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Cosa è cambiato in Under the Bridge rispetto all’omonimo saggio?

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Under The Bridge è il ritratto devastante e allo stesso tempo commovente di una tragedia che è il risultato di molteplici fallimenti: individuali, istituzionali e culturali. Basato sull’omonimo saggio di Rebecca Godfrey, autrice e voce narrante, Under the Bridge racconta l’omicidio di Reena Virk, una ragazzina brutalmente aggredita e annegata nel 1997 a Victoria, British Columbia, da un gruppo di adolescenti. Il saggio, attraverso un’approfondita narrazione, offre un ritratto complesso e sfaccettato di quella che potrebbe sembrare una semplice storia di bullismo e violenza tra giovani, ma che in realtà cela dinamiche ben più profonde e inquietanti legate all’alienazione sociale, alla pressione dei pari e alla crisi di identità adolescenziale.

L’omicidio di Reena Virk non fu solo un crimine di grande impatto emotivo per la comunità canadese, ma aprì un’importante riflessione sulla violenza tra adolescenti e sul ruolo che i media e la società giocano nella costruzione dell’immagine del “mostro” e della “vittima”. Reena era una ragazza di origine indiana, cresciuta in un contesto multiculturale, ma emarginata sia a scuola sia nella sua comunità. La sua morte fu sia il risultato di un’escalation di violenza fisica, ma rappresentò anche un’agonia psicologica che durava da tempo, radicata nelle tensioni sociali che i giovani, in particolare coloro che appartengono a minoranze etniche o culturali, affrontano quotidianamente.

La storia di Under the Bridge non si limita a ricostruire l’evento in sé, ma scava nei retroscena delle vite degli adolescenti coinvolti, evidenziando come la violenza che sfociò nell’omicidio sia solo la punta dell’iceberg di un disagio più profondo.

Rebecca Godfrey, con grande accuratezza investigativa, si immerge nelle vite dei giovani coinvolti nell’omicidio, tracciando i contorni di un contesto socioculturale frammentato. In cui il senso di appartenenza è spesso dettato dalla brutalità e e dalla legge del più forte. L’autrice esamina con cura come il fallimento delle istituzioni scolastiche, familiari e giudiziarie abbiano contribuito a creare un ambiente in cui la violenza sembrava non solo accettabile, ma anche necessaria per affermarsi. In molti casi, i giovani di Vittoria erano vittime di violenze o abusi nelle loro stesse famiglie, e ciò creava un circolo vizioso in cui l’aggressività diventava una forma di espressione del proprio dolore e della propria frustrazione.

La Godfrey non dipinge i carnefici come semplici mostri, ma esplora il loro stato d’animo, i motivi e le insicurezze che li hanno spinti a compiere un gesto così atroce. La pressione del gruppo, il bisogno di accettazione e la paura di essere esclusi emergono come elementi chiave nella dinamica dell’omicidio. I media, poi, giocarono un ruolo cruciale nella percezione pubblica del caso. La narrazione mediatica, spesso sensazionalistica, dipinse l’omicidio come un atto di “violenza femminile”, sottolineando il fatto che le principali protagoniste dell’aggressione fossero delle ragazze. Una scelta che contribuì a rafforzare stereotipi di genere e a deviare l’attenzione dai fattori strutturali più profondi che avevano portato all’omicidio.

Le quattro giovani protagoniste di Under The Bridge

Le ragazze interrotte di Under The Bridge

Nella finzione televisiva, Rebecca Godfrey torna nella cittadina natale di Victoria per scrivere il suo libro. La protagonista, interpretata da Riley Keough (parliamo di Daisy Jones & the Six) , è diventata un’autrice di successo e vive New York. Pur lasciandosi alle spalle quindi Victoria e la sua mentalità ristretta, Rebecca non è mai veramente venuta a patti con il suicidio del fratello e con il suo ruolo nella tragica vicenda. Tornando nella cittadina della sua infanzia, Rebecca spera finalmente di liberarsi dei traumi del passato e di rendere giustizia alle girls interrupted di Victoria. Casualmente la sua permanenza coincide con il brutale omicidio di Reena che diventa dunque oggetto del romanzo in lavorazione. Nella realtà dei fatti, però, l’autrice venne a sapere della scomparsa e morte della ragazzina solo in un secondo momento. Prima tramite alcuni amici e poi vedendo lei stessa un articolo sul New York Times.

Warren Glowatski, carnefice o vittima del sistema?

Nella serie tv (qui la nostra recensione), in preda alla gelosia e alla rabbia Reena inizia a spargere calunnie sul conto di Josephine. La it girl del quartiere, epicentro delle vicende di Under The Bridge, pianifica una vendetta che coinvolge anche altri ragazzi e che trova il suo culmine sotto l’infausto ponte. Ma è proprio Josephine, nel libro così come nello show, a organizzare il tutto e ad aizzare il gruppo contro Reena. Sarà poi Kelly, l’amica psicopatica, a concludere il terribile atto di violenza bestiale uccidendo Reena e annegandola. Insieme a Warren Glowatski.

