C’è una parte recondita nel cervello di ogni uomo in cui si sviluppa un qualcosa, un’emozione. Quando questa divampa, il cervello va in tilt, esplode il processo sensoriale e i profumi si fanno più intensi, più esotici. La causa di tutto questo, direte voi, può essere soltanto una: le donne.
Ma non è così. La vera colpevole di questo big bang emotivo è la femminilità che caratterizza alcune figure del gentil sesso.
Nelle serie tv ci sono tantissime donne sensuali, ma la femminilità non è per tutte. In Twin Peaks, la serie capolavoro di David Lynch, la donna è la vera protagonista insieme al doppio di ognuno; ma c’è un qualcosa in più da osservare.
C’è una ragazza, una creatura mistica e misteriosa che abita le strade, le stanze e i boschi di Twin Peaks: parliamo di Audrey Horne, la personificazione della femminilità e paradigma dell’essere donna.
Ma come può una poco più che ragazzina avere questo fascino?
Come può essere ricordata e osannata dalla critica e dal pubblico?
Qual è il motivo per cui la Audrey Horne di Twin Peaks è entrata di diritto nella storia della serialità mondiale? Proveremo a spiegarlo in queste poche righe, ben coscienti che per descrivere il character interpretato da Sherilyn Fenn non basterebbe un libro.
Twin Peaks: la casa della magia e di Audrey Horne
Comincia tutto così: con una cosa semplice, un dettaglio.
Audrey Horne è piena di dettagli, a partire da quella piccola macchia posta all’incrocio tra la continuazione dell’arco disegnato dal ciglio sinistro e la linea immaginaria della palpebra. Quel punto scuro che tutti chiamano neo, ma che è un magnete sul viso di Audrey. La magia, come abbiamo detto, permea tutta la serie tv di David Lynch (che ha smentito una delle teorie più accreditate sul finale della serie) e contagia anche i suoi protagonisti. Conosciamo la figlia del ricco imprenditore proprietario del Great Northern Hotel proprio nella lussuosa mansione in cui risiede anche il detective Cooper.
Proprio lui rimarrà ammutolito dall’arrivo della ragazza.
Sì, perché Audrey Horne non è una donna che quando passa fa gridare, bensì una che fa ammutolire. La sua è una bellezza silenziosa, una femminilità conturbante. Audrey è la sfumatura più rossa dell’arcobaleno femminile delle serie tv, il colore più acceso, quasi come quelle scarpe che di nascosto si cambiava prima di entrare a scuola.
Un’altra piccolezza, una di quelle che caratterizzano per sempre un personaggio. Quei tacchi non troppo alti, non esagerati.
Perché la ragazza non ha bisogno di essere eccessiva come tante altre per farsi guardare.
La danza, l’estasi e il gioco
Ciò che però ricorderemo sempre di Audrey sono quei movimenti onirici e sinuosi, sensuali e spontanei che caratterizzano la sua danza.
Quella musica del maestro Badalamenti che ipnotizza quasi come la ragazza che ne è la protagonista indiscussa.
Audrey in fondo è una ragazzina e proprio per questo prova quell’innocenza e quei sentimenti delle prime volte.
Tutto è nuovo per lei, tutto è mutevole.
L’amore, il gioco e la semplicità che la contraddistinguono sono una droga per ogni spettatore.
Si tratta di erotismo elevato all’ennesima potenza, di femminilità allo stato puro.
Per non parlare poi degli iconici momenti al One Eyed Jack: quello della ciliegia e quello in cui incontra suo padre. Nella prima la ragazza diventa donna viva e vissuta, e quel gioco per annodare il picciolo del frutto è una sensuale dimostrazione di consapevolezza.
Insomma, una volta qualcuno ha detto che “la bellezza di una donna è la sua femminilità, non è quello che mostra, ma quello che riesce a far immaginare“.
Noi possiamo dire che Audrey ci ha portato a sognare.
O, più semplicemente, a immaginare.