ATTENZIONE! L’articolo potrebbe contenere SPOILERS della serie tv Under The Bridge.
Facciamo un po’ di storia della televisione vi va? E, nello specifico, del genere crime che ha sempre occupato un posto speciale nel cuore del pubblico. Si tratta di uno dei generi più longevi e prolifici, capace di reinventarsi continuamente e di adattarsi ai tempi e alle esigenze dello spettatore. Fin dalle sue origini esistono indubbiamente dei topos comuni e delle modalità che – in maniera più o meno evidente – si ripetono puntuali per rispondere alla “regola” del crime. Ci ritroveremo puntualmente, quindi, di fronte a elementi ricorrenti che caratterizzano le storie di questo genere e fungono da struttura narrativa e tematica.
Al centro di ogni storia crime c’è generalmente un atto illegale, sia esso un omicidio, un furto o altro, che funge da motore della trama. La narrazione spesso segue la ricerca di indizi per risolvere il mistero, con una progressione verso la scoperta del colpevole o delle motivazioni. Uno dei motivi seriali più iconici del genere crime è poi la figura del detective, che può essere un investigatore privato o un poliziotto. Questi viene solitamente caratterizzato come un personaggio astuto, dal passato tormentato o una vita personale complicata. Escamotage necessari e astuti che li rendono più interessanti agli occhi del pubblico.
Sherlock Holmes è probabilmente l’archetipo più famoso del ruolo del detective, seguito da innumerevoli variazioni.
Il terzo elemento ricorrente è l’esplorazione del confine sottile tra giusto e sbagliato, bene e male. Non sempre il colpevole è una figura completamente malvagia, né tantomeno l’investigatore è perfetto. Anzi, ci sono spesso dilemmi morali, personaggi ricchi di ombre e contraddizioni, e il concetto di giustizia non è così semplice come potrebbe apparire. Infine, un altro elemento quasi imprescindibile di ogni buon crime che si rispetti è il colpo di scena. Ed è proprio quell’ultimo e atteso twist a decretare il successo o il fallimento della grande maggioranza di opere legate al genere. Vedere per credere.
Le prime serie televisive crime nascono negli anni ’50 e ’60, quando la televisione si impone come fenomeno globale per le masse. I protagonisti sono per lo più investigatori privati, poliziotti e detective impegnati in trame lineari e autoconclusive. La giustizia appare come qualcosa di chiaro e netto, riflesso della rigida morale del tempo, con una forte enfasi sul ruolo della legge come strumento per mantenere l’ordine sociale. Negli anni ’70, il crime diventa più oscuro e complesso, riflettendo i cambiamenti sociali e politici dell’epoca. Si vive un periodo seriale caratterizzato da una maggiore attenzione al realismo e alla rappresentazione di problemi come la corruzione, il razzismo e l’abuso di potere all’interno delle forze dell’ordine. Negli anni ’80 e ’90, il genere continua a espandersi e ad allargare i propri orizzonti introducendo sottogeneri come il legal drama e il psychological thriller. Serie tv come Law & Order, una delle più longeve nel panorama televisivo, si concentrano tanto sul lato investigativo quanto su quello giudiziari. Mentre The X-Files, sebbene mescoli crime e fantascienza, introduce l’idea di una narrazione più focalizzata sulle motivazioni e la psicologia criminale.
Con l’inizio del nuovo millennio, le serie crime diventano complesse e ambiziose. La narrazione sperimenta e fonda tra loro diversi sotto generi.
I Sopranos mescolano crime e dramma familiare (qui vi raccontiamo come è nato il cult seriale). La casa di carta, invece, crime e heist movie. Approdiamo così agli anni 2010, durante i quali le serie crime diventano veri e propri capolavori di narrazione e regia, con un livello di produzione pari a quello cinematografico. Dall’ insegnante di chimica che diventa un potente signore della droga alla storia del cartello di ‘Pablo Escobar’, passando per detective in lotta con i propri demoni e altri che si addentrano nelle menti dei serial killer più efferati della storia.
Il rinnovato e morboso interesse per il genere crime, ha spinto dunque le piattaforme streaming a investire molto nel genere. Per non rischiare tuttavia di perdersi nel fitto bosco di killer, investigatori e delinquenti, Disney+ ha imboccato una strada diversa. Che poi essa si tratti di una scelta voluta o meno è un altro discorso ma sta di fatto che si sta rivelando, produzione dopo produzione, una mossa vincente. Rispetto alle colleghe Netflix e Prime video, la linea crime di Disney+ sembra focalizzarsi più su crimini di rilievo sociale o basati su fatti reali. L’approccio, più intellettuale e psicologico, mette al centro della narrazione figure ambigue, moralmente grigie nonché casi di cronaca in cui diventa molto più rilevante il “perché” e non il “cosa”.
Il catalogo presenta titoli che esplorano le sfaccettature più oscure della criminalità, mantenendo al contempo alti standard produttivi. Anche grazie all’acquisizione di proprietà come Hulu e FX, la piattaforma ha ampliato la propria offerta investendo molto su storie più adulte che mescolano suspence, indagine sociale e introspezione psicologica.
Under The Bridge è solo l’ultimo titolo che si aggiunge a una collezione già molto ricca.