Nella figura di Warren, Under The Bridge concentra tutta la sua silenziosa ma cruda critica alla società. Una società in cui un ragazzino come Warren impara, nel peggiore dei modi, che l’unico modo per sopravvivere è farsi strada con le unghie e con i denti. Tanto da arrivare a sfogare la propria rabbia nei confronti di una coetanea. Nella serie tv, moltissima attenzione viene riservata al suo senso di colpa, al suo dolore e al cammino di penitenza che decide di affrontare. Cammino che inizia quando si lascia volontariamente arrestare durante il ballo scolastico nel sesto episodio di Under The Bridge (disponibile sul catalogo Disney+ qui). Le accuse ricadono direttamente sul ragazzo dopo che la fidanzata Samara confessa alla polizia il suo coinvolgimento quella fatidica notte. Nella serie tv, Samara non fa visita a Warren in prigione e sembra tagliare ogni rapporto. Nella realtà, invece, la ragazza pregò più e più volte di poterlo andare a trovare.

Ana e Naja, le vere eroine dimenticate dalla serie tv

Nell’episodio due di Under The Bridge, Josephine porta Rebecca sotto il ponte vantandosi dell’attacco e della violenza ai danni di Reena. La serie tv, tuttavia, ha deciso di non inserire due personaggi chiave della vicenda: Ana e Naja. Le due sorelle, sentito dell’omicidio, decidone di investigare per conto loro e trovare così il colpevole. Ed è proprio a loro che Josephine “confessa” di aver ucciso Reena, non a Rebecca. Secondo l’autrice sarebbero le due ragazzine le vere eroine della storia, le uniche a essersi rivolte alla polizia in cerca di giustizia. La serie tv ha deciso però, forse per economizzare la trama e i tempi, di tagliare fuori questi due personaggi e condensarli piuttosto nella figura di Cam.

Kelly Reogh nei panni di Rebecca in Under The Bridge

Kelly Ellard e quei maledetti stivali

Il momento di svolta nella miniserie avviene quando Jo trova nell’armadio di Kelly le scarpe di Reena. Gli stivali Steve Madden che suo zio le aveva regalato per il compleanno sono completamente sporche di fango. Se già dunque il sospetto di Josephine aumenta alla loro sola vista, la conferma arriva dalla stessa Kelly che rivela chiaramente di aver ucciso lei Reena. E di averlo fatto per Jo. Anche le scarpe, rubate dai piedi della morta, sarebbero state un piccolo trofeo da mostrare trionfante all’amica. Nella ricostruzione reale dei fatti, però, le cose non si sono svolte esattamente così. Anche se le versioni delle tre non combaciano del tutto, la mattina dopo l’omicidio, Jo, Kelly e Dusty avrebbero tolto di mezzo qualsiasi oggetto o indumento riconducibile a loro. Incluse le scarpe della vittima. Stando alla confessione di Dusty, Jo in persona avrebbe gettato gli stivali in un cassonetto.

Altra importante differenza tra la Kelly seriale e quella reale riguarda le accuse mosse contro Warren. Nella serie, infatti, Kelly tenta di far ricadere tutta la colpa sul ragazzo mentre organizza una fuga in Messico insieme a Jo e Dusty. Nella realtà, invece, la ragazza cerò di scaricare le accuse di omicidio sulle sue cosiddette amiche. Il comportamento instabile, gli scatti di rabbia e la psicopatia latente sono invece caratteristiche perfettamente replicate in Under the Bridge.

Cam Bentland esiste nel mondo reale?

Il personaggio interpretato da Lily Gladstone (protagonista in Killers of the Flower Moon) è stato creato appositamente per la serie tv. Seppur non sia quindi basata su nessun poliziotto realmente coinvolto nel caso, Cam rappresenterebbe in ogni caso un amalgama di figure che hanno aiutato Rebecca Godfrey a scrivere il libro. Tutto ciò che viene approfondito nella miniserie, dal passato alla relazione amorosa con la stessa Rebecca, rimane frutto di pura fantasia. Il punto di vista di Cam e la sua appartenenza a una minoranza etnica risultano elementi indispensabili che permettono di osservare la vicenda da una prospettiva diversa.

Il crime targato Disney+ (qui la classifica delle 10 migliori serie tv del genere secondo la nostra redazione) si discosta di poco dal materiale originale. E anche quando questo accade, ogni scelta approfondisce maggiormente i fattori psicologi e morali dei personaggi. L’attenzione rimane spostata sul “perché” e non sul “chi”.