Precisamente un anno fa, il 3 settembre del 2017, andavano in onda i due episodi finali di una Serie Tv destinata a rivoluzionare l’idea e il concetto delle produzioni per il piccolo schermo. Stiamo parlando di Twin Peaks – The Return, la tanto attesa terza stagione del capolavoro firmato David Lynch. Laura Palmer ce lo aveva promesso: “I’ll see you again in 25 year”, “Ci rivedremo tra 25 anni”, e così è stato. The Return è un film lungo 18 episodi, un’opera d’arte, una Gioconda del ventunesimo secolo (qui ne tessiamo tutte le lodi).
Cercare una spiegazione alle opere di Lynch è un compito che sembra impossibile. Il regista è da sempre amante di finali aperti o comunque difficilmente decifrabili, basti pensare a Mulholland Drive, Lost Highway e Inland Empire. Oggi con questo articolo cercheremo di rendere omaggio al finale di stagione che compie precisamente un anno. Proveremo a risolvere quante più incertezze possibili che pullulano dentro le meningi di ogni appassionato di Twin Peaks, compreso il sottoscritto.
Twin Peaks – Le certezze
Prima di cominciare l’analisi del finale di stagione bisogna porre le sue fondamenta, bisogna scovare certezze su cui cominciare a costruire. La prima è che le prime due stagioni, e soprattutto il film Fire Walk With Me, sono fondamentali per capire The Return. Alcune scene, alcuni piccoli particolari, a volte solamente alcuni frame sono indissolubilmente collegati tra di loro. Se siete appassionati di Twin Peaks e del Maestro Lynch sapete che guardare le sue produzioni è come partecipare a un rito, a una sorta di processo di iniziazione per entrare nella sua mente e nel suo mondo.
Altro concetto fondamentale per provare a capire il finale è la puntata numero 8 di The Return. Questa assume vari significati e ha una valenza simbolica ed esplicativa. Iniziamo col dire la cosa più scontata: i test nucleari e lo scoppio della bomba atomica sono intesi come i peggiori mali che l’uomo sia mai riuscito a creare. Da questa ondata di negatività, da questo cercare un’arma per uccidersi gli uni con gli altri, scaturisce un qualcosa.
Ciò che nasce da questo vortice di elettricità (che in Twin Peaks è simbolo di malvagità o comunque del sovrannaturale) è un essere dalle forme semi-umane che verrà poi denominato Judy. Come se non bastasse, dalla sua bocca escono migliaia di ovuli tra cui quello che contiene lo spirito di Bob.
La ragazza che vediamo nello stesso episodio 8 si presume essere Sarah, la madre di Laura Palmer. Nella terza stagione la donna diventa sempre più schizofrenica, sempre più malvagia, fino ad arrivare al punto di uccidere un uomo. Non è tanto l’omicidio in sé, ma come è compiuto che ci fa ragionare.
Sarah apre la sua faccia come una maschera, e in lei troviamo l’oscurità, la malvagità che uccide il malcapitato molestatore. E non è la prima volta che vediamo un personaggio di Twin Peaks togliersi la faccia: era accaduto proprio a Laura, ma non c’era oscurità, solo tanta luce buona. Questo ci fa capire due cose: Sarah è Judy, o comunque Judy è dentro Sarah attraverso la rana-insetto che ingurgita nell’episodio 8. Sara è The Mother, ovvero la madre di tutti i mali. Nello stesso episodio vediamo che il Gigante, il Fireman, crea Laura proprio nel momento in cui vede lo scoppio della bomba e l’esplosione di tutte le entità maligne. Possiamo quindi dire che Laura è stata creata dalla Loggia Bianca per combattere il male.
Un ultimo punto riguarda i due episodi finali, il 17 e il 18. Da qui in poi si andrà di congetture, la cosa però che sembra certa è che Lynch ci ha fregato di nuovo. Il regista ha creato due finali diversi per due realtà diverse: quella di Twin Peaks e la nostra. L’episodio 17 è il finale di tutto ciò che abbiamo imparato a conoscere nel nostro viaggio lungo 3 stagioni, anzi, lungo più di 25 anni.
