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#Venerdì Vintage – Quanto sono diversi da noi i trentenni di Friends?

Friends
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Non c’è un libretto di istruzioni, la soluzione – per costruire il tuo domani – devi trovarla da solo. Il futuro pretende di essere il protagonista della tua vita, il senso di ogni cosa che fai, il motivo per cui ti alzi una mattina e decidi di fare qualsiasi cosa. Non è addomesticabile, è un concetto astratto che vedi da lontano mentre cerchi di sopravvivere alle tue prossime ore, mentre ti fai in quattro per provare a vivere meglio dentro al tuo presente, il tuo oggi. Ma anche il tuo oggi sembra sempre voler far spazio al futuro: ti fa credere che se non sei bravo adesso, dopo sarà solo peggio. Costruisci oggi, per domani. Come si fa, però, se sei brava solo a costruire per demolire? Cosa fai se riesci solo a distruggere? Il futuro in questo caso non ti accarezza, non ti saluta, non ti fa promesse. Ti minaccia da lì, da quel puntino invisibile e astratto, cercando di farti paura e di dirtelo: se non fai bene, io ti anniento. Così, adesso, cresciamo maledicendolo, avendo il timore di lui. Ma c’è un posto in cui tutto questo non esiste: esiste solo la naturalezza, la crescita, la spontaneità degli eventi. Quel posto è Friends.

Ed è questo che probabilmente ha aiutato Friends a essere così forte tuttora. Li guardiamo crescere e pensiamo “vorrei essere così”.

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Perché i trentenni di Friends sono diversi da noi, sono più leggeri. Gli avvenimenti li lasciano prendere vita, non ne forzano lo sviluppo. Se distruggono, riparano. Fine della storia. Questa è la leggerezza che ci manca, questa è la nostra più grande caratteristica: la paranoia. Guardiamo Friends perché ne abbiamo bisogno, perché è facile e ci umilia raccontandoci la storia di sei ragazzi che non hanno paura del futuro, ma solo una forte apprensione al loro presente dando il giusto valore a quello che esiste già. Noi no: programmiamo le cose, vogliamo averne il giusto controllo. Ci affossiamo dentro un tunnel fatto di luci che se non riusciamo ad accendere, ci annientano se spente. I trentenni di Friends cambiano tunnel, non rimangono lì. Vedono altre strade o cambiano la lampadina. Noi ci concentriamo sempre sulla stessa vedendo nel suo malfunzionamento un nostro fallimento, la certezza che ci sia qualcosa di storto in noi.

Non conosciamo alcuna tregua, ma loro si. Ci danno tutto quello di cui abbiamo bisogno, e poi spengono le loro telecamere. How I Met Your Mother, invece, si contrappone a tutto questo riempendoci di angoscia (ne abbiamo parlato meglio qui)consegnandoci un prodotto che si mette al nostro pari raccontando quanto crescere ci faccia paura, e quanto il nostro futuro sia in tutto e per tutto l’obiettivo finale di ogni fine di giornata.

Per questo motivo Friends rimarrà sempre Friends: perché è qualcosa di diverso da noi, quel qualcosa che molti vorrebbero essere. Speri di raggiungere quella pace interiore che vive dentro l’essenza di quei trentenni e provi a capire se sia un lavoro facile da fare, ma ti basta tornare alla tua vita per comprendere che non lo è.

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Badiamo bene, loro non sono superficiali, sono trasparenti. Si nascondono dentro le loro fortezze che non sono altro che le loro certezze, e riescono a vedere il loro il giusto rifugio da qualsiasi pericolo o ansia. Ed è questo il trucco: sanno guardare oltre con gli occhi pieni di quello che realmente hanno. Noi, adesso, pensiamo a tutto quello che manca ma tutti abbiamo i nostri motivi per non scomparire, per non darci per persi.

Se solo fossimo bravi, queste differenze tra noi e loro sarebbero molto meno evidenti. Il punto è che non lo siamo, ed è così che il grande varco tra il 2021 e gli Anni 90 si fa più ampio spiegandoci che non esiste una posizione giusta e una sbagliata, ma delle diversità frutto di due momenti diversi. Ciò che viviamo adesso ci fa sentire spesso inadeguati, ci immerge dentro una realtà fatta di continue vittorie altrui portandoci a vedere le nostre sconfitte come dei fallimenti. Sono tutti bravi, hanno sempre qualcosa in più in mano, una foto social che rappresenta un traguardo raggiunto. Se in quel momento non abbiamo nulla in mano la cosa può rivelarsi devastante, può farci sentire indietro rispetto agli altri, rispetto all’intero pianeta. Quegli anni non raccontavano tutte le vittorie, quelle che conoscevi erano limitate o sentite dire, non piombavano dal nulla durante un pomeriggio smorto semplicemente scrollando il telefono, non erano invadenti. Eppure, qualcosa mi dice che quei trentenni lì non si sarebbero mai sentiti meno, non avrebbero intrappolato la loro vita dentro il concetto del fallimento ma avrebbero cercato di fare qualcosa, non sarebbero stati arrendevoli.

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Noi spesso lo siamo. Noi spesso abbiamo paura, e l’idea del futuro spesso non ci aiuta. Allora, forse, sarebbe meglio riuscire a provare a vivere un giorno alla Friends, un giorno in cui per un attimo siamo tutti leggeri. Finalmente.

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