Twin Peaks è ormai una serie diventa cult e si potrebbe parlare per ore di come questa sia riuscita negli anni 90 a stravolgere completamente il panorama delle serie tv e del piccolo schermo, rappresentando una vera e propria rivoluzione nel campo. Il capolavoro del visionario David Lynch, affiancato dal co-sceneggiatore Mike Frost, ha mostrato un modo del tutto nuovo di narrare e scandire il tempo nel campo cinematografico.
Mentre tutto il mondo era concentrato principalmente su prodotti come polizieschi lineari, incalzanti e con un rapido avvicendarsi di colpi di scena, Lynch decide di prendere una strada del tutto opposta. La serie – da poco disponibile su Paramount+ – si prende tutto il tempo necessario per creare un universo proprio, costituendo così una cittadina fluida e ricca di personaggi dalla personalità unica e con una storia presente e passata ben scritta. A questo si aggiunge la continua rottura degli schemi tradizionali per regia e sceneggiatura, grazie soprattutto a una trama complessa e intrecci molto più complicati di quanto il pubblico ai tempi fosse abituato. E così, come nel 1990, ancora oggi gli spettatori si ritrovano avvinghiati nel fitto mistero dell’omicidio di Laura Palmer, condito poi dall’aggiungersi – episodio dopo episodio – di nuovi tasselli e nuovi interrogativi tetri, toccando anche la sfera dell’occulto e del paranormale.
ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Twin Peaks.
La Lentezza è la chiave centrale della narrazione per Lynch
Ovviamente, da una grande mente come quella di Lynch non potevamo che aspettarci un fiume in piena di elementi spaventosi, macabri e grotteschi, che si fondono indissolubilmente con una leggera e sottile ironia. Il regista non procede in maniera convenzionale e anzi, rompe ogni convenzione e ribalta l’utilizzo classico del tempo e della camera. Lo fa sorprendendo gli spettatori non con scene di per sé spaventose ma procedendo lentamente a costruire una forte tensione in maniera estremamente attenta e meticolosa.
Per narrare l’indagine dell’omicidio di Laura Palmer, Lynch sceglie un elemento chiave che userà continuamente a suo vantaggio: la lentezza. Il lento scorrere degli eventi e delle scene più spaventose costruisce nella mente di chi guarda non solo ansia, ma anche un forte senso di nervosismo e stranezza. Così viene a crearsi un’ esperienza visiva e sonora unica che sembra fermare il tempo e trasportare lo spettatore in un luogo sospeso e onirico, fuori dal tempo e dallo spazio. Il l tempo inizia a dilatarsi, le scene più cariche di tensione vengono dilungate all’inverosimile e quel già sottile confine tra realtà e sogno continua a sfumarsi ancora di più, mentre la suspense aumenta e aumenta.
La prima scena che probabilmente salta alla mente di tutti è l’ingresso dell’agente Cooper – mentre sogna beatamente nel suo letto – nella loggia nera. Qui, dopo la visione di Mike e di Bob, il tempo rallenta drasticamente. Il colore rosso diviene quello dominante e l’agente rimane pietrificato e inorridito difronte a uno dei momenti decisamente più grotteschi della prima stagione. Il tempo dilatato, il nano che inizia a danzare e il dialogo in reverse creano nella mente di chi osserva emozioni contrastanti, date dal connubio perfetto tra comico e disturbante. Usando la dilatazione temporale, Lynch permette anche ai personaggi secondari di esprimersi nella maniera più esplicita possibile, con espressioni esagerate, reazioni inaspettate, e incredibili pause di silenzio tra una battuta e l’altra.
Quello di Twin Peaks è un mondo sospeso in una dimensione onirica e senza tempo
La summa massima di tutti questi elementi è rintracciabile nella sequenza in cui l’agente Cooper viene ferito da una pistola nella sua stanza d’albergo. Qui la tensione è alle stelle e – mentre l’agente dell’FBI è a terra – un anziano facchino dell’albergo, che sembra essere la sua unica speranza di salvezza, entra continuando a ripetere di aver portato del latte caldo. Cooper, allo stremo delle forze, continua a chiedergli di chiamare un dottore, ma lui invece non sembra capire niente e l’unica cosa che ripete è di aver portato del latte caldo. In questi interminabili minuti di angoscia e ansia.
Questa continua lentezza presente in tutta la narrazione rispecchia perfettamente la cittadina di Twin Peaks e i suoi abitanti. Entrando al suo interno, l’agente Cooper sembra superare i confini di un luogo sospeso nel tempo e nello spazio in cui tutto accade senza influire sul mondo circostante. La vita degli abitanti che la animano appare così ripetitiva e insoddisfacente e – allo stesso tempo – ambigua. Più che una ridente cittadina – citando l’agente Copper – Twin Peaks sembra essere un luogo in cui paure ancestrali ed elementi disturbanti risiedono, nascondendosi nelle grottesche sembianze di personaggi semplici e dalla vita monotona.
Il legame fondamentale che c’è tra l’utilizzo dei colori e la dilatazione temporale in Twin Peaks
Se la dilatazione temporale è un elemento chiave per la creazione di scene profondamente grottesche e tese, un ruolo di altrettanta importanza è costituito dai colori utilizzati dal regista. Il Rosso è il colore preponderante e viene utilizzato in tutte le sue sfumature. Dal rosso più chiaro presente in scene meno disturbanti e di passaggio, al rosso più acceso nelle scene più centrali e più cariche di tensione, come nella stanza della Loggia Nera. A questo si aggiunge l’utilizzo del Blu che viene utilizzato soltanto nelle scene più disturbanti, esagerando le espressioni del viso o appesantendo ancora di più l’atmosfera. L’attento utilizzo di questi due colori si unisce alla lentezza per creare una narrazione opprimente, grottesca e disturbante. Ogni immagine Lynch proietta lo spettatore in un continuo stato di angoscia, tensione e oppressione, imprigionandolo in una dimensione distante da ogni razionalità terrena.