Quanti di noi, in piena adolescenza, quando gli adulti ci credevano nel fiore degli anni, si sono sentiti schiacciati dalle aspettative esterne? La carriera scolastica da mantenere in equilibrio, la scelta dell’università, la difficile missione di rimanere a galla in un mare di rapporti di cui non sempre si capiva il senso. E poi gli adulti che non ci capivano, le responsabilità che non volevamo assumerci (e che ancora adesso, a dirla tutta, vorremmo lasciare a qualcun altro). Sicuramente non per tutti l’adolescenza è stata uguale, ma per molti di noi era questo: una grande macchia sfocata e confusionaria. Tutti abbiamo atteso di diventare grandi, solo per scoprire che neanche l’età adulta ci avrebbe magicamente salvati da noi stessi, dalle nostre bizzarre idiosincrasie e dai nostri sbagli. E se c’è un personaggio che è riuscito a incarnare quella necessità quasi maniacale di far incastrare al meglio ogni pezzo del puzzle, quella è Rory Gilmore. All’inizio sembrava che ogni cosa nelle sue mani diventasse oro, tutto le riusciva con una facilità irritante. Poi Una mamma per amica ha lasciato cadere il velo e abbiamo visto Rory cominciare ad arrancare fino a perdere la rotta, come tutti noi.
La domanda che ha cominciato a pesare su di lei e che è tornata con prepotenza in A Year in the Life è una e una soltanto: quanto costa la perfezione?
La Rory sedicenne che abbiamo conosciuto agli esordi di Una mamma per amica era una Rory circondata da un’aura inattaccabile: studiosa, dolce, simpatica, amata da tutta la città. Mai un colpo di testa o una bravata che potessero impensierire la madre, che alla sua età era tutto l’opposto e che, per questo, vede in lei qualcosa di perfetto. I suoi piani erano chiari: non lasciare spazio alle distrazioni e procedere spedita verso l’università dei suoi sogni, macinando voti altissimi, attività extrascolastiche e letture impegnate a ogni ora del giorno.
Non ha mai messo in conto, Rory, che la vita è imprevedibile. Che anche lei sarebbe stata soggetta a quei terremoti in scala che ci mettono a soqquadro dall’interno. Arriva così il primo amore e però, nonostante la deviazione, anche questa relazione così nuova e coinvolgente sembra incastrarsi al centimetro in quella vita su misura che tutti volevano per Rory. E così va avanti, testa sui libri, sogni che convergono in un’unica direzione, il giornalismo, e il resto della sua esistenza che deve adattarsi ai suoi piani per conquistare il mondo. È quando Rory comincia a inciampare su quella strada che sembrava fatta appositamente per lei che ci rendiamo conto che quel perfezionismo, quel suo essere quasi marziana nella disciplina e nel rigore, sono una facciata dietro cui si nasconde ben altro.
Pian piano ci rendiamo conto che a Rory non viene tutto facile come vuole far credere. Anche lei è umana e, come tutti noi comuni mortali, commette errori e perde la bussola nonostante a tutti sembri praticamente impossibile.
La crepa nella sua vita idilliaca comincia ad allargarsi prima con Jess e quell’attrazione che la allontana da Dean, il bravo ragazzo che ogni mamma vorrebbe accanto a sua figlia e per cui Lorelai ha sempre parteggiato. Continua con le defaillance nello studio, quando le attività giornalistiche non danno subito i risultati sperati e quando addirittura Rory non riesce più a trovare il significato che per tutta la vita aveva attribuito ai successi accademici. Si susseguono storie tormentate, ritorni di fiamma clandestini che causano sofferenza e dolore, errori nei rapporti di amicizia e nelle relazioni familiari.
Così, man mano che ci addentriamo nella sua storia, ci accorgiamo che la Ragazza Perfetta non esiste.
Quell’aura di precisione, cura maniacale del dettaglio e delle regole altro non nascondeva che una semplice adolescente messa alla prova dalle aspettative di sua madre, che voleva per lei una vita diversa in cui il margine di errore avrebbe dovuto essere minimo se non nullo. Felice per le grandi speranze che i nonni riversano su di lei, ma anche schiacciata da quei loro sogni di gloria che Lorelai avrebbe distrutto rimanendo incinta. Lusingata e anche confusa dalle mille attenzioni che tutte le persone della sua vita le hanno sempre rivolto, languisce in quel suo bisogno di apparire sempre al meglio. E quando la ritroviamo trentenne, con A Year in the Life, ci rendiamo conto che questo circolo vizioso non è ancora stato spezzato.
Il fatto che amici e parenti le abbiano fatto indossare la maschera di una persona essenzialmente priva di difetti e il suo talento accademico hanno convinto Rory che niente sarebbe mai andato per il verso sbagliato. Così ogni inciampo lungo il percorso, ogni difficoltà che abbiamo visto in Una mamma per amica, si sono trasformati per lei in muri invalicabili e difficilissimi da affrontare. Ogni caduta lascia Rory destabilizzata, senza punti di riferimento perché nessuno le ha mai detto che non esistono sempre e solo i successi, che può accadere e deve accadere di sbagliare per poter meglio comprendere come migliorarsi.
Per questo, ogni volta che Una mamma per amica ci mostra una disfatta di Rory, anche minima, il risultato è un dramma interiore.
Quella di Rory, in fin dei conti, è la stessa storia di chi tra noi non si è mai sentito dire che può accadere di allontanarsi dal percorso prestabilito. Che possiamo perderci ogni tanto e ammettere di aver sbagliato, di esserci persi, senza che questo ci renda meno in gamba.
Più che la storia di una ragazza che voleva essere perfetta e non ce l’ha fatta, allora, quella di Rory è la storia di qualcuno che impara a sue spese che il costo della perfezione è troppo alto e non vale la pena trascorrere tutta la vita cercando di pagarlo.