Dal momento in cui l’orologio si ferma alle ore 2.53 (la Log Lady, che potrebbe avere un documentario dedicato a lei, ci aveva avvertito in una telefonata: “il bagliore sta morendo, il cerchio è quasi completo. 2 – 5 – 3, il numero del completamento”) e vediamo il fermo immagine della faccia di Cooper, il piano narrativo cambia totalmente. Tutto diventa nero e troviamo Coop, Cole e Diane che si avviano alla porta della cantina del Great Northern Hotel. Da qui in poi, ammesso che l’episodio 17 sia il finale nella realtà di Twin Peaks dove Bob viene distrutto, procederemo a tentoni. Cercheremo, muovendoci nelle tenebre, di decifrare ciò che è contenuto nell’episodio 18, forse uno dei più oscuri e stranianti dell’intera Serie Tv.
Come finisce veramente Twin Peaks?
Questa domanda forse non avrà mai una risposta, perché in realtà ognuno di noi ha una sua mente e un suo modo di ragionare davanti ai fatti. Chi vi scrive proverà a motivare tutte le sue idee e le sue congetture, con la speranza che questo piccolo vento possa, se non dissipare, magari riuscire a schiarire la vostra mente dalle nuvole scure che vi si addensano.
Iniziamo a ragionare attraverso due sogni. Quello di Gordon Cole e quello di Dale Cooper. Il primo nell’ultima stagione racconta che durante il sonno immagina di essere in un bar con Monica Bellucci e che questa gli dica un’antica frase: “Siamo come sognatori che sognano e che vivono allo stesso tempo dentro al sogno. Ma chi è il sognatore?“. Successivamente l’italiana fa segno all’uomo di voltarsi a guardare una scena che sta accadendo dietro di lui.
Questo rivede un Cole più giovane in una scena di Fire Walk With Me conosciuta a tutti come “Il sogno di Cooper”, in cui appare Jeffries dopo un lungo periodo in cui si credeva scomparso. L’uomo interpretato da David Bowie a un certo punto afferma: “Viviamo dentro a un sogno”. Un caso? Lynch non lascia mai nulla al caso e proprio per questo possiamo passare a un grado di analisi successiva, ovvero addentrarci nella Conoscenza Vedica tanto amata dal regista e fonte di grande ispirazione per lui.
Secondo i religiosi del Vedismo, nel processo di creazione del mondo non siamo nient’altro che sogni. Siamo un gioco dell’Assoluto che sognando si manifesta attraverso noi e tutta la realtà. Questo processo viene messo in atto per conoscere se stessi. Quindi, nel caso di Twin Peaks, chi è il sognatore? E soprattutto, cosa è realtà? Cosa invece è sogno? Sicuramente è reale la lotta tra bene e male. La guerra a Judy perpetrata da Cooper, Cole e Jeffries e il loro piano. È reale anche la creazione dello Spirito Puro Laura da parte del Gigante, del Fireman, per combattere l’oscurità, Judy. Ma qual è il piano di Cooper e compagni? Quello di sconfiggere The Mother.
Come riuscire in questa impresa? Il nostro Dale, grazie all’aiuto di Jeffries, si reca nello spazio tempo in cui Laura poteva ancora decidere il suo destino. In cui poteva tornare a casa, in cui poteva salvarsi da Bob. A questo punto, senza la morte di Laura, Twin Peaks come la conosciamo tutti noi non esisterebbe e Cooper non sarebbe mai andato in quella città. Per completare questo piano non rimane altro da fare che oltrepassare, assieme a Diane, la porta dimensionale che gli aveva suggerito il Fireman.
Ecco le parole del Fireman: “430”, “Richard e Linda”, “Due piccioni con una fava” e soprattutto “Ricorda!”. Seguiamo il primo indizio: Cooper e Diane oltrepassano questo confine dimensionale sotto dei tralicci elettrici posti al chilometro 430 della strada in cui Bad Cooper aveva avuto un incidente. Poi i due si fermano in un motel per completare il rito di passaggio attraverso un atto sessuale. Anche in questo caso si tratta di una usanza Vedica.
