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M. Il figlio del secolo: la recensione in anteprima della serie Sky tratta dal romanzo di Antonio Scurati

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Siamo stati all’anteprima di M. Il figlio del secolo, la serie tv sul romanzo di Antonio Scurati, la più attesa degli ultimi anni in casa Sky. Sono tanti i motivi per cui questo prodotto farà parlare tanto di sé, la maggior parte dei quali non necessitano nemmeno della visione. Ma è proprio grazie a quest’ultima che abbiamo capito l’importanza di una serie del genere. Ciò che vi possiamo assicurare è che, in Italia, non si è mai visto niente di simile. Si tratta di un’opera mastodontica capace di di racchiudere in sé un terrificante pezzo di storia senza rinunciare a offrire un ritratto sfaccettato del protagonista. M. Il figlio del secolo farà discutere tanto, ma siamo sicuri che nessuno si pentirà di averla vista. La nostra recensione senza spoiler, in anteprima per voi.

M. Il figlio del secolo è anche e soprattutto il ritratto del culto della personalità di Mussolini. “Come le bestie, sento il tempo che viene”. E’ Mussolini in prima persona, con questo tormentone, a dettare i toni di ciò a cui assisterà lo spettatore. Il Mussolini di Luca Marinelli è un personaggio tridimensionale e doppio. La scelta di rompere la quarta parete nasce dall’incipit del romanzo di Scurati, ma per questa trasposizione era necessario un confronto continuo con lo spettatore. Mussolini si racconta e non si vergogna di mostrare la sua doppia personalità: è un sanguinario e violento narcisista ma è anche una macchietta di fantozziana memoria. E’ capace di sottomettere (quasi) tutti gli oppositori al suo volere, ma attende timoroso gli esiti della marcia su Roma, brandendo una pistola e mandando il fido Cesarino in avanscoperta. M. Il figlio del secolo è il ritratto grottesco e pungente di una incredibile e rocambolesca ascesa. 

In tutto ciò non può che spiccare il protagonista, figlio di un’interpretazione intensa e personale da parte di Marinelli. L’ascesa di Mussolini parte dalle decadenti vie del centro di Milano, che ricordano la Londra vittoriana del regista britannico. Si muove come un uomo comune, e in quanto tale nutre il sentimento più umano che ci sia: la paura. La paura è il motore di una narrazione in cui il protagonista cerca qualsiasi stratagemma per evadere dalla squallida dimensione sociale in cui si trova, che rifiuta e di cui, in fondo, ha paura. E’ tra le suggestive vie di quella Milano che muove i primi passi il Mussolini arrivista e politico. In lui arde il fuoco della passione per la politica, ma l’ombra della violenza è altrettanto ben visibile. Come le bestie, quelle più infime e subdole, il giovane Mussolini costruisce il proprio impero dai bassifondi.

Lo fa rivolgendosi a una nicchia, aizzando la folla più rancorosa, quella dei reduci di guerra. 

E’ uno stratagemma quanto mai attuale in politica, quello di rivolgersi in primis agli scontenti. E la rabbia è lo strumento più importante nella costruzione del suo personaggio: un elemento profondamente connesso alla paura. M. Il figlio del secolo segue per tutte le puntate questa doppia linea caratteriale di Mussolini. Un uomo che fa della paura e della violenza sia le sue armi più importanti, sia il suo più grande limite. Lungo tutta la serie, infatti, lo spettatore ha una duplice percezione del protagonista. Ci sono momenti in cui Mussolini appare inscalfibile, pieno di sé, solido. Ma sono anche tanti i momenti più intimi, quelli in cui la regia Joe Wright si concentra sull’inconscio del personaggio. Ed è da questi momenti che ci viene restituita l’immagine di un uomo invidioso che, fin dalle prime battute, non nasconde la propria insicurezza nei confronti dei nemici, ma anche di coloro che considera alleati o esempi.

Una serie tv su un personaggio del genere ha l’arduo compito di definire tutti i lineamenti del soggetto. M. Il figlio del secolo si libera di qualsiasi freno e mira dritta a tale obiettivo, ricordandoci che la spettacolarizzazione non ha per forza un’accezione positiva, anzi. Un discorso che non vale soltanto per la serie tratta dal libro di Scurati, ma che rappresenta uno dei problemi principali nella concezione moderna della serialità. In un epoca di censure ed edulcorazioni, M. Il figlio del secolo non può e non ha nessuna intenzione di seguire certi dettami. Il dipinto finale di Mussolini è completo. C’è la parte già nota, quella pubblica e di facciata, ma c’è anche e soprattutto una parte intima che ha lo scopo di motivare la sua personalità. E’ lo stesso protagonista ad auto celebrarsi in questo senso. Quando prima di rivolgersi al Senato guarda negli occhi lo spettatore e anticipa l’ingresso in scena del “prestigiatore”.

M. Il figlio del secolo dispone di un cast molto vasto che opera in funzione del protagonista ma che cela tante personalità interessanti

Su tutte, la performance più intensa è probabilmente quella di Barbara Chichiarelli, la Livia Adami di Suburra. L’attrice interpreta Margherita Sarfatti, amante e autentica femme fatale di Mussolini. La cosa che più colpisce dell’interpretazione della Chichiarelli è che riesce a seguire la doppia faccia di Mussolini senza mai minare alla propria personalità. In questo viaggio, Margherita Sarfatti è indispensabile per Mussolini: è la donna che lo ha trascinato oltre i propri limiti. Lo sfogo del suo ego e il contenitore delle sue emozioni più subdole. Un plauso va fatto anche a Francesco Russo e al suo Cesare Rossi (detto Cesarino), autentica linea tragicomica dell’ascesa al potere di quello che è il suo idolo. L’unica rosa bianca nell’oscurità di M. Il figlio del secolo è quella di Gaetano Bruno e del suo Giacomo Matteotti. Integerrimo e incorruttibile, conscio dell’instabilità della propria posizione ma unico autentico sostenitore della democrazia.

Il grottesco permea la serie in tutto e per tutto. Dai dialoghi al patto tra pubblico e protagonista, passando per le personalità e le bizzarrie dei personaggi. Per un Vittorio Emanuele III caricaturale, simbolo dell’imbarazzo della classe dirigente, c’è un Gabriele D’Annunzio egocentrico, quasi mefistofelico. E lì in mezzo il Mussolini di Luca Marinelli appare quasi come il Mangiafuoco di turno, o meglio, un burattinaio che muove i fili del suo stesso spettacolo. Uno spettacolo drammatico, un ritratto oscuro, caraveggesco: M. Il figlio del secolo è una serie tv importante per tanti motivi: uno su tutti, è che rappresenta un importante banco di prova per la serialità italiana nel mondo.

Luca Fenu