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#VenerdìVintage – Ma Relic Hunter l’ho visto solo io?

relic hunter
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Le cose che si scoprono da ragazzino sono quelle che rimangono più profondamente sedimentate nell’anima delle persone. Relic Hunter fa parte di questa categoria. No, non stiamo parlando di un capolavoro, nè di una Serie Tv perfetta. Tutt’altro: si tratta di un prodotto impreciso, goffo, ridicolo in alcune sue scelte. Nonostante questo, se ci ripenso, scopro di conservarne un ricordo piacevole e affettuoso e sì, mi farei pure una maratona.

La ricetta magica è costituita da tre elementi fondamentali: avventura, archeologia e mistero. Diciamola pure tutta, non ci è mai più capitato di vedere una Serie Tv simile. Insomma, di base si tratta di uno dei classici prodotti mandati in onda da Mediaset, ma con un pizzico di Alberto Angela, scusate se è poco. Così, tra il 1999 e il 2002 l’avventura si intersecava perfettamente con la Storia. Molti di voi riterranno questa argomentazione piuttosto noiosa, ma tra gli esseri umani c’è anche chi apprezza la crasi tra Storia e fiction (Lady Oscar docet).

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Ma cosa facevano, alla fine, questi cacciatori di reliquie?

Sidney Fox è un’insegnante di archeologia presso un vaghissimo Trinity College. La bellissima docente è affiancata dal suo fido assistente: il ricercatore Nigel Bailey. Il mondo in cui è ambientato Relic Hunter è il nostro, ma leggermente variato: le due categorie di mercenari e di accademici si contendono l’acquisizione di manufatti di grande valore (si è sempre saputo che chi lavora nell’abito universitario ha un sacco di tempo libero e cerca spesso un modo per arrotondare). Così, Sidney e Nigel sono sempre indaffarati nella ricerca di reperti di grande valore, spesso e volentieri il loro compito è quello di restituire le reliquie al proprietario a cui sono state sottratte.

Va anche detto che Relic Hunter non ha un grande rigore. Tendenzialmente la fiction prevale sulla parte storica, ma gli spunti sono comunque interessanti e permettono una varietà di ambientazione non indifferente.

Ma, in fondo, come non amare una Serie Tv il cui primo episodio si intitola La ciotola di Buddha?

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La cosa interessante è che in ogni puntata da un lato c’era il divertimento legato al gusto dell’avventura, del mistero e dall’altro lo spettatore si trovava calato in un  periodo storico diverso, in un’atmosfera inedita e, una volta che ci si trova in tale dimensione, può addirittura risultare piacevole la bizzarra rivisitazione di personaggi e aneddoti storici, il cui scopo è permettere che la trama risulti più avvincente.

Tutto questo non l’hanno di certo scoperto i creatori di Relic Hunter. Per fare giusto il nome di due personaggi, Indiana Jones (il primo film risale al 1981) e Lara Croft (Tomb Raider, 1996) sono due archeologi e sono, al contempo, avventurieri. Se i detrattori potrebbero usare questa evidenza come movente aggiuntivo per dilaniare il ricordo di tale Serie Tv, va forse contrapposta all’accusa la banale mozione che semplicemente quello dell’archeologo avventuriero è un personaggio che funziona. Per lo meno, nel ventennio che va dagli anni ’80 ai 2000.

Con l’eroina di Tomb Raider, inoltre, la nostra Sidney Fox condivide la sexaggine. Non che questa virtù non sia attribuibile al Doctor Jones, sia ben chiaro, ma la tipologia di bellezza femminile delle due protagoniste è accostabile: si tratta di una bellezza giunonica, procace, generosa, che indubbiamente attrae lo spettatore. Non è casuale che in Relic Hunter vi siano diverse scene in cui Sidney è ammiccante, o ci siano parecchie gag “ambigue”.

Prima abbiamo parlato delle imprecisioni storiche (a cui vanno aggiunte le ambientazioni stereotipate, specie quelle italiane!), ma diciamolo, quello che non funzionava in Relic Hunter non era solo questo. La verità è che tale prodotto è ascrivibile a una categoria di serie televisive ( tra le quali annoveriamo Xena – La principessa guerriera, Hercules ecc.; ovvero i prodotti che andavano in onda nel meriggio di Mediaset) che sono descrivibili come “americanate” (dal dizionario: “(spreg.) azione, comportamento caratterizzati da un gusto ingenuo di grandiosità e di esibizione, quale si suole attribuire agli americani”). Forse parte dell’appeal che queste serie esercitano sugli spettatori è dovuta proprio all’aura un po’ trash che le ammanta. Al loro essere grossolane, all’utilizzare spesso degli espedienti volgarotti che hanno facile presa.

Ma come non affezionarsi a una Serie Tv che passa dalla ciotola del Buddha a una suora decapitata, dalla chitarra di Elvis Presley al labirinto del Minotauro, dalle tombe degli antichi imperatori cinesi, ai gioielli della regina di una Francia in piena rivoluzione, dai vampiri ai faraoni? E non sono nemmeno a metà degli episodi.

Un saluto agli amici di Serie Tv, la nostra droga, Seriamente Tv!