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Ma alla fine dei conti, è valsa la pena fare un revival di Twin Peaks?

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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul revival Twin Peaks e sulle due stagioni della serie

Non c’è alcun dubbio che Twin Peaks abbia segnato una pagina fondamentale della storia della serialità. Il capolavoro di David Lynch è stato un precursore di molte tematiche, stilistiche e concettuali, e dopo aver rivoluzionato la televisione nei primissimi anni Novanta, ha fatto ritorno nel 2017, con un revival che ha immediatamente spaccato in due l’opinione pubblica e gli stessi fan di Twin Peaks. I nuovi episodi della serie culto sono un vero e proprio sequel delle prime due stagioni e arrivano dopo anche il famoso e contestato film prequel, Fuoco cammina con me, col compito di ampliare la narrazione e chiarire i diversi nodi rimasti irrisolti dalle narrazioni precedenti.

Oggi sono passati più di sei anni dal revival Twin Peaks e possiamo prenderci un istante per ragionare su questa operazione e provare a rispondere a una domanda, spinosa ma doverosa: alla fine dei conti è valsa la pena fare un revival di Twin Peaks?

Revival Twin Peaks: il presupposto di necessità

Per rispondere a questa domanda bisogna partire da un presupposto fondamentale: una produzione del genere era necessaria. Il revival Twin Peaks è stato un progetto chiamato per anni, di cui si è lungo sentito il bisogno, per diversi motivi. Innanzitutto c’è il richiamo del pubblico, estremamente fidelizzato all’opera di David Lynch. Twin Peaks è stata una serie tv capace di rivoluzionare l’intero intrattenimento televisivo anche per via del suo configurarsi come vero e proprio fenomeno mediatico, divenendo uno di quei prodotti generazionali, capaci di permeare fino a ogni angolo del dibattito pubblico e di entrare con forza nella quotidianità degli spettatori.

Un ritorno a Twin Peaks, dunque, era auspicabile anche solo come mera celebrazione di un successo che, dal passato, è riuscito a proiettare la propria ombra fino al presente, continuando ad appassionare ondate di spettatori e i neofiti meritavano di vivere anche solo una parte di ciò che hanno vissuto i fan di lunga data. Oltre questo aspetto, però, ce n’è un altro fondamentale per chiarire questo presupposto di necessità: il bisogno di fare luce su determinati aspetti delle due stagioni precedenti.

Twin Peaks è una serie di assoluto culto, tanto amata quanto misteriosa.

Il successo che ha avuto è bilanciato da una certa insoddisfazione per come si è sviluppata la seconda stagione, specialmente nella sua coda. Il primo capitolo di Twin Peaks è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno, rasente la perfezione, mentre il secondo ha evidentemente perso mordente dopo la rivelazione dell’assassinio di Laura Palmer, giunta circa a metà stagione. Questo evento ha costituito uno spartiacque decisivo, perché la seconda parte della seconda stagione di Twin Peaks ha aperto diverse trame, che però sono rimaste incompiute o chiuse frettolosamente nel finale. Negli ultimi due episodi, infatti, l’attenzione è tornata con forza sulla storyline principale, per così dire, con l’arrivo nella loggia nera e il ritorno di diversi personaggi iconici, tra cui la stessa Laura Palmer. Se da una parte tutte quelle trame aperte negli episodi precedenti in realtà intrigavano poco, dall’altra rimane l’insoddisfazione per una narrazione incompleta.

Il revival Twin Peaks aveva, dunque, molteplici compiti. Far rivivere un grande mito, riscattare l’amaro in bocca per quella seconda parte della seconda stagione, chiarire un finale trionfale, ma estremamente enigmatico. Sono diverse, come possiamo vedere, le motivazioni che hanno giustificato la realizzazione di un revival Twin Peaks, per cui in prima istanza possiamo dire che valeva assolutamente la pena realizzare questo progetto. Ora, però, passiamo ad analizzare i risultati e a rispondere alla domanda da un’altra prospettiva: alla luce di quanto visto, è valsa la pena fare un revival Twin Peaks?