All’alba non siamo più nella realtà di Twin Peaks. Cooper infatti è diventato Richard (secondo indizio), un agente dell’FBI che ha avuto un storia con Linda (Diane). Lei lo abbandona lasciandogli una lettera, la motivazione scritta sul foglio è il fatto che non riconosce più il suo partner. Richard non è il nostro Cooper, è più Evil Cooper, Dougie Jones e lo stesso Dale messi insieme. Naturalmente il suo passaggio nella loggia e tutto quello che ne consegue non possono essere cancellati. Ci troviamo davanti a un uomo evoluto, in cui bene e male coesistono. Richard va a Odessa per cercare Laura e la trova, guarda caso, in un bar chiamato Judy’s. Fa tutte queste azioni perché ha seguito il consiglio principale del Fireman, ovvero: “Ricorda!”.
Ecco, Odessa. La città texana è facilmente associabile a Odissea, il viaggio di Ulisse. Questo infatti, peregrinando in lungo e in largo, riesce a tornare a casa. Così come Laura dovrebbe riuscire a tornare a casa dopo essersi salvata dalla morte. Intanto la nuova dimensione presenta caratteristiche della vecchia. Nella casa di Carrie Page (la nuova Laura) troviamo un cavallo bianco, il simbolo del male. Fuori dalla casa troviamo il palo della luce con il numero 6, già presente in Fire Walk With Me. Importante è riflettere anche sul nome della nuova Laura, Carrie Page, che trasformato foneticamente in “carry page” vuol dire “portare indietro una pagina”. Forse quella strappata dal diario della ragazza uccisa da Bob. Forse la stessa Laura, la ragazza che doveva essere riportata a Twin Peaks.
I due quindi si avviano in macchina verso la cittadina dalle montagne gemelle in un viaggio che sembra interminabile, minuti di strade oscure illuminati solo dai fari della macchina. Arrivano al numero 708, ma ad aprire la porta non è Sarah, anzi, la famiglia Palmer non ha mai abitato li. Alla soglia c’è Alice Tremond, la proprietaria che racconta ai due che prima la casa apparteneva alla famiglia Chalfont. Cooper rimane esterrefatto, “In che anno siamo?” si chiede. Laura fissa la casa con uno sguardo impaurito, poi sente una voce, è quella di sua madre – e allo stesso tempo di The Mother – che la chiama. Un urlo di terrore squarcia la cinepresa, buio, sipario. Cosa è successo?!
Il finale di Twin Peaks è puro Lynch. La quarta parete forse crolla, siamo nel nostro tempo? Nel nostro mondo? La realtà che ci si presenta davanti è quasi sicuramente metatestuale. I due piccioni con una fava sono il fulcro della narrazione. La simmetria reale/fiction pervade tutta l’opera. Cooper esce dalla presa di corrente numero 15 proprio nel quindicesimo episodio. Il dualismo realtà e finzione concorre anche a spiegare quanto accaduto nella serie. Questo perché a narrarci la vicenda è Lynch, ma anche Cole. Il regista è narratore diegetico, due piccioni con una fava, i due alter ego che ci raccontano Twin Peaks. Che ci consigliano come vedere la Serie Tv, come leggere tra le righe dei frame.
I due piccioni sono anche i due finali, puntata 17 e puntata 18. Le due linee temporali che sono realtà distinte e separate. Quella dei personaggi e quella degli spettatori, quella quindi di Lynch e di Cole. La casa dei Palmer adesso è la casa dei Tremond e prima dei Chalfont (due nomi che ci ricordano il malvagio, collegati a Fire Walk With me). L’attrice che interpreta la proprietaria di casa è la reale proprietaria del nostro mondo. Non è un caso.
Il finale di Twin Peaks è quindi aperto, ma chiuso da una certezza: il male sembra invincibile perché siamo noi uomini che continuiamo a perpetrarlo. Nonostante la sconfitta di Judy, il ricordo del male subito da Laura rimane, la malvagità quindi non può essere sconfitta finché noi tutti non prenderemo atto che siamo la causa di essa. Finché non ci renderemo conto che siamo noi stessi la Madre di Tutti i Mali. Che siamo tutti, nessuno escluso, Judy.