C’era una volta a Twin Peaks…
un’enorme cascata, solo a guardarla era come saltare nel vuoto.
Fu la prima cosa che vidi quando arrivai in città.
Null’altro attirò la mia attenzione in così poco tempo, e quella sensazione bastò a farmi felice.
Non so bene quale fosse l’emozione che quel luogo suscitava in me. Avevo comunque la netta sensazione che ci sarebbe stata sempre tanta musica nell’aria. E così è stato. Una strana melodia mi accompagnò ovunque.
E tutto ebbe inizio da lì, quando mi fermai ad ascoltare il suono di ciò che c’era intorno. Non riuscivo a staccarmi da quel ritornello, era come un ricordo di un qualcosa che non avevo mai vissuto, ma che comunque esisteva e che mi avrebbe fatto male se solo avessi provato ad abbandonarlo.
‘Anche a me ha fatto lo stesso effetto la prima volta… e le altre cento.’
‘Credevo di sognare.’
‘È sempre così. Questa è Twin Peaks. Sono Dale Cooper.’
‘Salve. Sono…’
‘Aspetti. La prego lasci che le offra una tazza di caffè nero bollente. Qui è davvero buono.’
‘La ringrazio.’
Sapevo di dover camminare in punta di piedi in quel posto, mi avevano avvertito della risonanza che i dettagli potevano avere sull’intera città. Eppure la sua tranquillità mi aveva colpito sin dall’inizio, avevo avvertito quella calma come un pugno alla schiena seguito da un potente anestetico piantato in vena. Non ero del tutto certa di essere lucida, ma stranamente stavo bene in quello stato.
Non camminammo molto, io e quel Dale Cooper. Ricordo la sua espressione fissa, ma gentile. Nelle sue parole sentivo casa. Era rassicurante.
Entrammo in una tavola calda.
Venni inondata da un forte odore di passato non appena varcai la soglia della porta. Fu come un abbraccio inaspettato, non sapevo più cosa fare se non farmi abbracciare e lasciarmi andare.
‘Sa, qui le cose succedono improvvisamente. Non capirà mai come funziona in questa città. Ma come le dicevo il caffè non cambia mai.’
‘Buongiorno, cosa posso portarvi?’
‘Buongiorno a te Norma. Due tazze di caffè bollente e due fette di crostata di ciliegie, per favore.’
‘Arrivano subito.’
‘Allora, cosa la porta qui a Twin Peaks?’
‘Avrei bisogno di parlare con lo sceriffo Truman. È una questione abbastanza urgente.’
‘Ecco a voi: i caffè e la crostata.’
Vedevo la tazza di fronte a me come si vedono gli oggetti nelle immaginazioni. Allungai la mano per prenderla e mi stupii quando non riuscii ad arrivare a stringerla. Durò un attimo. Solo un attimo di attesa, poi la afferrai e ne bevvi un sorso. Capii d’improvviso cosa volesse dirmi Dale. Quel miscuglio scurissimo era la fine dell’abbraccio iniziato sulla soglia del Double R Diner. Quel brevissimo istante tra il dividersi dei due corpi e il rimanere assenti subito dopo. In una tazza di caffè bollente c’era tutto questo e forse anche altro.
‘Diane, sono qui con una simpatica ragazza, l’ho incontrata per caso nel tragitto verso il mio caffè quotidiano. In questi giorni ho dei leggeri problemi di memoria, spero di ricordarmi di portarla dallo sceriffo Truman prima di sera.’
‘Non si preoccupi, posso trovare il posto da sola. Credo.’
‘Non dica sciocchezze, questo posto è come un deserto per i nuovi arrivati, la accompagnerò io, ma mi consenta una piccola deviazione.’
‘La ringrazio infinitamente. Dove andiamo ora quindi?’
‘Andiamo a trovare un vecchio amico. Come ha potuto capire c’è qualcosa che non va con la mia memoria. Vediamo se lui riuscirà a risolvere il problema.’
Salimmo in macchina sazi di cibo e di speranze. Non vedevo l’ora di incontrare il vecchio amico di Dale. Non so per quale motivo, ma sapevo che sarebbe stata un’esperienza più unica che rara. Era quel posto. Quel posto riusciva a darmi carica ed emozione, ma forse era solo il caffè che cominciava a fare effetto.
‘Eccoci qui.’
‘Dale Cooper, che piacere rivederla.’
‘Dottor Jacoby, il piacere è tutto mio.’
‘Ebbene, cosa posso fare per lei?’
‘Ho qualche problemino di memoria ultimamente. Può aiutarmi?’
‘Mmm capisco… potrebbero essere le organizzazioni che complottano contro di noi, non possiamo controllarle, arriveranno a prendersi tutto.’
‘Come scusi?’
‘Eh? No, niente.’
‘Allora, cosa c’è che non va? È un problema psicologico?’
