“Ho detto ai fratelli che il Libro di Mormon è il più giusto di tutti i libri sulla terra e la chiave di volta della nostra religione, e che un uomo si avvicina di più a Dio obbedendo ai suoi precetti che a quelli di qualsiasi altro libro.”
– Libro di Mormon
La religione è un costrutto sociale e nasce all’interno di una data comunità, rendendola di fatto indissolubilmente legati all’esperienza umana. La religione, dunque, non è un concetto astratto. Questa è un insieme di tangibili credenze, miti e riti definiti dall’essere umano. Il tutto al fine di dare un senso a ciò che rimane astratto e fuori dalla sua comprensione. La stessa etimologia della parola risale, secondo molti, a un’idea di “legarsi e legare a sé”. Sottolineando così quel bisogno primitivo di ricercare una causa al di fuori di sé e di erigerla a guida spirituale. Non è questo il luogo per dibattere di religione, e men che meno di storia delle religioni, ma è una premessa doverosa. Già, perché in Under the Banner of Heaven non si parla solo di religione come costrutto sociale. Qui si parla anche di fede, quella che riguarda piuttosto il singolo individuo.
La religione, da un lato, è un sistema organizzato di credenze, pratiche, rituali e istituzioni che sono condivisi da un gruppo di persone. Così la fede, dall’altro, è una convinzione profonda e personale in qualcosa che non può essere necessariamente dimostrato razionalmente o empiricamente. Può riguardare la fiducia in un’entità spirituale, in un principio o in un insieme di valori. La fede può essere vissuta in modi diversi da persona a persona. Può anche banalmente riguardare la fiducia in un altro essere umano, senza mettere in mezzo divinità varie ed eventuali.
Under the Banner of Heaven è di fatto proprio una sottile riflessione sulla differenza tra religione e fede. Riflessione che mette al centro della storia il dissidio interiore di un uomo qualunque.
Jeb Pyre è un credente, fortemente legato alla fede mormone di cui segue ogni precetto. Ma è anche un poliziotto ligio al dovere e giusto (qui vi abbiamo raccontato i migliori detective delle serie tv). Per questo motivo, quando il macabro caso di omicidio che scuote la sua cittadina sembra legato inequivocabilmente al mormonismo fondamentalista, Pyre vive una vera e propria crisi. Puntata dopo puntata, ogni sua certezza crolla di fronte a una realtà impossibile da credere ma che si piazza brutalmente davanti ai suoi occhi. Nelle vesti insanguinate della giovane Brenda e nel corpo insanguinato della sua neonata, Pyre deve fare una scelta. Deve scegliere tra legge dello spirito e legge dell’uomo. La sua fede vacilla portandolo in una valle oscura in cui non riesce più a sentire il suo Dio. Allontanandolo anche dalla sua famiglia e dai suoi affetti.
L’oscuro e ignoto passato del mormonismo viene alla luce in questa miniserie che non affronta affatto alla lontana il problema. Anzi, lo analizza attraverso una lente di ingrandimento impietosa. Eppure The Banner of Heaven non è solo una miniserie sui mormoni ma sulla religione in generale. Quando questa viene tagliata e ricucita insieme per i caprici dell’essere umano. La storia insegna. La miniserie di Disney+ (qui trovi le migliori serie tv crime del catalogo Disney+) critica gli estremismi. Per farlo, decide di soffermarsi su un fatto di cronaca oscuro legato a uno dei movimenti religiosi più diffusi negli Stati Uniti. Quel mormonismo, appunto, conosciuto da quasi tutti nel mondo ma per lo più per sentito dire e stereotipi.
Nella miniserie con protagonista Andrew Garfield, la religione incontra il true crime.
Infatti, la storia raccontata nella miniserie è basata su un fatto di cronaca nera, avvenuto in Utah negli anni Ottanta.
Nella loro comunità, i Lafferty sono considerati i cosiddetti “Kennedy dell’Utah, sia perché tenuti in gran stima, sia per il numero elevato di figli maschi: Robi, Jacob, Allan, Kevin e Sam. Tutti i maschi Lafferty seguono la legge del capofamiglia, come vuole il mormonismo, che coincide con la figura del padre Ummon. Un uomo violento, vecchio stampo che guida la famiglia con il pugno e la cinghia. Le donne Laffery recitano un ruolo marginale, incaricate di obbedire e occuparsi del focolare domestico. Una visione già molto agli antipodi rispetto a quella di Pyre che ama e rispetta le donne non ritenendole affatto su un gradino inferiore al suo. Tra il presente delle indagini e il passato raccontato dai flashback di Brenda, scopriamo come i Lafferty abbiano sempre più iniziato ad avvicinarsi a ideologie antigovernative facendosi scudo con i precetti di un mormonismo delle origini.
Autoproclamatosi profeti, i fratelli Lafferty lasciano cadere la facciata di perbenismo mostrando tutto il loro fanatismo e la loro sete di sangue. Ogni azione personale, vigliacca ed egoista viene giustificata riempiendosi la bocca di invocazioni all’Onnipotente. Nessuno ha detto loro che spergiurare è peccato? E mentre nel passato, “l’espiazione di sangue” ha dapprima connotazioni sempre più sinistre e infine si realizza in maniera drammatica, nel presente l’agente Pyre cerca di ridare un senso a quella religione da cui si è sentito sempre protetto e ora non più.
Brenda è la vera voce della fede, messa a tacere in maniera brutale da uomini che vogliono mettere in atto la loro legge ma si nascondono dietro croci e pulpiti.
Come briciole di pane, Pyre segue le tracce lasciategli in qualche modo dalla ragazza riuscendo, infine, a catturare i due folli assassini. Un crime diverso, che non segue i soliti pattern ma che decide di prendere una strada più oscura. Under the Banner of Heaven si addentra nel cuore oscuro di un movimento religioso che si muove, da sempre, ai margini svelandone la storia pezzo per pezzo fin dai suoi albori.
Per spiegare le motivazioni dei Lafferty e la crisi di Pyre è necessario ritornare alle origini. Fare ritorno quindi alla missione di Joseph Smith, di sua moglie Emma e del profeta che seguì dopo, Brigham Young. La trama finisce inevitabilmente per dilungarsi e perdersi in numerosi momenti rendendo la miniserie un prodotto per cui bisogna essere pronti e che non si può prendere alla leggera. Non è il solito crime da gustare tutto d’un fiato.