Non lo sappiamo davvero, ma è facile presupporre che ci siano stati almeno uno Brian in un monolocale di Chicago, l’8 aprile 1990, una Elizabeth nel salotto della sua villetta, nella campagna dell’ Oxfordshire, e un Pablo nella camera da letto dell’appartamento che condivideva a Madrid, il 30 ottobre 1990, un Andrea che ha appena giocato a calcetto in provincia di Modena e sta mangiando le lasagne davanti alla TV, il 9 gennaio 1991 e una Julia che si gode la pensione, nella periferia di Rio de Janeiro, il 7 aprile 1991 che si scoprono per la prima volta ubiqui.
Per la prima volta, non sono solo a Chicago, nella campagna inglese, nella capitale spagnola, in un paesino modenese, nella periferia di una nota città sudamericana: loro sono lì, ma sono anche a Twin Peaks.
Come chi scrive e chi legge – probabilmente – i nostri telespettatori immaginari sono partecipi di un evento portentoso: sono stati rapiti dal vortice della serialità che, come il tornado del Mago di Oz, ti porta in un mondo inaspettato.
E come lo fa questa volta, lo farà altre volte, ma non l’aveva mai fatto prima.
“Benvenuti a Twin Peaks. Mi chiamo Margaret Lanterman. Vivo a Twin Peaks. Mi conoscono come la donna-ceppo. C’è una storia dietro questo. Ci sono molte storie a Twin Peaks. Alcune sono tristi, alcune divertenti. Alcune sono storie di pazzia, di violenza. Alcune sono ordinarie tuttavia hanno un senso di intrinseco mistero. Il mistero della vita. Qualche volta, il mistero della morte. Il mistero della foresta, la foresta che circonda Twin Peaks. Per introdurre questa storia, lasciatemi dire che incorpora tutto. È oltre il fuoco, anche se pochi saprebbero cosa significa. È una storia di molti, ma comincia con una persona. E la conoscevo. Quella che è alla guida di molti è Laura Palmer. Laura è la prescelta”.
Si apre con questo monologo della Donna Ceppo il pilot di Twin Peaks che ha per titolo quello che sarebbe dovuto esserlo dell’intera serie, prima della più felice intuizione dei suoi autori: Passaggio a Nord-Ovest.
Tutta la filosofia di Twin Peaks è racchiusa in questa introduzione e ce ne accorgiamo già in questo primo episodio: storie tristi, divertenti, di pazzia, di violenza, ordinarie ma con un senso intrinseco di mistero. Quello della vita. Quello della morte.
La musica immersiva di Angelo Badalamenti è sicuramente l’elemento che più concorre a trasportarci in un’atmosfera che è la vera cifra di questo capolavoro seriale. Se a Falling, il tema musicale principale, dobbiamo il merito di introdurci e avvolgerci nell’aria di questo mondo, alle tracce Laura Palmer’s Theme e Audrey Dance dobbiamo l’immediata identificazione con lo spirito di questi due personaggi. L’impatto emotivo che queste note hanno su di noi ci catapulta immediatamente in una dimensione di alterità esistenziale, dritti nel cuore di questi due personaggi, nelle loro vite, nel loro modo di abitare la mente di Lynch e Frost.
Tutto ciò che è identificativo, per non dire quasi iconico, di Twin Peaks ci si mostra già con evidenza in questa pilota.
Ma andiamo con ordine e ricordiamo come inizia il nostro viaggio nella provincia americana e nei nostri peggiori incubi.
In una cittadina nel nord degli Stati Uniti, al confine con il Canada, una mattina viene rinvenuto sulle rive di un lago il corpo senza vita di una giovane che si scoprirà essere – la ormai celeberrima – Laura Palmer. Chi la trova è Pete Martell, marito della sorella del più ricco industriale della zona. Lo sfortunato sta andando a farsi una pescata quando incappa nel cadavere della ragazza avvolto nel cellophane (una delle immagini più famose della serialità). Il ritrovamento tragico è in qualche misura preannunciato da una frase un po’ stonata per il personaggio, ma che ha il doppio merito di inquietarci e iniziarci all’afflato poetico che soffierà lieve per tutta la serie (“e la sirena solitaria suona”).