Una collezione legata insieme da un fil rouge evidente ma in cui, allo stesso tempo, ogni pezzo è riconoscibile e unico. Una sera ci sentiamo in vena di crime ambientati nell’universo medical? La scelta non può che ricadere che su The Dropout o Dopesick. La prima racconta la storia di Elizabeth Holmes (una Amanda Seyfried da Emmy), fondatrice di Theranos, e lo scandalo che ha travolto la sua azienda biotech. La seconda esplora la devastante crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, con Michael Keaton nei panni del Dottor Samuel Finnix. Va bene, forse avete voglia di qualcosa di più leggero? Detto fatto con Only Murders in the Building (rinnovata per una quinta stagione), in cui tre sconosciuti che abitano nello stesso palazzo e condividono la passione per i podcast true crime si ritrovano coinvolti in parecchi, forse troppi, omicidi.
Se siete dei cultori di crime, anche in questo caso Disney+ offre diverse e validissime opzioni: Candy, American Crime Story, In The Clearing oppure Under the Banner of Heaven. Quest’ultima miniserie, basata sul best-seller di Jon Krakauer, racconta la storia di un orribile omicidio avvenuto all’interno di una comunità mormone negli Stati Uniti. Lo show segue il detective Jeb Pyre, interpretato da Andrew Garfield, mentre indaga sull’omicidio di Brenda Lafferty e sua figlia esplorando lo spinoso tema della religione e affrontando argomenti complessi come il fondamentalismo religioso e la manipolazione ideologica.
Ad aggiungersi a questo catalogo davvero corposo, eterogeneo e di qualità arriva Under The Bridge.
Basata su un evento di cronaca realmente accaduto nel 1997 a Victoria, British Columbia, in Canada, la miniserie disponibile su Disney+ racconta la tragica morte della quattordicenne Reena Virk, vittima di bullismo e violenza da parte di un gruppo di coetanei. La vicenda, ai tempi, ha sconvolto l’opinione pubblica per la brutalità del crimine e per il coinvolgimento di giovani adolescenti, sollevando questioni delicate come il bullismo, l’isolamento sociale e la cultura della violenza tra i giovani.
Per arrivare a capire come e perché sia avvenuta la tragedia del 14 novembre 1997, Under The Bridge ci trascina in un viaggio che si sposta costantemente tra passato e presente. Il fulcro è proprio quella sera di inverno, momento a partire dal quale la vicenda viene pian piano ricostruita. Forse più dal pubblico-detective che dalla polizia. Reena Virk è una ragazzina irrequieta, viziata e con cui in realtà non è semplice entrare in empatia. Attorno al suo centro di gravità si muovono, seguendo orbite irregolari, gli altri pianeti dell’universo di Victoria. Ed è con loro che, paradossalmente, ci sentiamo più in sintonia.
Persino con i carnefici, di cui ci vengono forniti background, motivazioni e approfondimenti psicologici. L’atto terribile e deprecabile assume profondità umana nel momento in cui i lupi mettono da parte gli artigli. Di fronte ai nostri occhi sfila una schiera di ragazzini senza una casa o figure genitoriali degne di questo nome. Alla deriva e in balia di sentimenti che non sono in grado di controllare si comportano come dei selvaggi. Forse perché la società li ha sempre trattati come tali. Sono i bambini dell’isola del Signore delle Mosche.
Under The Bridge disseziona il teen drama, sotto la cara, vecchia lente d’ingrandimento del crime.
Per ristabilire i ruoli e mantenere il potere, l’unica via percorribile diventa la violenza. Quella senza freno di kubrickiana memoria, che ha il solo scopo di dare sfogo a una rabbia primordiale e animalesca. Reena diventa il capro espiatorio contro cui sfogarsi, non potendo prendersela direttamente con gli adulti. In quella prima parte della storia, sotto il ponte, tutti gli occhi sono puntati sul bestiale atto di violenza che le persone grandi non riescono a spiegare logicamente. Poi, però, si disvela un altro e più terrificante atto: l’omicidio a sangue freddo. Qui è la machiavellica Kelly ad agire, psicopatica che solo apparentemente veste il ruolo di spalla di Jo. La stessa Jo che sogna di diventare la moglie di un mafioso ma che, alla fine del giorno, è solo una ragazzina bisognosa di affetto e spaventata a morte dalla vita.
A raccontare la vicenda è Rebecca Godrey, voce narrante dentro la finzione nonché autrice del saggio da cui la Under The Bridge è tratta. A metà tra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi, Rebecca vive in uno spazio a metà senza appartenere davvero né all’uno né all’altro. Non solo. Rebecca rappresenta anche l’outsider, colei che viene da fuori e non risponde più alle regole della comunità. Nonostante, in un tempo ormai lontano, anche lei ne facesse parte. Attraverso gli occhi di Rebecca la realtà di Victoria emerge in tutta la sua sfaccettata ambiguità. I topoi del genere crime sono dunque racchiusi in soli otto episodi ma tanto basta. C’è la poliziotta dalla morale ferrea, la protagonista dal passato traumatico, il labile confine tra bene e male, l’omicidio. E il colpo di scena finale? Sta a voi scoprire se c’è.