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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Twin Peaks
Quando guardiamo per la prima volta un’opera audiovisiva il nostro desiderio primario è quello di poterci immergere in un mondo nuovo, di poter percepire la sua atmosfera e il suo particolare stato d’animo. Vogliamo sentirci parte di quella storia, scoprire i dettagli dell’ambiente in cui sono inseriti i personaggi, respirare all’unisono insieme a loro. In Twin Peaks il senso del luogo, cioè l’insieme di tutte queste caratteristiche, è stato reso in maniera così creativa e attenta, che noi spettatori abbiamo nutrito lo stesso entusiasmo dell’agente Cooper nell’esatto momento in cui è arrivato in quella tranquilla località di montagna. I boschi rigogliosi, la segheria, la pompa di benzina di Ed, la tavola calda RR Diner, il Bang Bang Bar, il Great Northern Hotel: tutte queste location hanno funzionato egregiamente come dei contenitori per raccontare il contenuto.
Al loro interno abbiamo visto pulsare un gruppo di personaggi variopinti, ben delineati nei loro tratti caratteriali ma anche fisici. Pensiamo ad esempio alla benda nera sull’occhio di Nadine o all’orecchino indossato da Hawk. Di Cooper ricordiamo la stanza 315, interamente rivestita in legno, della quale possiamo persino subodorare il profumo di resina. E che dire della casa di Laura Palmer, con le pale del ventilatore a soffitto in continuo movimento. O dell’abitazione di Dana, con il divano a fiori da cui compare Bob. Twin Peaks è un brulicare di voci, volti, occhi, sospiri che raccontano un pezzetto di verità sull’omicidio di Laura. Allo stesso tempo svelano lentamente la vita della comunità, facendo incuriosire il pubblico sul destino di ogni singolo personaggio. Strato dopo strato oltrepassiamo il sottile velo della sonnolenta routine della cittadina, diventando testimoni diretti delle intricate relazioni che la compongono.
Assistiamo all’amore acerbo e segreto tra Bobby e Shelly, che ritroveremo 25 anni dopo nelle loro vesti di genitori adulti, anche se non più innamorati. Osserviamo infastiditi i sotterfugi di Ben, proprietario dell’unico hotel di Twin Peaks e del bordello\casinò One-Eyed Jacks. Un uomo d’affari senza scrupoli, padre di Audrey, e manipolatore al punto giusto da essere considerato il vero antagonista della prima stagione della serie. Ben è il tipico personaggio che vorremmo vedere affondare nei suoi stessi complotti. E in effetti è ciò che ironicamente accade quando risulta sospettato del delitto di Laura, venendo rinchiuso nella centrale di polizia dello sceriffo Truman.

Quest’ultimo compone un quartetto affiatato e leale formato da Andy, Hawk e Cooper. Quando rifletto su di loro mi viene da pensare alla parola amicizia in tutte le sue declinazioni più positive. Hawk è la fedeltà fatta persona, silenzioso e abile come un segugio nel seguire le tracce giuste. Harry Truman rappresenta la temperanza, la riflessione, un uomo coi piedi per terra, potremmo dire, in perfetta armonia e complicità con la trascendenza stralunata dell’agente Cooper.
Infine Andy, il vicesceriffo. Un tenerone il cui candore e la cui ingenuità gli donano il privilegio di poter accedere alla Loggia Bianca, il regno del Bene, in uno degli episodi della terza stagione di Twin Peaks. Se la sua relazione con Lucy all’inizio della serie è molto altalenante, 25 anni dopo sarà invece come tutti noi avremmo sempre voluto che fosse. I due infatti nel frattempo si sono sposati e hanno avuto un figlio, che tuttavia fa la sua comparsa solo in una breve sequenza.
Questo gruppo di personaggi rappresenta il cuore della cittadina, il luogo dove tutto converge. È qui che approdano Albert e Gordon, i due membri dell’FBI di Filadelfia, a fare da supporto all’indagine su Laura Palmer. Come ricorderete, Gordon è interpretato da un esilarante David Lynch con problemi di udito, per i quali urla ogni volta che parla. A causa di questo deficit fisico, fraintende quasi tutto ciò che gli viene detto, creando situazioni comiche anche in momenti drammatici. Non si può non amarlo le volte in cui alza il pollice verso Coop (come lo chiama lui) il quale ricambia il gesto. O quando si prende una cotta più che evidente per Shelley, l’unica che riesce a udire chiaramente senza auricolari sulle orecchie. Un bel tipo, niente da dire!
E poi c’è l’idea assolutamente originale di introdurre alcuni episodi della serie con un monologo criptico della Signora Ceppo, colei che detiene la saggezza di Twin Peaks. La donna guarda dritto negli occhi di noi spettatori parlandoci con voce calda e pacata, mentre tiene il ceppo tra le braccia. Con esso può comunicare e avere delle premonizioni su quello che accadrà nelle dinamiche della cittadina. Possiamo dire che tra lei e l’oggetto in legno ci sia un legame mistico e contemplativo, una sorta di mezzo tramite cui accedere a una realtà invisibile.

