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Come è invecchiata Gilmore Girls?

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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Gilmore Girls

Ragioniamo un secondo: Gilmore Girls, conosciuta in Italia come Una mamma per amica esce per la prima volta nel 2000, all’inizio di un decennio che ci ha regalato gioie immense per quanto riguarda la serialità adolescenziale. Oggi molti di noi continuano ad affidarsi a questa serie nelle sere più malinconiche o in quei pomeriggi spenti scanditi dalla noia.

Cosa ci piace tanto di Gilmore Girls? Da una parte l’andamento orizzontale dell’altalenante rapporto madre-figlia che si sviluppa lungo tutte le otto stagioni, dall’altra quello verticale che passa di generazione in generazione, da Emily a Lorelai e da Lorelai a Rory (e, chissà, forse anche oltre). Ma, ammettiamolo: ciò che più di tutto ci ha tenuto con il fiato sospeso sono le travagliate storie d’amore che portano entrambe le protagoniste a mettersi continuamente in gioco. Storie d’amore che sembrano essere il fulcro di ogni vicenda della famiglia Gilmore e che si susseguono con un ritmo cadenzato senza quasi lasciare alle protagoniste il tempo di ragionarci su. Le due sono infatti vittime delle loro stesse emozioni e si lasciano spesso trasportare da legami poco stabili (almeno in prima battuta) e finiscono per coinvolgere nelle loro peripezie anche lo spettatore affezionato a questo tipo di schema. A questo punto è molto facile immaginare quanto Gilmore Girls sia riuscito ad entrare in un immaginario collettivo che ancora oggi risulta quasi invadente nelle nostre menti.

Gilmore Girls

A questo proposito vi sfido: guardare oggi Gilmore Girls ha lo stesso sapore di quegli anni o siamo affezionati a temi e dialoghi di un mondo passato che non hanno più una vera credibilità? Più volte sui social e nei forum a tema si è lungamente dibattuto, soprattutto negli ultimi anni, di quanto la serie risenta di effettivi problemi a livello tematico; a maggior ragione quando il protagonista della discussione è diventato il pubblico della Gen Z, abituato a un certo tipo di linguaggio inclusivo e in un certo senso più moderno. A ben vedere è facile notare come il rapporto madre-figlia cui tanto siamo affezionati, ad esempio, sia in realtà una relazione quanto meno complessa per non dire disfunzionale: la relazione è basata su atteggiamenti spesso fuori contesto laddove il contesto, il più delle volte, è una cittadina di periferia legata a tradizioni anacronistiche che permette alle due donne di distinguersi con espedienti a tratti ridicoli. Le azioni delle due sono spesso legate ad un fittizio e poco credibile rapporto emotivo che il più delle volte finisce solo per creare disagi ad entrambe. Diciamoci la verità, una relazione del genere metterebbe a dura prova qualsiasi adolescente, e non solo della Gen Z.

Mettiamo il dito nella piaga: Lorelai e Rory (si chiamano nello stesso modo, a proposito di relazione disfunzionale) vivono questi amori travolgenti basati su relazioni con individui discutibili, certamente dal punto di vista affettivo ma non di rado anche sotto quello sociale (vedi Jess Mariano e la sua solitudine cronica che mette in crisi la salda Rory in due secondi). E questo modo di rapportarsi, anche e soprattutto in chiave di relazioni interpersonali, è spesso rappresentato come riflesso di una sedicente attitudine femminista, in base alla quale entrambe lottano per una realizzazione personale, sempre scandita però da periodici innamoramenti e decisioni emotive legate al tipo affascinante di turno. Rivedendo oggi la costruzione di queste dinamiche, e a maggior ragione se si è preso a riferimento figure come quelle delle due protagoniste, non è impensabile che tante ragazze possano sentirsi tradite da quello che è in realtà un atteggiamento passivo e il più delle volte ipocrita. Le nostre amate Gilmore puntavano a rappresentare un modello (irrealizzabile, siamo onesti) di rapporto madre-figlia che molte di noi non avevano e anche quello di donna realizzata, sicura di sé, indipendente. La verità, a volerla dire tutta, è che Lorelai è indipendente fino a un certo, limitatissimo punto e Rory dal canto suo, vuole sì realizzarsi ma solo col benestare del suo compagno.

