I cassetti della memoria si riempiono man mano che gli anni passano. Ci sono cose belle, cose brutte o cose che semplicemente sono lì perché è giusto che ci siano. Aprire i cassetti della memoria e trovarvi i ricordi della nostra infanzia è ritrovare un mondo che credevamo perduto per sempre. Tutto ciò che è necessario fare è chiudere gli occhi e guardarci dentro. Questo è anche lo scopo della nostra rubrica: Ti sblocco un ricordo. Vogliamo portarvi indietro nel tempo, vogliamo entrare nella vostra mente e visitarla insieme a voi. Vogliamo aiutarvi ad aprire cassetti della memoria che non ricordavate di avere, nel grande armadio della vostra vita seriale. Chiudete gli occhi quindi e iniziate a immaginare, non prima però di aver letto la parolina magica che sbloccherà il vostro ricordo, il titolo della serie tv di cui oggi vi vogliamo parlare. Provate a tornare con la mente nei primi anni ’90, precisamente nell’ormai lontano 1991. Oggi vi raccontiamo una produzione capostipite delle serie animate per bambini: I Rugrats. Un cartone animato pensato alla fine degli anni 80 da Gábor Csupó e Arlene Klasky insieme con Paul Germain che al tempo all’interno dello staff de I Simpson (qui parliamo dei simpatici personaggi gialli) e colsero al balzo l’opportunità che offriva la decisione di Nickelodeon di lanciare sue serie animate originali, riuscendo a convincere l’emittente a produrre e distribuire la loro nuova creazione agli albori degli anni ’90. Il resto, come si suol dire, è storia.
I Rugrats: fenomenologia di un cartone animato
Un character design che riprende lo stile dei fumetti indipendenti americani degli anni ’60 e ’70 celato all’interno di una produzione specificamente destinata a un pubblico di bambini. Questi sono I Rugrats, una serie animata anni ’90 che ha contribuito, insieme ad altre pietre miliari come I Simpson, a ridisegnare i canoni estetici dei cartoni animati, Un anno zero della serialità animata, specialmente per il filone di prodotti dedicati alla prima infanzia. I Rugrats rivela il mondo dal punto di vista di un bambino, anzi, dei bambini. Tutto sembra più grande, più misterioso e incontrollabile, tutto è nuovo e avvincente, perfino un WC oppure una vasca piena di sabbia. I protagonisti sono proprio loro quindi, i bambini. Tommy Pickles, sua cugina Angelica Pickles, Chuckie Finster (miglior amico di Tommy) e i gemelli Philip e Lilian DeVille. Tommy è il leader naturale del gruppetto mentre Angelica è una sorta di personaggio dalla moralità più sfumata che, originariamente, ricopriva i ruoli di bullo e antagonista.
Tutti gli episodi, così come nei Simpson a cui la serie si rifà, sono chiaramente autoconclusivi e sul finale di ogni puntata viene ristabilito lo status quo originario. Una delle caratteristiche che hanno reso un successo la produzione è il contesto narrativo ricorrente di inizio e fine puntata: spesso e volentieri infatti, specialmente nelle prime stagioni, gli episodi cominciano con i bimbi che vengono messi in un box pieno di giochi dai genitori, in maniera che non si allontanino. Sistematicamente, Tommy apre il box e i piccoli ne fuoriescono, pronti per vivere le loro incredibili avventure le quali, quasi sempre, altro non sono che episodi molto ordinari di vita vissuta trasfigurati dalla fantasia e dall’immaginazione dei piccolissimi protagonisti. Un tema molto interessante che la serie porta avanti di stagione in stagione è quello della particolarissima lingua che i bimbi parlano tra di loro e che gli adulti non comprendono, così come i piccoli uomini non comprendono le parole dei grandi, ma solo i gesti. Questo è un punto focale su cui torneremo tra qualche riga, parlando dei temi del cartone animato.
I Rugrats, ovvero il mondo dei grandi visto dagli occhi dei bambini
La serie che parla di un gruppo di lattanti che si lanciano in mille peripezie è una produzione per certi versi pedagogica. Questo per vari motivi. In primis per il fatto che il bacino a cui è rivolta, ovvero i piccoli (ma non solo), riescono a immedesimarsi nei personaggi e empatizzano con la loro visione delle cose. Le avventure affrontate infatti dai bambini sono le più svariate. Si va da ritrovare casa partendo dai giardinetti pubblici dove sono stati lasciati dal nonno, alla ricerca del cane di famiglia, Spike. Come vi abbiamo già raccontato, ogni episodio della storia, in linea di massima, inizia e si conclude nel box pieno di giocattoli dove i Rugrats vengono messi dai genitori ad inizio episodio, in modo che non si allontanino. Una sicurezza quindi, un insegnamento da apprendere per i piccoli telespettatori. C’è poi la parte che riguarda il confronto tra il mondo degli adulti e quello dei bambini. Abbiamo già affrontato il tema del linguaggio, ma è utile approfondire in qualche riga la questione. Il messaggio che I Rugrats tenta di mandare è quello della perdita di innocenza.
Nei bambini è insita la natura degli adulti, ma l’ingenuità e il fanciullino che è in loro smussano queste spigolature della loro anima ancora giovane e pura. Il simbolo di tutto ciò è il linguaggio differente con cui le due parti comunicano. Quello dei bambini è semplice, d’impatto e sincero, quello dei grandi complesso e burbero. La linea di congiunzione tra i due emisferi è rappresentata dai personaggi di Angelica e Susie che, in quanto più grandi, sono gli unici che sanno parlare tanto con gli adulti quanto con i bambini più piccoli, ma al tempo stesso iniziano ad avere anche i comportamenti dei grandi e rappresentano, per certi versi, dei villain per i bambini. Sono quindi l’incomunicabilità tra i due mondi, quello dei piccoli e quello dei grandi, la crescita e la perdita della semplicità intesa come valore i più grandi spunti e al tempo stesso insegnamenti che offre la serie tv. Nella produzione infatti regnano sentimenti come l’amicizia e l’affetto, ma anche la cattiveria di cui i bambini possono essere inconsapevolmente responsabili o che acquisiscono per osmosi, vedendo i comportamenti dei grandi. I padri dei piccoli infatti sono spesso in conflitto, dovuto a motivi futili: chi ha il prato più bello, o chi ha il figlio più intelligente. I piccoli invece non si preoccupano di questi assurdi e incomprensibili problemi, ma affrontano il mondo e le novità che si celano in esso con occhi piccoli e sognanti. Proprio come dovremmo tornare a fare noi adulti.