I suoi soliloqui sono flussi di coscienza pura ascrivibili al mondo surrealista di Lynch, e capaci di evocare riflessioni profonde sulla vita e sul nostro ruolo di esseri umani. Per essere compresi pienamente andrebbero riascoltati una seconda o una terza volta, in età differenti della nostra esistenza. Scoprirete così che la Signora Ceppo ha sempre avuto qualcosa da insegnarci, ma che la chiave del sapere può passare per il non detto o per interrogativi che aprono ad altri interrogativi. Tipico di Lynch, del resto. Questo personaggio infatti, insieme a tutti quelli che compongono l’universo delle due Logge, può essere considerato il più lynchiano della serie.
Il luogo però in cui da spettatrice mi sono sentita più coccolata, in qualche modo persino a casa per il calore e l’accoglienza del suo ambiente e dei suoi protagonisti, è l’RR Diner. Norma e Shelley, rispettivamente proprietaria e cameriera del cafè, sono colleghe e amiche sincere, seppure con diversi anni d’età di differenza. Entrambe condividono una relazione nascosta con un uomo, entrambe sono sposate con individui violenti e spregevoli (Leo e Hank), ma entrambe accolgono i clienti della tavola calda con un sorriso stampato sulle labbra. Sono solari, nonostante tutto, e per me rappresentano le figure femminili meglio riuscite di Twin Peaks. Nemmeno la misteriosa Diane, di cui vedremo il volto solo nell’ultima stagione, è riuscita a essere pura e onesta come Norma e Shelley. La donna dal caschetto prima biondo platino e poi rosso fosforescente, è uno dei personaggi che vediamo all’interno della Loggia Nera.
Il discorso sulle due logge e sull’articolato universo che le riguarda meriterebbe un approfondimento a sé. Questi spazi metafisici infatti ospitano figure grottesche ed enigmatiche come Mike, l’uomo senza braccio, o come il nano vestito di rosso. Tuttavia la loggia stessa è a tutti gli effetti un organismo vivente che cambia forma, modificando le stanze al suo interno, e creando come una madre malevola il doppelgänger negativo di coloro che hanno la sfortuna di approdarci. In questo caso, il luogo diventa quindi un personaggio importante tanto quanto quelli in carne e ossa. I suoi pesanti drappeggi rossi celano persino Leland Palmer, il padre di Laura posseduto a sua insaputa da Bob per decenni, e la figlia, il seme da cui tutto ha avuto origine.

Il personaggio della ragazza è piuttosto interessante perché, se ci pensate, è l’unico insieme al Gigante a comparire in entrambe le logge. È il bene ed è il male, forse. È colei che rappresenta la natura ibrida dell’essere umano. Tutti abbiamo un polo positivo e uno negativo, dipende quale e quanto peso scegliamo di porre sulla bilancia del nostro comportamento. Questo concetto viene chiaramente impersonato dal Cooper delle ultimissime puntate della terza stagione. L’agente dell’FBI infatti non è più sdoppiato tra la sua parte buona e quella cattiva, ma diventa una sintesi delle due. Non certo perfetto, ma quanto meno equilibrato.
Non a caso lui e Laura sono i protagonisti della scena finale della serie, squarciata dall’urlo di terrore della donna prima che tutto si faccia buio. È lei che involontariamente ha mosso le fila dell’animato microcosmo formato dai personaggi di Twin Peaks. Ognuno di loro ha avuto in un modo o nell’altro dei contatti o delle relazioni con Laura, e in seguito al suo assassinio ha agito di conseguenza. Piangendo, gridando, fuggendo (come James), scoprendo realtà extra-sensoriali, amando. E, come piacerebbe tanto a David Lynch, sognando e diventando sognatori del proprio sogno.