Ormai l’abbiamo capito. Sembra che le grandi piattaforme come Netflix, Amazon Prime Video o Peacock Tv abbiano deciso, quando vogliono andare sul sicuro, di investire sui teen drama. Non importa che questo genere di serie tv spesso presenti diverse pecche, da una costruzione narrativa che sta in piedi a stento ad una recitazione scadente: i teen drama vendono. Vengono visti e rivisti, anche quando non ne varrebbe davvero la pena (guardate cosa sta succedendo con Élite, ad esempio). E forse proprio per questo motivo, quando l’anno scorso è sbarcata su Netflix Uno di noi sta mentendo, in tanti non si aspettavano niente di nuovo, diverso o innovativo. Come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione della prima stagione, non avevamo tutti i torti. Eppure, inaspettatamente, Uno di noi sta mentendo 2 è riuscito almeno in parte a risalire e a regalarci un continuo che quasi nessuno si aspettava. E’ proprio il caso di dirlo: Uno di noi sta mentendo, con la seconda stagione, ha fatto un balzo di qualità.
La serie, ideata da Erica Saleh, è basata sull’omonimo romanzo di Karen M. McManus e segue le vicende di alcuni adolescenti che si ritrovano coinvolti in un’inquietante gioco più grande di loro dopo aver assistito alla morte di un loro compagno, Simon. Quest’ultimo non è proprio il protagonista per cui è facile fare il tifo: il ragazzo, genio della tecnologia, è l’ideatore di una popolare applicazione, chiamata About That, che si propone di svelare i segreti che ogni ragazzo che frequenta la loro scuola ha. Tradimenti, compiti copiati, relazioni illecite, problemi di droga: About That, mascherata da servizio pubblico, diventa un luogo infernale dove tutto quello che si tenta di celare agli altri viene spiattellato in giro.
Sappiamo fin troppo bene cosa ci ricorda. Un po’ Gossip Girl e un po’ Pretty Little Liars, Uno di noi sta mentendo non sembrava portare assolutamente nulla in aggiunta a tutto ciò che già conosciamo per quanto riguarda i teen drama dal gusto thriller. Addirittura, nonostante sia basato su un romanzo, sembra copiare e incollare i fondamenti del genere per dare vita all’ennesimo giallo di facile risoluzione. L’ennesima storia adolescenziale con gli stessi cliché. Pensiamo sia il caso di sottolinearlo: soprattutto in questi casi, il libro è sempre meglio.
E invece no. Perché se la prima stagione era tanto prevedibile da essere in grado di leggerne la fine ancora prima di vederla, Uno di noi sta mentendo 2 si distacca. Si alza, si scrolla la polvere di dosso e ti guarda dritto in faccia. Con qualche pecca (anche bella grossa), ma riesce a distinguersi. La storia riprende esattamente dove era stata lasciata: i quattro protagonisti, a malapena sopravvissuti dalla montagna russa che è stato l’omicidio di Simon, si ritrovano a dover fare i conti con una nuova minaccia. Qualcuno, proprio come il popolare film degli anni novanta, sa che cos’hanno fatto. Qualcuno che si cela dietro il nome di Simon Dice (che in lingua inglese risulta molto più accattivante, facendo riferimento ad un famosissimo gioco per bambini chiamato Simon Says) e che non ha la minima intenzione di lasciarli in pace. In questo modo, proprio come il gioco insegna, i quattro ragazzi si ritrovano con le mani legate: o faranno ciò che chiede, o le conseguenze saranno tremende.
Con Uno di noi sta mentendo 2, prima di tutto, Netflix e Peacock sembrano sapere dove voler andare a parare. A differenza della prima stagione, che sembrava un’accozzaglia di buone idee mischiate alla rinfusa in un pentolone, la seconda ha un’idea in testa e la segue dall’inizio alla fine. La costruzione delle puntate è molto simile a quello che abbiamo già visto: Addi, Cooper, Nate e Brownyn vanno avanti con la loro indagine, tra mille peripezie, tentando di scoprire chi si cela dietro a questo nuovo antagonista. Eppure risulta cento volte più interessante, con alcuni momenti decisamente ben costruiti che portano lo spettatore a desiderare di proseguire la visione. Uno di noi sta mentendo 2, inoltre, è decisamente migliorato per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi e il loro arco narrativo. La seconda stagione, ad esempio, ci racconta abbastanza bene che cosa voglia dire essere in una relazione tossica: finalmente abbiamo uno sguardo interiore nella relazione tra Addi e Jake, della quale vengono esplorati i retroscena. Fa male, fa rabbia, ma serve. E colpisce, perché quello che ha passato Addi si vede fin troppo, ai giorni nostri.
Anche la componente più crime è trattata con più intelligenza rispetto a prima (Netflix e Peacock se ne sono accorti): se nella prima stagione, da un certo punto in poi, si poteva iniziare a capire chi fosse il tanto temuto “cattivo”, in Uno di noi sta mentendo 2 è più difficile. Ed è decisamente più divertente. La storia d’amore tra Maeve e Janae è bella, leggera e profonda allo stesso tempo e godibile. Ma ancora di più è il rapporto di amicizia tra Janae e Addi a stupire. E ad insegnarci qualcosa. La serie matura, si tinge di nero e alza la posta: così facendo, riesce almeno a fare un passo avanti rispetto a tanti altri prodotti.
Soprattutto, Uno di noi sta mentendo 2 si presenta come uno dei rari casi dove il secondo è meglio del primo.
La serie non è il teen drama di Netflix migliore del mondo, anzi. Gli errori ci sono, la banalità rimane e gli stereotipi fioccano. Eppure, un po’ come Skam, ha qualcosa che gli altri non hanno: la voglia di riprovarci. Dato l’evidente cliffhanger con cui si è conclusa questa seconda stagione, speriamo che con la terza questo percorso possa essere solo in discesa.
In qualcosa la serie è sicuramente riuscita: a chi è passata la voglia di giocare a Obbligo o Verità, alzi la mano.