Revival Twin Peaks
L’agente speciale Dale Cooper (640×360)

Luci e ombre del revival

Possiamo analizzare ciò che abbiamo visto nei 18 episodi che compongono il revival Twin Peaks alla luce del presupposto di necessità illustrato sopra, quindi rispondendo a quei punti finali che giustificavano il ritorno della serie tv. Con i nuovi episodi sicuramente il mito di Twin Peaks è tornato a brillare: il revival fa rivivere le atmosfere indimenticabili della serie, ne ripropone stilemi e arie, e riporta in scena gran parte degli indimenticabili protagonisti del capolavoro di Lynch. Sotto questo aspetto il revival si rivela particolarmente vincente, specialmente nei passaggi più puramente di fan service, quando vediamo, anche per semplici istanti, i volti più amati delle prime due stagioni.

Tuttavia, questi momenti finiscono per fagocitare l’attenzione del pubblico, perché l’eco della nostalgia domina sul resto del racconto, per cui se da un lato il mito rivive in tutto il suo splendore, dall’altro oscura il resto della narrazione che aveva il cruciale compito di chiarire la comprensione. In più, tutti questi passaggi maggiormente legati al passato, quindi più che altro quelli ambientati proprio nella cittadina di Twin Peaks, non aggiungono granché al quadro generale, finendo per risultare abbondantemente fini a se stessi.

Arriviamo, dunque, al secondo elemento da prendere in considerazione, che era poi probabilmente il più importante alla vigilia.

Tirando le somme, il revival Twin Peaks non risolve tantissimo nel quadro della comprensione generale. Sicuramente scioglie alcuni passaggi, specialmente quelli legati a Cooper, ma ne complica altri e il finale finisce per risultare quasi più enigmatico di quello originale. C’è da dire che l’epilogo del revival è a dir poco magistrale, ma non assolve al compito di chiarire le idee agli spettatori, e forse, considerando la natura dell’opera di Lynch, è anche giusto così. Questo aspetto della comprensione ha una valenza ambivalente, perché l’enigma è proprio la cifra dell’intero racconto in Twin Peaks e, come sua parte costitutiva, è giusto che ci sia.

Ciò che non funziona, piuttosto, è la tendenza che ha segnato anche la tanto discussa seconda parte della seconda stagione, ovvero quella di appesantire il racconto di diversi passaggi inutilmente arzigogolati e complessi, con scene e trame che sarebbero state ampiamente evitabili. Qui sicuramente il revival Twin Peaks non assolve a una motivazione che giustificava il ritorno della serie, perché quella pesantezza narrativa accusata nella seconda stagione si ritrova in pieno anche qui. Una produzione più snella, sicuramente, sarebbe stata maggiormente auspicabile.

Ricapitolando, dunque, il revival Twin Peaks è rimasto in linea con le sue precedenti stagioni.

Il mondo creato da David Lynch è tornato in tutta la sua forza, ma le difficoltà narrative anche sono rimaste in piedi, con una doverosa però sottolineatura di un grandissimo finale. Dal punto di vista della comprensione non si sono fatti grandi passi avanti, ma, come si suol dire, fa parte del gioco. Spiegato, Twin Peaks forse perderebbe parte del suo fascino, quindi è giusto che il mistero permanga in determinati tratti. Alla fine, questo revival è stato soprattutto un bellissimo regalo di David Lynch ai suoi fan, ma il mito qui viene più che altro rievocato, non chiarito né gran ché rimpolpato, e chi si aspettava ingenti spiegazioni è rimasto decisamente deluso. Rispondiamo, dunque, alla domanda che dà il titolo all’articolo: a nostro avviso sì, è valsa la pena tornare a Twin Peaks per riassaporare un’aria familiare e amata, ma le difficoltà del viaggio sono rimaste intatte.