Con l’inizio di agosto su Netflix è finalmente approdata la seconda stagione di una comedy che, pur non avendo fatto poi molto parlare di sé ai tempi della sua uscita, era riuscita a colpirci piuttosto piacevolmente. Stiamo parlando di Unstable, serie prodotta e interpretata dalla coppia padre e figlio formata da Rob Lowe (Parks and Recreation e The West Wing) e John Owen Lowe, noto per The Grinder. Trattasi di una workplace comedy ambientata in un’azienda biotech all’avanguardia in cui seguiamo le vicende del suo fondatore Ellis Dragon, un uomo tanto eccentrico e mentalmente instabile quanto geniale, e dei suoi dipendenti tra i quali figura anche suo figlio Jackson, un ragazzo brillante ma costantemente messo in ombra dalla figura gigantesca del padre. Dopo una prima stagione accolta positivamente dal pubblico (80% di recensioni positive su Rotten Tomatoes), Unstable 2 sarà riuscita a confermare il potenziale della serie?
Per scoprirlo, vi lasciamo alla nostra recensione.
Attenzione, il seguente articolo conterrà spoiler relativi ad Unstable 2. Siete avvisati!
In un’epoca dove si grida spesso al miracolo o al disastro, talvolta è difficile parlare di una serie tv con mezze misure. Eppure, dopo aver recuperato la seconda stagione di Unstable, ci viene assolutamente spontaneo promuovere la serie tv con un tiepido assenso. Questo perché, da un lato la serie non propone nulla di straordinario (ma neanche di imperdonabile), da un altro riesce comunque a farsi volere bene. Quel che emerge dalla visione degli otto episodi che compongono la stagione è infatti un buon prodotto, lontano però dall’essere eccezionale, sia per quanto riguarda la scrittura di trame e personaggi, sia per quanto concerne l’aspetto della comicità. Una stagione che porta avanti il proprio compito, ma da cui ci saremmo aspettati qualcosina in più, soprattutto dal momento che la stagione precedente (qui la nostra recensione) si era chiusa con un paio di interessanti cliffhanger che avevano aumentato le nostre aspettative.
Eppure, Unstable 2 ha scelto di risolvere i due principali punti rimasti in sospeso con delle soluzioni non particolarmente soddisfacenti. L’incendio doloso causato da Ellis non ha infatti avuto grosse conseguenze, se non l’arrivo un po’ forzato del personaggio di Georgia, ex figliastra di Anna (CFO della Dragon interpretata dalla attrice Sian Clifford) come nuova stagista. Allo stesso modo, l’atteso bacio tra Luna e Jackson che aveva rappresentato uno dei principali snodi della prima stagione, si è risolto in un nonnulla. Una parentesi che viene presto dimenticata a favore di nuove storyline. Nella Dragon, vi è infatti aria di cambiamento e l’acquisizione della Magma porta a cambi nello status quo, a gelosie e a litigi tra i membri dello staff, a cui si aggiunge per l’appunto l’affidabile Peter (interpretato da Lamorne Morris, l’amato Winston di New Girl).
A non cambiare mai sono invece i continui battibecchi tra i due “draghi” dell’azienda, Ellis e suo figlio Jackson, coinvolti in uno strano gioco di potere, affetto, orgoglio, gelosia, rabbia e frustrazione.
Un rapporto attorno al quale si costruisce tutta la serie, ma che alla lunga inizia a instaurare meccaniche alquanto ripetitive. Non che manchi la chimica. Il fatto stesso che a interpretare i due protagonisti siano padre e figlio non solo rende credibili le loro interpretazioni, ma mette ancora più in risalto il profondo ma conflittuale rapporto di amore/odio tra i due.
Anche il personaggio di Peter, d’altra parte, funziona molto bene. La sua normalità ben si inserisce nelle dinamiche caotiche presenti nella Dragon, finendo, ironicamente, per diventare un punto di rottura per i suoi fragili equilibri. Anche Anna, d’altra parte, riesce a mantenere un proprio spazio all’interno della narrazione. Coloro che, invece, risentono più dell’ampliamento del cast sono Luna e Ruby, il cui ruolo viene fortemente ridimensionato rispetto alla prima stagione e che offrono ben poco alla narrazione.
A brillare sopra tutti (e soprattutto nei nostri cuori) vi è però il nostro amato Leslie, interpretato da un sempre spassoso Fred Armisen. Il terapista di Ellis, tanto folle quanto astuto e approfittatore, che già nella prima stagione si era distinto con assurde trovate che gli consentissero di poter continuare a vivere da parassita sulle spalle del paziente multimiliardario, non smette di essere il comic-relief dello show per eccellenza. A lui si devono infatti, anche in questa stagione, alcuni dei momenti più divertenti della serie, dall’uso della macchina della verità alle sue improbabili indagini per incastrare l'”Ammazza-Dragon“, fino alle sue meschine manovre per rimanere accanto al più forte per non affondare.
Unstable 2 cerca infatti di mantenere il suo tono leggero e comico, ma le battute e le situazioni comiche non sempre colpiscono nel segno.
Alcuni momenti sono infatti davvero divertenti, ma, nel complesso, l’umorismo della serie sembra essere meno brillante rispetto a quello della prima stagione, risultando a tratti prevedibile. Anche se gli spunti comici non mancano, essi non riescono infatti a risultare sempre simpatici ed efficaci.
Ma allora, cos’altro non ha funzionato? Quando parliamo di comedy uscite da Netflix, ci ritroviamo spesso a fare lo stesso discorso, individuando come uno dei punti deboli di tali operazioni la breve durata delle sue stagioni. Così come era stato per la prima, infatti, Unstable 2 può contare su un numero davvero risicato di episodi per raccontare la propria storia: solo otto. Il risultato? Troppo poco tempo per conoscere e approfondire i numerosi personaggi, ma soprattutto per poter vedere e apprezzare i cambiamenti in corso, dai cambi al vertice dell’azienda, alle discussioni, passando per i legami tra i personaggi. Esempio di ciò può essere sin da subito notato nello sviluppo immediato della relazione tra Jackson e Georgia, troppo improvvisa e troppo poco approfondita per interessare sul serio al pubblico.
Nonostante ciò, mentiremmo se dicessimo di non esserci goduti a pieno questa breve stagione che, pur con tutti i suoi difetti ci ha regalato tanti sorrisi e la possibilità di rivedere dei personaggi a cui, ormai, possiamo dire di esserci affezionati.
Se dovessimo fare un colloquio con Netflix, diremmo quindi che Unstable continua a essere una comedy simpatica e divertente, ma con un grande potenziale ancora in parte inespresso.
Un peccato se si pensa a quanto potrebbe ottenere se si andasse ad aggiustarne il tiro. Nonostante questo, dato il divertentissimo spot finale con cui Ellis, determinato a compiere imprese sempre più grandi, decide di candidarsi come Presidente degli Stati Uniti, noi non possiamo fare altro che essere curiosi di sapere ciò che la serie avrà da offrirci, qualora venisse rinnovata per una terza stagione. E voi? Solo Netflix ci potrà dare risposte.