Uno degli elementi principali della serie è la commistione di generi. In Twin Peaks, infatti, assistiamo al più sapiente mix di crime, horror, dramma, commedia e soap opera mai realizzato. Oltre alle musiche, sono i folli personaggi a permetterci subito di orientarci in questa varietà dalle coordinate confuse.
Basti pensare al vicesceriffo Andy Brennan e alla segretaria del dipartimento Lucy Moran, imbattibile coppia comica che non esita a introdurre nell’atmosfera mistery in cui siamo immersi, elementi grotteschi e buffi. Parlando di comicità e grottesco, come non ricordarci anche gli eccentrici Nadine Hurley, con la sua benda a coprire l’occhio sinistro, e il dottor Jacoby, uno psichiatra che si presenta vestito in modo eccentrico con degli enormi tappi nelle orecchie.
Anche l’elemento drammatico è introdotto da una “coppia” di personaggi: James Hurley e Donna Hayward. Con una sfumatura quasi da soap, ci è subito evidente che sono loro i due maggiori rappresentanti della quota drammatica della storia mostrataci.
Se l’erotismo serpeggia tra i vari personaggi, coinvolti in relazioni amorose ufficiali o nascoste, il personaggio che ne è emblema è la giovane e seducente Audrey Horne (celebre la musichetta che la identificherà nella mente di tutti noi per sempre).
La dimensione mistery/thriller/horror è intrinseca nella trame e nel domino di segreti che si dipanano per tutta la durata della narrazione.
Quando Dale Cooper arriva a Twin Peaks, in una delle scene più iconiche della serie, sciorinando a un registratore – a Diane – una serie di dati circa la condizione metereologica della zona, i chilometri percorsi, i soldi spesi, le condizioni del serbatoio della sua automobile, gli alimenti consumati nella sua colazione e inizia a interrogarsi sugli alberi del luogo, la nostra ubiquità si carica di questa terza dimensione: siamo dove siamo a guardare la serie, siamo a Twin Peaks a cercare di scoprire Chi ha ucciso Laura Palmer, siamo sul sedile accanto al suo.
Per tutta la durata di questo primo episodio, esattamente come accadrà per molti di quelli successivi, i nostri sospetti rimbalzano da un personaggio all’altro creandoci una vera e propria ossessione su chi possa essere stato a commettere un crimine tanto efferato.
Lo stato d’animo con cui uno spettatore arriva alla fine di questo episodio pilota è una cosa difficile da descrivere, ma tra le differenti emozioni provate, sicuramente ce ne è una che si insinua sovrana: l’inquietudine.
Se questa sensazione è in continuo crescendo, il suo acme verrà raggiunto solo alla fine dell’episodio. Alcune scene ci accompagnano a quel momento più di altre: Ronette Pulaski cammina in stato di shock lungo i binari del treno, una ragazza corre gridando nel cortile della scuola prima che il preside dia l’avviso della disgrazia, la luce al neon dell’obitorio lampeggia (un errore che Lynch deciderà di tenere, come accadrà in seguito con altri “incidenti di percorso”, andando a costituire un’insieme di intuizioni geniali che faranno in parte la fortuna di Twin Peaks), un semaforo rosso ondeggia sulla strada deserta.
Ognuna di queste immagini ci guida verso il terrore: quello che proveremo guardando l’ultimo fotogramma del primo episodio e che ci lascia con la macabra promessa che guardando Twin Peaks proveremo tante cose diverse, ma sicuramente tra queste ci sarà la paura. Che i nostri peggiori incubi stanno per avere un volto nuovo e che difficilmente riusciremo a toglierglielo.
La madre di Laura, Sara Palmer, è sdraiata sul divano. Una foto di Laura sul mobile a fianco. Una mano guantata in un bosco solleva un sasso. La signora Palmer urla all’improvviso: nello specchio della sala in cui si trova compare un uomo. Noi non conosciamo ancora il suo nome, nè il suo ruolo, ma è esattamente in quel momento che Bob entra nei nostri incubi. E continuerà ad abitarli per moltissimi anni.