Un’altra dicotomia presente in Twin Peaks (e una che si rapporta anche all’ottenimento di una conoscenza superiore) è quella fra natura e artificiale. Dalla sigla che accosta immagini della natura a quelle della segheria, al corpo di Laura Palmer avvolto nella plastica, ai continui richiami di inquadrature del vento che scuote le fronde degli alberi. Se Twin Peaks come cittadina ha un ruolo centrale nella Serie altrettanto si può dire della forza che a questa si oppone.
Ogni angolo di civiltà in Twin Peaks presenta alberi possenti sullo sfondo, un richiamo all’impossibilità di contenere definitivamente le forze primordiali da cui deriva l’ordine. Simbolo per eccellenza di questa condizione di equilibrio precario sono le inquadrature esterne del Great Northern, in cui questo confortevole angolo di civiltà e la promessa di progresso che contiene il suo proprietario sono pericolosamente sul bordo delle possenti cascate.
Le inquadrature che si concentrano sulla natura la dipingono di tonalità più tenui rispetto agli interni caldi, a tratti quasi incandescenti.
Certamente il mondo naturale è meno vittima delle colorate passioni melodrammatiche umane, ma il fascino verso tutti questi alberi spesso scivola verso l’inquietudine. Nel suo viaggio verso Twin Peaks, Cooper sviluppa una sorta di ossessione verso gli abeti che la circondano. Prima della cittadina stessa, è la prorompente forza della natura a colpire lo straniero.
E in Twin Peaks la natura è lontana dall’essere completamente indifferente, un semplice modo di arricchire uno sfondo. Fra gufi fuorvianti e forze terribili e misteriose che si muovono fra gli alberi, il pericolo è sempre dietro l’angolo e l’uomo, imponendo la forza dell’ordine della ragione, è in continua lotta contro l’istintuale, contro la minaccia di uno sfondo che richiede sempre più primi piani.
Fra il ceppo della Signora Ceppo e lo spirito di Josie intrappolato nel legno, c’è sicuramente molto animismo in Twin Peaks. L’albero del sicomoro, co-protagonista dell’abete di Douglas, viene visto da alcune tribù dei Nativi Americani come “il Fantasma della Foresta”. Una presenza adatta la sua, quindi, in un bosco che si chiama “Ghostwood”, letteralmente “Bosco fantasma”.
La presenza dell’iconografia dei Nativi Americani certamente non si ferma alla natura spettrale del sicomoro: fra i murales che appaiono ovunque nel Great Northern, il copricapo tipico degli Indiani delle Pianure sulla testa di Johnny Horne, la statua vicino al letto di Cooper e diverse apparizioni di Totem, ce n’è abbastanza per dedurre l’importanza simbolica di questi elementi, anche prima di arrivare a Hawk e la sua leggenda delle Logge (ma se cercate esattezza culturale non è decisamente questa Serie il posto in cui la troverete).
Le forze di Ghostwood sono intangibili forze metafisiche, ma anche manifestazioni di “fantasmi” collettivi del passato americano.
Riconducendo la trama da un orrore umano a un mito antico, quasi primordiale, dell’antitesi ultima, quella del bene e del male, Twin Peaks scopre una botola nera che apre un baratro nell’umano come soggetto e preso nella sua collettività, nella sua società, nella sua storia.
Il male in Twin Peaks si esprime attraverso la danza, riconduce al tribale, riconduce alle origini.
E un altro richiamo a una figura tipica di alcune tribù Native Americane sono le immagini del pagliaccio che appaiono in Twin Peaks. Ne troviamo una a casa di Hank, una appesa a una parete durante la festa parodica organizzata da Shelly e Bobby per Leo, e lo stesso Leo arriverà ad assumere le sembianze di un clown.
In diverse culture Native Americane troviamo la figura del cosiddetto “pagliaccio sacro”. Il pagliaccio sacro ha il compito di apportare un miglioramento della società attraverso la satira. Generalmente si tingono il corpo di strisce bianche e nere, e fra queste figure spicca l’Heyókȟa della cultura Lakota delle Grandi Pianure. L’Heyoka è prescelto dall’Uccello del Tuono (Wakíŋyaŋ) per portare equilibrio fra la comunità costituendone la sua antitesi letterale. L’Heyoka è concepito come “colui che è contrario”, colui che fa tutto al contrario: cavalca al contrario, parla al contrario, indossa i vestiti al contrario.
La necessità di procurare un’antitesi per il mantenimento dell’equilibrio e per garantire il progresso ricorda il meccanismo che abbiamo evidenziato in Twin Peaks così come anche funzionano i koan nel Buddismo Zen.
La natura in Twin Peaks, la sua mistica e misteriosa foresta, è origine, pericolo e necessità della civilizzazione, così come la forza dell’inconscio è base, pericolo e necessario passaggio della mente verso la riunificazione con la materia, e così come la Loggia Nera è necessaria per quella Bianca, coesistente a essa, racchiusa in essa e passaggio necessario.
Il personaggio di Cooper arriva a Twin Peaks percependo una realtà simile a quella di Jeffrey in Blue Velvet, la cui storia Lynch riassume come quella di “un tipo che vive in due mondi allo stesso tempo, uno dei quali è piacevole e l’altro è buio e terrificante”. Ma l’uno non esclude e non può escludere l’altro. Sono e sono destinati all’unità, ad essere “one and the same”, come abbiamo imparato.