocante oppressione della foresta notturna, con i suoi abitanti invisibili ma ben udibili, sembra alleggerirsi e permettere di tirare il fiato. La linea melodica continua nel suo disegno di salita e discesa, con note vicine, come a sottolineare i passi corti, malfermi e incerti dell’adolescente.
Poi, eccola, un’esplosione di luce. Le note della mano destra raggiungono il registro acuto e si liberano in un Mi naturale, non più bemolle come nel precedente inciso, accompagnato dalla sinistra che arpeggia nella parte centrale della tastiera. Questo Mi naturale, non più bemolle, è la nota sulla quale, nuovamente, Badalamenti lascia che il tempo scorra. La lascia vibrare lungamente, girandoci attorno, insistendoci sopra, per permettere al telespettatore di guardare l’adolescente, di conoscerla, di rendersi conto che è la protagonista della storia e che ha già fatto breccia nel suo cuore.

Dopo questo exploit sonoro Badalamenti deve in qualche modo rientrare per compensare questa grande apertura. Comincia una lenta, appoggiata, discesa con sonorità ancora luminose, aperte sì, ma malinconiche. Al termine di questa discesa, improvvisamente, un silenzio, breve, come un singhiozzo, come di un fiato trattenuto. E poi, nuovamente, la foresta e l’oppressione notturna. Di nuovo il primo tema, cupo e fosco, quasi appannato, nelle sonorità basse del sintetizzatore.

Laura Palmer 640×360

Dopo nemmeno venti minuti passati insieme Angelo Badalamenti suggerisce a David Lynch che come inizio non era male ma che si poteva certamente svilupparlo ulteriormente. “Non toccare una sola nota Angelo, mi disse Lynch. Ho appena visto Twin Peaks“, racconta il compositore. Poche note, poche armonie, molte ripetizioni e due strumenti: un sintetizzatore e un pianoforte. Al pianoforte è affidato, inizialmente, la nota del basso, inesorabile, mentre il sintetizzatore suona la melodia della foresta. Poi i due strumenti si intrecciano e si scambiano di ruolo. Il pianoforte prende il sopravvento e il sintetizzatore si limita a fare da sfondo. La melodia del pianoforte, quella che sale verso l’acuto, che libera luce e calore, che racconta l’adolescente, incerta, zoppicante, impaurita, al tempo stesso viva, curiosa e appassionante, è quella di Laura Palmer. Il suo tema, la sua linea melodica, come un raggio di luce in mezzo all’oscurità, è perfetta nella sua semplicità apparente (come linea melodica) e nella sua complessità di fondo (le armonie).

La colonna sonora di Twin Peaks è qualcosa che ha dell’incredibile perché va oltre la sua funzione di semplice accompagnamento. Contrariamente al solito, quando cioè la musica ha una funzione di sottofondo per la scena che viene trasmessa e ne sottolinea lo sviluppo, per Twin Peaks David Lynch volle di più. Chiese ad Angelo Badalamenti una manciata di temi, per lo più legati a personaggi o situazioni, da poter riadattare nel corso della storia senza mai realmente modificarli. Una sorta di lietmotiv wagneriano rivisitato in salsa moderna. Il lietmotiv è una tecnica compositiva musicale sviluppata, alla fine del 1800, dal grande compositore tedesco Richard Wagner nelle suo opere liriche. Si tratta, in pratica, di associare un tema musicale, una breve melodia, a un personaggio, una situazione o anche un oggetto scenico importante conferendogli grande carica emotiva. Ogni volta che questo elemento compare in scena, o se ne parla, il tema musicale viene fuori stimolando l’ascoltatore e obbligandolo alla rievocazione.

Badalamenti fece lo stesso. Creò una serie di temi musicali, come quello di Laura Palmer precedentemente citato, che Lynch riutilizzò a seconda delle situazioni. In certi casi i temi sono esattamente uguali. In altri, invece, Badalamenti scrisse delle minime variazioni, legate per lo più al tempo, cioè rendendo i temi più lenti o più veloci a seconda delle situazioni. Con poco materiale, scritto divinamente bene tanto da fargli vincere un Grammy, il compositore americano riuscì a confezionare una colonna sonora che ancora oggi è fonte di ispirazione per altri compositori ma anche gruppi musicali e cantautori.