una mamma per amica

Ci rendiamo conto che, arrivati a questo punto, qualcuno possa sentirsi spiazzato, magari addirittura offeso dai toni usati fin qui: toni che, si badi bene, sono volutamente provocatori, e che sul banco degli imputati, se banco ci dev’essere, vogliono farci salire le Gilmore, non certo gli spettatori che le hanno amate. Il punto è che oggi siamo abituati ad analizzare tutto, anche ciò che abbiamo amato molto, spesso incondizionatamente. É un processo doloroso ma allo stesso tempo necessario, perché ci permette di comprendere meglio i veri contenuti, detti e non detti, di quello che è sì un prodotto mediale, ma che ha contribuito a formarci e, in fin dei conti, a insegnarci ad amare, crescere, mangiare.

E a proposito di mangiare: un tema giustamente molto caro alla Gen Z è la body positivity e Gilmore Girls, anche in questo caso, invecchia molto male. Lorelai e Rory non fanno altro che mangiare, l’intera routine delle due è scandita dal cibo, il più delle volte tutto fuorché salutare. Sappiamo che la regolarità dei pasti è qualcosa che, da sempre, nelle serie tv accompagna le azioni dei personaggi e che aiuta lo svolgimento degli eventi. Espediente narrativo che, nel caso delle Gilmore, risulta quantomeno problematico, se letto con gli occhi dei ragazzi di oggi. Il cibo che consumano è quello che gli americani chiamano junk food e possono permettersi di mangiarne in quantità esorbitanti per un semplice motivo: sono molto magre. I ragazzi che oggi si approcciano a Gilmore Girls fanno giustamente notare sui social come il taglio della serie porti a giustificare due protagoniste intente a consumare ossessivamente cibo poco salutare in quanto aderenti ad uno stereotipo basato su un modello femminile longilineo e snello; i più accaniti sottolineano che se la stessa dieta fosse stata pensata dagli autori per la dolcissima ma decisamente meno standardizzata Sookie, l’amica di Lorelai, la reazione da parte del pubblico, che nei confronti delle Gilmore non avrebbe battuto ciglio, non sarebbe mai stata la stessa.

Ma insomma come finiscono le avventure delle nostre due antieroine? Nel 2016, a distanza di dieci anni dal finale cui ci eravamo abituati, Netflix ci scompiglia le carte e ci regala un secondo finale con lo scopo di chiarire le idee sul destino delle ragazze Gilmore. Ci racconta prima di tutto che Lorelai ha finalmente una stabilità (emotiva, intendiamoci) ma soprattutto che la Rory a cui eravamo abituati non esiste più. Nel nuovo finale la ragazza è diventata donna, la studentessa modello diventa una redattrice confusa, il viso pulito della bambina di paese è diventato rigido e impaurito. Se da una parte il nuovo finale sembra portarci su una strada molto diversa da quella che avevamo percorso con le Gilmore, dall’altra pare sempre tornare un po’ sui suoi passi destinando a Rory lo stesso ruolo della madre, con una narrazione che a questo punto è facile riconoscere come circolare. La ragazza è confusa sulla sua relazione, ha dei problemi lavorativi ed è costretta ad accontentarsi di un lavoro che non la soddisfa e soprattutto è in attesa del suo primo figlio, tema sul quale il nostro racconto si chiude lasciando immaginare allo spettatore la futura vita di Rory. Ma lo spettatore, che conosce bene le dinamiche della famiglia Gilmore, sa bene quale sarà il suo destino.

Una mamma per amica

Allora cerchiamo di capire; è sicuramente vero che ogni prodotto mediale va consumato nel periodo in cui viene creato perché ne rispecchia, il più delle volte, le caratteristiche. È altrettanto vero che descrivere gli atteggiamenti umani non è per forza un accorgimento legato al periodo storico e che un modo per renderli universali si può trovare. E se è giusto analizzare i difetti di una serie, anche a distanza di anni, può essere salutare abbatterla sì, ma per ricavarne dei preziosi insegnamenti. Non demonizziamo le Gilmore, ma anzi impariamo da loro che le fragilità esistono e che, con loro, esiste anche un modo più appropriato di parlarne.