‘Beh, ecco. Secondo me servirebbe un esame più completo. Ma non si preoccupi; è tutto temporaneo, come il controllo che abbiamo sulle nostre vite, quindi non ci saranno danni permanenti.’
Mi sembrò tutto così surreale. Avevo ragione, quell’uomo mi sorprese e come tutto a Twin Peaks, mi fece sentire bene. Decisi a quel punto di intervenire, non potevo andare via con così poco.
‘Non sarebbe meglio se lei venisse con noi dottore? Per studiare meglio il caso.’
‘Ottima idea! Ragazza intelligente!’
Ero entusiasta della presenza del dottor Jacoby. Mi sentivo legata a lui e ai suoi occhiali improponibili.
‘Cooper, dove sta andando?’
‘Ma come dottore, siamo quasi arrivati.’
‘Dove?’
‘All’One Eyed Jack’s dottore.’
‘Cooper, abbiamo deciso di accompagnare la ragazza dallo sceriffo.’
Il dottor Jacoby e io ci guardammo confusi. Quello sguardo però significava qualcosa. Dovevamo provare ad aiutarlo.
Scendendo dall’auto mi ritrovai ad ascoltare di nuovo quel ritornello però, non potevo fare a meno di farmi trasportare dovunque la melodia desiderava. Ero a un passo dal perdermi.
‘Ehi! Attenta. Stavi per cadere di sotto.’
Stavo effettivamente per cadere di sotto. Il rumore dell’acqua che cadeva copiosa mi risvegliò completamente. Guardai giù, il salto nel vuoto che avevo immaginato appena arrivata a Twin Peaks era lì ad un passo.
‘Grazie mille. Mi sa che mi ha salvato la vita.’
‘Ahahah non preoccuparti, capita spesso. Anche a me.’
‘Come fa a non cadere mentre succede?’
‘Oh, per la miseria, dammi del tu, non sono mica una signora…’
‘...una con tutte stelle nella vitaa.’
‘Eh?’
‘No, niente, scusami.’
‘Deduco tu abbia conosciuto Jacoby. Io comunque sono Audrey.’
‘Ciao Audrey.’
‘Ragazza! Dobbiamo andare, corri!’
‘Scusami Audrey, Jacoby mi chiama, devo proprio andare. Ho urgente bisogno di vedere lo sceriffo. Ma magari ci rivediamo.’
‘Si, magari. Attenta a non cadere.’
Mentre mi allontanavo ho avuto come l’impressione di riuscire a vedere qualcosa nella cascata, forse un volto, o forse era semplicemente quello strano ricordo legato alla melodia. Ma non c’era tempo, così smisi di guardarmi indietro e proseguii il viaggio con Dale e Jacoby.
Sembrò tutto così veloce, quando arrivammo alla stazione dello sceriffo non ricordavo quasi nulla del viaggio, eccetto gli occhiali di Jacoby, quelli erano un ricordo costante.
‘Ecco qui. Siamo arrivati!’
‘Non so come ringraziarvi.’
‘Non preoccuparti, ci siamo divertiti. Adesso io e Dale dobbiamo fare una lunga chiacchierata, non possiamo più accompagnarti. Mi raccomando porta a compimento la tua missione, e ricorda! Fai sapere anche a noi, siamo curiosissimi!’
Non feci in tempo a salutare: erano già lontani, e già mi mancavano.
Una donna mi aspettava all’entrata. Mi sorrise e mi indicò la parte destra dell’edificio, non parlò, rimase immobile.
Seguii le sue istruzioni e incontrai l’uomo che non avrei mai pensato di incontrare.
‘Oh mio… oh! Non ci credo! Ma lei è… lei è David Lynch!’
‘Ah ah ah! Sei arrivata finalmente!’
‘MA. Sono stata mandata per parlare con lo sceriffo Truman.’
‘No. Sei stata mandata per parlare con me.’
‘…’
‘Ti ho mandata io per parlare con me.’
‘Scusi. Ma perché?!’
‘Perché sono David Lynch! Non è che tutto quello che faccio io deve avere un senso.’
‘Giustamente. Quindi, adesso che si fa?’
‘Adesso torniamo a casa.’
‘Cioè, tutto questo cas… va beh, non chiedo.’
Non riuscivo a capire granché, ma ormai ero in macchina con David Lynch, quindi niente aveva più importanza.
‘Scusi, ma allora non aveva proprio alcun senso questo viaggio?’
‘Guardati indietro. Cosa vedi?’
Vedevo il cartello di Twin Peaks dietro di noi. A pochi metri di distanza, diventava però sempre più lontano. Stavamo andando via. Tornai a guardare avanti, ero triste e lo osservai.
‘Non guardarmi così. Stiamo andando via, ma questo non vuol dire che non torneremo.’
‘Ma voglio tornare adesso.’
‘Se solo fossimo reali, potresti farlo.
Ma non puoi riguardare daccapo un sogno che hai già sognato; ne devi inventare un altro.’