L’orrore più subdolo e terrificante è quello che pian piano si insinua nelle recondite spire della mente umana. Ed è questa sua lentezza a renderlo più spaventoso. Perché l’illusione di una vita normale inganna l’uomo che, inconsapevole, coltiva il mostro dentro di lui. Ed è questa viscida, e lentissima, escalation di paura che funge da filo conduttore all’intera vicenda partorita da Lynch. La sperduta Twin Peaks è l’inconsapevole fulcro di un dolore primordiale, un cancro spietato e meschino. Un orrore senza tempo.
L’omicidio della bella Laura Palmer potrebbe rappresentare il culmine di un orrido avvicendarsi di morte e lussuria, ma è in realtà solo l’inizio di un nuovo incubo. La solitaria cittadina è sconvolta e piange la sua beniamina. Una ragazza che, grazie al suo alone di fascino misterioso, aveva incantato tutti i suoi concittadini. Lo sgomento per un’atrocità così mostruosa spalanca porte maledette che mettono in luce aspetti scabrosi della tranquilla comunità. All’improvviso Twin Peaks non è più un piccolo Paradiso terrestre ma una diabolica sorgente di orrore da cui scaturiscono echi spaventosi.
Il sonoro canto dei picchi e degli uccellini è ora soffocato da pianti di dolore e urla raccapriccianti. Twin Peaks degenera nella malevolenza.
Dale Cooper è il raggio di luce che squarcia il cielo e che illumina il sentiero. Un faro nell’oscurità. L’FBI sceglie il fascinoso detective per risolvere il mistero più sconvolgente nella storia della silenziosa cittadina. E non è un caso che la sua propensione all’arcano e all’occulto siano effettivamente le carte vincenti dell’agente federale. Perché, per risolvere questo assassinio, bisogna scavare a fondo nella natura umana e in quel lato nascosto di cielo che rappresenta il limbo tra la Terra e il Paradiso. Una via di mezzo tra l’inferno e lo scenario umano. Un posto dove persino il linguaggio distorto assume caratteri poetici. Quel “Fuoco cammina con me” che spaventa e affascina al contempo. Quella maledetta frase, apparentemente sconclusionata, che ti si incolla nella mente generando un frastuono immane.
Sillabe che racchiudono un messaggio subliminale di paura, morte e mistero.
Il vagone è lo scenario dell’orrore malcelato. Una stanza deturpata e stuprata almeno quanto le due malcapitate. Ronette Polansky e Laura Palmer hanno giocato con Bob e subiranno le letali conseguenze di ciò per l’eternità, sia da vive che da morte. Ma come si fa a risolvere un caso le cui radici affondano in un denso marasma di mistero? Come si fa a fungere da nesso con una realtà ultraterrena? Dale Cooper deve non solo approfondire il suo interesse per l’occulto, ma anche fare in modo che la natura remissiva dei suoi nuovi concittadini venga violata per accontentare le sue convinzioni.
L’iconica torta di ciliegie, accompagnata dall’immancabile tazza di caffè nero, diventano l’unico baluardo felice di un’indagine mirata a soverchiare il lato più negativo e oscuro della natura umana. Quel posto in cui gli esseri umani diventano “Sacchi mortali“, ovvero inermi burattini dediti a soddisfare malsani bisogni di esseri abominevoli. Ed è aprendosi a queste nuove frontiere che Dale si espone alla loro malevola influenza. La verità si fa strada nelle orrorifiche vie di Twin Peaks per palesarsi nella sua mente, come un sogno, un limbo tra realtà e irrealtà.
L’amara profezia di un destino crudele attende il fascinoso agente dell’FBI. Una prigione infernale che racchiude le anime di coloro che vi si addentrano, tra cui la seducente Laura Palmer. Lo stesso posto dove Mike ha deciso di liberarsi del suo malsano bisogno anteponendosi alla sua obbrobriosa nemesi. Un conflitto infinito che contrappone sete di sangue a voglia di redenzione. Le dinamiche che regolano lo statuto di questo mondo sono tremendamente misteriose. Ogni dialogo sfocia nel surreale e ciascun dettaglio fa parte di un mosaico infinito. Un incubo maledettamente reale: La Loggia Nera.
Siamo di fronte a una delle scene più iconiche e maestose dell’intera storia del cinema e della TV. Twin Peaks mette la quarta da questo esatto momento. Perché è da qui che il Crime diventa Horror, è da qui che la realtà viene spodestata per far posto alla magnifica pazzia Lynchiana.
Il delirio è servito su un piatto d’argento e spiana la strada ai risvolti orrorifici legati all’indagine. La visione di Bob è un episodio disturbante e spaventoso che ora accomuna Sarah Palmer e Dale Cooper. L’iconico identikit del mostro è maledettamente evocativo ed emblematico della spaventosità legata al soggetto. È qui il tocco di genio di un regista che riesce a sdoganare il significato di “mostruoso” classico. Perché per far paura, da oggi in poi, può veramente bastare una camicia di Jeans e uno sguardo perverso.
Questa escalation, fine all’approvvigionamento della paura, è propedeutica all’inserimento del mistero labirintico che è realmente l’essenza della vicenda. Come già detto, dietro la morte di Laura Palmer non vi è solo la sete di sangue di un letale killer o il malvagio raptus che porta ad un omicidio, ma un vero e proprio universo parallelo che a distanza di 25 anni continua a risultare spaventosamente arcano. Questa storia racchiude, con tutte le sue stranezze, il vero significato del male che, in controtendenza alla definizione classica, agisce secondo logiche inedite: