“Vedi questo fiorellino? Questa falena presto emergerà. Ora è dentro che lotta, che si scava la vita attraverso la corteccia del bozzolo. Adesso la potrei aiutare con il coltello, potrei allargare il foro e la falena sarebbe libera. Ma troppo debole per poter sopravvivere. In natura si lotta per diventare forti.”
Parlare di Lost è come spiegare ad un bambino il fuoco: impossibile.
Il bambino per scoprire davvero la fiamma deve toccarla e farsi male, deve capire che non deve più toccarla. Ma abbagliato dalla sua bellezza non può far altro che ritoccarla e farsi di nuovo male. Lost è un fuoco sempre vivo con cui continuiamo a farci male ogni volta che rispolveriamo i nostri ricordi. Un fuoco tutto da scoprire per chi non l’ha mai guardata. Tutti dovrebbero essere d’accordo, però, che è intoccabile, una bomboniera fragile da custodire. Se ne sono viste poche di così genuinamente belle e di così semplicemente complesse. Non è facile provare a capire come mai Lost sia un capolavoro, perché non sai spiegare come sia stata in grado di rapire l’attenzione e l’anima di molti telespettatori. Provo ad elencare dieci motivi per cui potremmo considerarlo un capolavoro assoluto, un lavoro elaborato a puntino per rimanere inciso nel marmo del tempo.
IL CONCETTO DI ISOLA
La storia di Lost è conosciuta dai più. Un aereo si schianta su un’isola apparentemente deserta ed un gruppo di passeggeri deve trovare il modo per sopravvivere. Avvincente, accattivante. Ma le vicende non si fermano di certo a questo: l’Isola è un concetto molto più ampio e complesso, non si tratta di considerarla come pezzo di terra emerso nell’oceano Pacifico. Una serie televisiva basata su fatti pregni di filosofia e di scienza non si era ancora vista e tutt’ora è difficile trovarne una simile. Non è facile adattare ad una narrazione seriale un’argomentazione così poco masticabile e così poco accessibile. Eppure ci è riuscita, Lost è entrata nella testa e nell’anima di tutti noi.
Voglio ricordare il poeta italiano Giuseppe Ungharetti. Con la sua poesia “L’isola”, considera un mondo fuori dal tempo e dallo spazio, uno scenario ideale ed introspettivo. Lo scrittore in quel periodo soffriva di un vuoto interiore e aveva il bisogno di un luogo in cui poter sentirsi se stesso e captare ogni singola parte della sua mente. Lost fa questo, ti pone davanti dei dilemmi, dei dubbi, te li amplifica. Non dà molte risposte, ma inspiegabilmente questa condizione di bilico ci attira verso una nuova ottica della realtà. Nonostante la completa immersione nell’infinito caos della vita, possiamo avere sempre una nostra Isola. Ungaretti ha la sua, Jack e gli altri quella nel Pacifico, immaginaria, noi ne abbiamo un’altra ancora.