I cassetti della memoria si riempiono man mano che gli anni passano. Ci sono cose belle, cose brutte o cose che semplicemente sono lì perché è giusto che ci siano. Aprire i cassetti della memoria e trovarvi i ricordi della nostra infanzia è ritrovare un mondo che credevamo perduto per sempre. Tutto ciò che è necessario fare è chiudere gli occhi e guardarci dentro. Questo è anche lo scopo della nostra rubrica: Ti sblocco un ricordo. Vogliamo portarvi indietro nel tempo, vogliamo entrare nella vostra mente e visitarla insieme a voi. Vogliamo aiutarvi ad aprire cassetti della memoria che non ricordavate di avere, nel grande armadio della vostra vita seriale (come abbiamo fatto con Papà Castoro). Chiudete gli occhi quindi e iniziate a immaginare, non prima però di aver letto la parolina magica che sbloccherà il vostro ricordo, il titolo della serie tv di cui oggi vi vogliamo parlare. Questo cartone animato, questo anime, entra di prepotenza per la prima volta nei piccoli schermi degli italiani nel lontano 1979, ma da quel momento non ne esce più. Si tratta di una continua successione di stagioni e repliche delle precedenti, perché le Avventure di Lupin III sono state forse le più amate da chi, nel corso degli anni ’80 e ’90 guardava nelle emittenti locali le avventure del ladro più famoso del mondo (qui parliamo delle avventure del nuovo Lupin di Netflix).
La genesi di una leggenda
Era il 10 agosto del 1967 quando sulle pagine di Weekly Manga Action, rivista settimanale della Futabasha, veniva pubblicato il primo capitolo di Lupin III, manga scritto e disegnato da Monkey Punch ispirato al personaggio letterario ideato da Maurice Leblanc. Sin dalla sua prima apparizione il ladro gentiluomo riesce a rubare da subito il cuore dei lettori, non passa quindi molto tempo che le avventure di Lupin III arrivano prima in tv con la serie regolare ed innumerevoli special e poi al cinema. La prima serie del famoso ladro ha toni piuttosto diversi dalle sue produzioni future. Pur non mancando l’ironia, ha momenti soprattutto seriosi e con tematiche piuttosto realistiche. I riscontri all’inizio non furono positivi e il regista Masaaki Ōsumi venne sostituito dagli emergenti Hayao Miyazaki e Isao Takahata, cui venne dato il compito di alleggerire un po’ i toni pulp.
Sì, avete capito bene, la coppia che in futuro fonderà la più grande casa produttrice di anime del grande schermo: lo Studio Ghibli. Se da un lato la coppia Lupin III + Miyazaki/Takahata funzionava benissimo, dall’altro c’erano alcune discrepanze tra l’ideologia dei due registi e quello che poi andava in scena con le avventure del più grande ladro del piccolo schermo. Miyazaki e Takahata, come già detto, fonderanno qualche anno dopo lo Studio Ghibli. Questo al tempo era dichiaratamente di fede comunista, e i loro nomi accostati a Lupin, anarchico e individualista, suonano un po’ male, ma è in realtà questa commistione di ideologie a rendere il cartone animato una pietra miliare del genere. Possiamo vedere in alcuni particolari come il cambio di macchina di Lupin, dalla Mercedes di hitleriana memoria alla proletaria 500, o anche in alcuni camei di Miyazaki che si fa ritrarre due tre volte nel ruolo di comparsa, la firma del duo dello Studio Ghibli. Così come risulta inconfondibile lo stile delle animazioni che, nei personaggi secondari, soprattutto femminili, vengono totalmente stravolte e rese al passo coi tempi, anzi, più avanti rispetto a quelle degli anni ’80. Ciliegina finale del capolavoro di Miyazaki e Takahaka sono le musiche, colonne sonore prevalentemente jazz che innalzano la qualità della visione e ci immergono nel mondo scanzonato e ribelle di Lupin III.
Lupin III: un agente del caos, il primo
C’è poco da dire su questa che è una delle serie più famose al mondo, conosciuta anche dal grande pubblico di massa. Nonostante l’età, la serie scorre molto bene, risultando divertente e mai noiosa: gli episodi (autoconclusivi) sono infatti scanditi dalle rocambolesche avventure dei nostri personaggi. Lo stesso vale per le animazioni che, seppur (per forza di cose) datate, rimangono godibili e non rovinano una sua visione anche ai giorni nostri. Inutile anche soffermarsi sui personaggi: tutti ormai iconici e impossibili da non amare. Lupin III, ladro casanova in giacca verde, è il nipote del primo Arsenio Lupin, il più grande ladro di tutti i tempi. Per lui nulla è impossibile da rubare, e questo anche grazie all’insostituibile aiuto dei suoi due fidati amici e collaboratori: l’infallibile pistolero Jigen Daisuke che usa la visiera del suo cappello come un mirino, ed il samurai Goemon Ishikawa la cui spada è capace di tagliare facilmente superfici di qualsiasi materiale e spessore. Come tutti però anche Lupin ha un tallone d’Achille: il suo più grande punto debole sono le donne e la bella e doppiogiochista Fujiko Mine saprà spesso sfruttare questa debolezza a suo favore, mettendo senza scrupoli il poveretto in mezzo a questioni spinose per fregargli alla fine il bottino a colpo concluso. Oltre agli intrighi della ragazza, Lupin si ritroverà anche costantemente inseguito dall’irriducibile Zenigata, un ispettore dell’Interpol che tenterà sempre con tutte le sue forze di catturarlo.
Guardando Lupin è chiaro che non ci troviamo davanti al classico stereotipo di ladro, ma davanti a un folle anarchico, riottoso ad ogni logica, pieno di charme e con un enorme debole per il sesso femminile, lontano anni luce da un individuo nostalgico dell‘ordine costituito. Lupin, a differenza di un ladro vero e proprio, per certi versi più reale, che ruba per arricchirsi, ruba per gioco o per amore. È infatti sempre presentato come ricchissimo, non ha assolutamente bisogno di soldi e di agi, ha già tutto. Per di più, le sue imprese si concludono quasi sempre con un nulla di fatto. Il rubato cade nella mani della sua bella Fujiko/Margot o gli è tolto da congiunzioni astrali o scherzi del destino, tanto che più che un guadagno ne trae una perdita. E tuttavia ruba, ruba per il solo gusto di rubare e di dimostrare quanto si bravo nel farlo. Lupin è un agente del caos, un Joker di Nolaniana memoria che non agisce secondo rigole prestabilite, ma secondo un caos prestabilito. A differenza di quello che raccontavano le produzioni del tempo è poi completamente alieno alla volontà di riappacificarsi con lo stato o con la morale comune. Da tutto questo possiamo quindi dire che Lupin non è semplicemente un mero ladro. Lupin è individualista al di fuori della morale (borghese), Lupin è un gentiluomo amante delle donne, Lupin è un ladro i cui furti non si risolvono con un suo arricchimento ma come un colpo di picchetto al sistema. Il nostro Lupin è galante ladro anarchico, è una canzone scritta da Fabrizio de Andrè.