Twin Peaks 640×360

Fin dalla sigla iniziale, lunga per altro come una canzone e non semplicemente come un motivo introduttivo di poco più di 40 secondi, com’era la prassi, la musica di Badalamenti ci racconta quello che andremo a vedere di lì a poco. In una specie di lungo spoiler iniziale, mentre scorrono le immagini di una cittadina rurale, c’è già tutto il senso della serie che sta per cominciare: tragedia ma non solo. E la genialità del compositore, che dopo questa divenne tra i più prolifici autori di colonne sonore, è tutta nelle sue melodie semplici, sdolcinate e malinconiche, capaci di mischiare epoche e generi diversi tra loro creando una sorta di atemporalità che ben si concilia con tutta l’opera lynchiana. I suoni soft dovuti all’uso di sintetizzatori capaci di creare timbri complessi in grado di imitare i suoni degli strumenti acustici consentendo un’esecuzione lirica ed emotiva; l’uso sapiente di campionatori capaci di ricreare l’effetto di chitarra elettrica pizzicata della sigla; la voce angelica e ultraterrena di Julee Cruise che contrasta i suoni del sintetizzatore; e le melodie sospese, rendono perfettamente il senso onirico e il forte contrasto dovuto all’apparente purezza di Laura Palmer collocata all’interno dell’infernale ventre molle della cittadina fantastica che Lynch ha voluto creare per il suo capolavoro.

angelo badalamenti
Angelo Badalamenti 640×360

La monumentale partitura di Angelo Badalamenti sottolinea perfettamente la crescente inquietudine dei personaggi che improvvisamente si trovano ad avere a che fare con la morte di Laura Palmer. Una morte capace di scatenare l’inferno nella piccola cittadina immaginaria, nello stato di Washington. E il tema della ragazza assassinata, onnipresente in maniera ossessiva, ha la funzione di ricordare allo spettatore che tutto quello che avviene è a causa o per merito suo e del suo sacrificio. Così, quasi in maniera catartica, le note delle melodie di Badalamenti creano armonie che sfregano tra loro creando un attrito leggero, nascosto, quasi subdolo, capace, però, di stimolare l’inconscio dello spettatore. Chi guarda, e chi ascolta, infatti, sa che qualcosa non va per il verso giusto ma non è in grado di individuarlo provando un senso di fastidio che non riesce a scollarsi di dosso; ed è costretto a proseguire la visione, e l’ascolto, per capire chi ha ucciso Laura Palmer.

Twin Peaks è stato lo show televisivo che ha rivoluzionato la serialità televisiva. Dopo di lui niente è stato più come prima. Perché la serie di David Lynch non è solo un poliziesco drammatico con intricate trame fantascientifiche che scivolano nell’horror fantastico. Lo spettacolo riguarda più che altro le atmosfere e gli stati d’animo fortemente amplificati dalla colonna sonora attraverso la ripetizione dei temi musicali che si manifestano come spiriti. Combinando dolore e gioia, paura e amore, momenti drammatici a momenti teneri, rivelazioni di trama importanti a momenti grotteschi e persino comici si crea una affascinante sensualità dai tratti indefiniti della quale non si può più fare a meno.
Mark Frost, co-sceneggiatore insieme a Lynch, disse: “la musica di Badalamenti è qualcosa di indescrivibile. Se Twin Peaks è una barca che naviga, la musica di Angelo è l’acqua che la trasporta. Senza di essa lo spettacolo non sarebbe stato lo stesso“.
A trentadue anni di distanza le melodie e le sonorità di Angelo Badalamenti hanno ancora, completamente inalterate, lo stesso, identico, potere evocativo capace di far riaffiorare le stesse, identiche, sensazioni di allora. Come non fosse passato un solo minuto. Come solo i grandi, immortali, capolavori sanno fare.