Trentadue anni di storia russa del Novecento racchiusi in una miniserie (disponibile su Paramount+), senza uscire dall’Hotel Metropol. Un Gentiluomo a Mosca può essere un dramma storico o sentimentale senza perdere di vista la leggerezza e l’ironia tratteggiati con grande abilità dal protagonista Ewan McGregor. Alexander Rostov è uno dei tanti nobili che si trova ad essere espropriato della ricca e indolente vita a causa della rivoluzione bolscevica del 1917. Niente più residenze in palazzi dall’architettura neoclassica né ville in Georgia dove passare l’estate. Niente più titoli, nessuna eccellenza, solo “compagni” in realtà di niente e nessuno. Il dorato e colto mondo della nobiltà della Santa Russia, depauperata dell’appellativo sacro e trasformata in “semplice” nazione, si estingue con la Rivoluzione di Ottobre.
La prima guerra mondiale, quella civile in Russia, la condizione allo stremo della popolazione, i processi sommari ai sostenitori dello Zar, la morte che permeava per tutto l’immenso territorio della Madre Russia non appaiono e non sono evocati da Un Gentiluomo a Mosca.
L’inizio della storia de Un Gentiluomo a Mosca
Il racconto parte dal 1922 con il conte Rostov che viene giudicato dal tribunale del popolo e vede salva la sua vita per un poemetto a lui attribuito che viene interpretato come un riconoscimento positivo alla rivoluzione. La condanna è tramutata nella reclusione a vita tra le mura dell’Hotel Metropol che già lo ospita e che sarà un secondo grande interprete di Un Gentiluomo a Mosca. Il Conte Rostov non ha più terre da rendere al popolo ma solo le suppellettili che hanno arredato il suo appartamento nel Metropol. La grandeur nella quale ha vissuto fino a quel momento si restringe in una stanza nel sottotetto.
Dovrà inerpicarsi su molte rampe di scale per raggiungerla ma la sua salita non corrisponderà ad un’ascesa, sarà l’inizio della china verso la sua nuova vita da recluso perennemente sotto controllo. Rostov perde i suoi oggetti di famiglia, la libertà di poter uscire dalla porta girevole che può solo introiettarlo tra le mura, gli ospiti e il personale dell’albergo. Resta un gentiluomo con Mosca di sfondo attraverso i vetri delle finestre o il colpo d’occhio dai tetti del Metropol.
Un gentiluomo a Mosca e la sua Fortezza Bastiani
Il personale deserto dei Tartari del Conte Rostov, il nostro gentiluomo a Mosca. Negli ambienti del Metropol, la reception, il ristorante, le infinite scale, l’ascensore, la sua Fortezza Bastiani che lo contiene e trattiene, Alexander Rostov vede e vive sia di riflesso che in prima persona la storia russa del novecento. Il gentiluomo intrappolato a Mosca è un testimone a 360 gradi di quanto succede. Inizia vivendo il suo stesso ostracismo dalla vita libera mantenendo comunque il privilegio di una prigione se non dorata, estremamente comoda.
Tocca con mano cosa sarebbe potuto succedere se non avesse avuto questa opportunità quando incontra il Principe Nikolai (Paul Ready), suo amico nella vita precedente. Per vivere suona il violino. Il suo tocco è struggente quasi a presagio della sua imminente fine dopo che le milizie scoprono il suo piano di fuga. In Un Gentiluomo a Mosca il Principe Nikolai rappresenta il destino alternativo del Conte Rostov e di tutti i nobili caduti nelle mani della Milizia: l’epurazione. Un Gentiluomo a Mosca con la sua aderenza storica si guadagna un posto tra le serie tv più popolari del momento presenti sulle piattaforme di streaming. Il Conte Rostov dopo questa perdita che lo scuote ma gli fa capire quanto sia fortunato, continua a navigare tra le mura del Metropol, s’inventa una vita fatta di piccoli gesti quotidiani.
L’abitudine viene scossa dall’incontro di Nina (Alexa Goodall), una bambina con tanto tempo libero ospite dell’albergo.
Domande pungenti, curiosità da vendere, in possesso di un passepartout che dava accesso al Conte e a lei ad ogni ambiente del Metropol. Tra le mille porte aprirà anche il cuore di Rostov. Nina crescerà, diventerà una dissidente, la rappresentazione della generazione cresciuta nella Nuova Russia, impossibile da sostenere a fronte di carestia e povertà estremi. Parte della generazione di Nina si farà carico di combattere il potere costituito. Parte della generazione di Sofia (Beau Gadsdon), la figlia che lascia crescere al nostro gentiluomo a Mosca per evitarle morte certa, avrà l’opportunità di sfruttare i propri talenti per chiedere asilo all’estero. E la generazione del Conte Rostov?
Il Conte e il suo amico Mishka
Mishka (Fehinti Balogun), l’amico senza titoli nobiliari che salva la vita al Conte Rostov lasciando credere che la sua poesia di spirito bolscevico l’abbia scritta il Conte. Mishka, l’amico fraterno che si allontana da Rostov per seguire la rivoluzione e le sue promesse. È il fervido credente della prima ora che soccomberà con la morte alla disillusione di capire che l’ascesa del popolo russo promessa dal comitato rivoluzionario si è trasformata in un’altra scalata ai privilegi dei burocrati dell’apparato. In Un Gentiluomo a Mosca Mishka incarna quella parte della Russia che non riesce ad adattarsi ai cambiamenti e accettare l’evidenza dei fatti.
Il nobile Alexander invece è riuscito a far prevalere la leggerezza nonostante sia “fatalmente russo” e vivere rinchiuso per più di trent’anni.
La contrapposizione tra i due è ancora più evidente perché Un Gentiluomo a Mosca sceglie di seguire la corrente del color-blind casting (ne parliamo qui tramite le parole di Pedro Pascal) e Mishka è interpretato dall’attore Fehinti Balogun (Damon in I May Destroy You ), caratterizzato da treccine rasta fuori contesto. L’anacronismo della resa del personaggio di Mishka rende più stridente la differenza tra i due mondi. Il popolo russo che sarebbe dovuto essere posto al centro dai bolscevichi è un corpo estraneo all’interno di un paese disilluso, inghiottito dai propri ideali. Il gentiluomo a Mosca, Alexander, è il privilegiato privato dei suoi averi ma non dalla forza di sognare un futuro, impaurito e scettico di fronte ai moti di ottobre.
Per non essere schiacciati dal peso della storia, assistere e andare oltre le morti di Lenin e Stalin, imparare a trattare coi burocrati e la Milizia, osservare dalle sale del Metropol il destino della Russia dopo il secondo conflitto mondiale ci vuole lo sguardo che la serie Un Gentiluomo a Mosca offre. Fedele nei fatti, leggero nella consistenza, nobile nell’animo ma soprattutto “fatalmente russo”.